Chi disse una rondine non fa primavera
Il proverbio “Una rondine non fa primavera” che cosa significa?
Nella cultura popolare, questa frase infatti viene utilizzata per esplicitare due concetti:
- avvistare una sola rondine non vuol dire che necessariamente sia già arrivata la primavera;
- un evento isolato non è sufficiente per tirare le conclusioni.
Chi pronunciò “Una rondine non fa primavera”
Il proverbio “Una rondine non fa primavera” deriva dalla frase latina “Una hirundo non facit ver”, che tradotta significa proprio questo letteralmente.
Questa locuzione compare in un’opera dell’antico filosofo Aristotele, l’Etica Nicomachea, in cui egli afferma proprio che
“come una rondine non fa primavera, né la fa un solo giorno di sole, così un solo giorno o un breve spazio di tempo non fanno felice nessuno”.
Dove vanno le rondini in inverno?
In inverno le rondini europee migrano verso il Sud Africa in grossi stormi, percorrendo in cielo circa 11.000 km con un ritmo medio di 322 km al giorno.
Viaggiano attraverso la Francia occidentale, attraverso i Pirenei e la Spagna orientale per passare il Mediterraneo a Gibilterra raggiungendo il Marocco.
Iniziano quindi un viaggio attraverso il Sahara, attraverso Algeria, Nigeria e Chad, scavalcano l’equatore e arrivano in Congo a novembre. Arrivano in Sud Africa a Natale.
Le rondini cominciano il viaggio di ritorno in Europa ai primi di marzo. E infatti arrivano in Italia non prima di fine aprile e non per il 21 marzo (data che dà inizio alla primavera).
Le rondini non toccano mai terra?
Per quanto raramente, le rondini possono toccare terra e ripartire.
Più spesso arrivano a volare radenti il suolo, dove catturano gli insetti che si trovano a poca distanza da terra.
Chi non può posarsi mai a terra è il rondone, che non va mai confuso con la rondine.
Non solo di tratta di due specie diverse ma addirittura di due famiglie diverse: la rondine (Hirundo rustica) è un passeriforme, il rondone (Apus apus) un apodiforme.
Rondine
Poesia di Giovanni Prati
Son qui sulla gronda,
che canto gioconda
gli occasi e i mattini
di porpora e d’or;
che tesso ai piccini
la casa superba
con muschi, con erba,
con larve di fior.
Su prore ed antenne
posando le penne,
fra il marzo ed il maggio
mi reco dal mar;
e scordo il viaggio,
pensando al mio nido
se un portico fido,
se un embrice appar.
Gran Dio, se ti piacque
recarmi sull’acque,
se l’esca segreta
trovar mi fai tu,
deh! rendimi lieta
d’un raggio di sole:
pel nido e la prole
non cerco di più.
Da raffiche alpine,
da venti e da brine
mi guardi la Santa
che in sen ti portò;
e, quando a lei canta
la turba devota,
anch’io la mia nota
salir le farò.
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