“Mandami una foto senza maglietta”. Il sexting tra voyeurismo e bisogno d’amore.

“Ai nostri tempi quando facevi un viaggio, o una gita, scattavi le foto, poi portavi il rullino in laboratorio per farlo sviluppare, sceglievi le foto da stampare e poi invitavi gli amici (o qualche malcapitato) a vederle con te”.
In questo ricordo di Daniel Giunti, psicoterapeuta e sessuologo, durante l’incontro di NavigareSicuri a Bologna, sta il senso di una rivoluzione antropologica avvenuta nel giro di pochi anni e così in fretta da non avere il tempo di esserne coscienti.

A parte il fatto che questi sono ancora i “nostri tempi”, è vero che noi non nativi digitali siamo cresciuti con l’idea che per riuscire a comunicare fosse normale trovare prima un telefono da cui chiamare, o fare la fila per il nostro turno all’apparecchio, o imbustare una lettera ed attendere poi la risposta sbirciando nella buca delle lettere. E siccome siamo dei meravigliosi ”flessibili digitali” ci siamo subito abituati alle novità tecnologiche, e ritornare oggi ai tempi dilatati di appena vent’anni fa (ma anche 10 o 5 o semplicemente 1) ci sembrerebbe una gran tortura.

C’è però una cosa che in questo meraviglioso cambiamento rischiamo di avere perso per sempre, ed è la sana abitudine di aspettare prima di rispondere ad un post, mandare un tweet, un messaggio, una foto. Insomma, il buon vecchio “conta fino a 10 prima di parlare” non ha perso la sua ragione d’essere.

Se l’immediatezza che contraddistingue la nostra epoca rischia di fare inciampare in qualche trappola noi bradipi della comunicazione, immaginiamo cosa può fare nel caso di adolescenti in crescita,  che nel riconoscimento da parte del gruppo e nella condivisione stanno formando la propria identità, anche sessuale.

Anche l’approccio con la sessualità è cambiato dopo internet. Nell’età in cui il corpo cambia, la curiosità di scoprire se stessi e gli altri, di ricevere l’approvazione degli altri, di sentirsi rassicurati sul proprio aspetto fisico, i ragazzi (e spesso anche alcuni adulti, che forse da quella fase non  sono mai usciti) ad usare la tecnologia in modo esibizionista o voyeuristico.
Il sexting è una delle espressioni possibili di questa curiosità sessuale, che consiste nel diffondere messaggi o foto di contenuto sessuale. Spesso sono proprio gli stessi adolescenti, soprattutto ragazze, che si fanno le foto con l’autoscatto e le inviano ad un fidanzatino, un amico, un gruppo ristretto di persone pensando che il proprio gesto non avrà alcuna conseguenza.
Secondo le statistiche lo si fa per scherzo, o per fare piacere al proprio partner, per “fargli un regalo”, e spesso purtroppo anche in cambio di qualcosa, magari la ricarica di un cellulare. Il corpo così diventa merce di scambio, materiale ma anche e soprattutto affettiva. Le foto, una volta inviate, possono essere mostrate, condivise, esibite per dimostrare la propria virilità, l’appartenenza al gruppo, la sensazione di dominare.

In questa luce la strategia più efficace rimane la prevenzione. E’ necessario che i ragazzi abbiano fin da piccoli un’educazione sessuale adeguata, che imparino a conoscere il proprio corpo e a dargli il valore che merita, per pretendere il rispetto dagli altri.

Una volta che i ragazzi si trovano in difficoltà, però, la cosa peggiore da fare è rifugiarsi in un “te l’avevo detto” o in un rimprovero senza scampo. Un adolescente che chiede aiuto ad un adulto, genitore od insegnante che sia, è già in una situazione di fragilità, non cerca giudizi ma ascolto. Lo spazio e il tempo per un reciproco ascolto, per quanto difficile da ritagliare in mezzo ai ritmi frenetici in cui viviamo,  è fondamentale nella relazione tra genitori e figli adolescenti. In questa fase le trasformazioni sono tante che può capitare d’un tratto di percepirsi come estranei, e si ha bisogno di ricominciare a conoscersi e ad accettarsi, senza giudizi e senza pregiudizi.

Anna Lo Piano

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