La pastorella e lo spazzacamino è una bella fiaba adatta alla stagione primaverile, di Hans Christian Andersen, che parla di amore e di come si può trovare un “lieto fine” anche nelle situazioni peggiori.

Un po’ di storia

La pastorella e lo spazzacamino è stata pubblicata per la prima volta nel 1845. Narra la storia di due statuette di porcellana, per l’appunto una pastorella e uno spazzacamino, innamorati reciprocamente.

Nel loro amore s’intromette una vecchia porcellana cinese la quale afferma d’esser il nonno della pastorella, che vuole farla sposare ad un satiro di legno mogano,  chiamato “il grande ufficiale e comandante in capo”.

I due amanti decidono allora di abbandonare per sempre il luogo in cui vivono, salvo poi tornarci per sempre, felici e contenti, come in ogni fiaba, fino alla fine dei loro giorni.

Una fiaba, tanti significati

La storia è molto simile a quella de Il soldatino di piombo (o di stagno), sempre di Andersen, ma con lieto fine. Paul Grimault ha adattato la storia sotto il titolo La pastorella e lo spazzacamino (1952) e Il re e l’uccello (1980).

C’è anche una versione animata realizzata nel 1965 dallo studio russo Soyuzmultfilm. Poi ne è stata proposta in video una l’anno scorso da Rai Yo Yo. Le Roi et l’oiseau, un lungometraggio animato francese, è parzialmente basato sulla trama della fiaba.

In libreria si trova anche sotto forma di fiaba sonora.

Qualche aneddoto

La versione della fiaba del 1952 ha vinto il premio speciale della giuria al Festival del Cinema di Venezia dello stesso anno.

L’album The song is a Fairytale (1994), del compositore danese Frederik Magle contiene brani basati sulle fiabe di Andersen, tra cui un adattamento de La pastorella e lo spazzacamino.

Cosa c’è da imparare

La morale della fiaba è presto detta: anche nelle situazioni che ci sembrano brutte c’è sempre un lieto fine.

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