Un compleanno portasfortuna

Questo racconto è opera di Maria Luisa, 11 anni (3 aprile 2002).

Sono una bambina che ama leggere libri di fantascienza. Il mio nome e cognome è Anne Katerine Winslet, ma tutti mi chiamano Caty. Ho scritto questo piccolo libro per un motivo che vorrei far conoscere a tutti: il giorno del mio undicesimo compleanno e il suo successivo. Un vero disastro. Tutto è descritto in questo libro…

– Auguri, Caty! Auguri per i tuoi undici anni! Stai diventando signorina, come vedo, e l’anno prossimo diverrai adolescente! Non sei contenta?
– Ma mamma!!
Guardai la sveglia: 6.30 del mattino. Mia madre a volte esagera proprio. Avevo le palpebre che mi si chiudevano pesantemente, ed io cercavo in tutti i modi di tenerle aperte.
– Hai preparato la lista degli invitati? Mi devi dire quante porzioni di gelato devo preparare.
– Mamma, sono solo le sei e mezzo del mattino! Fammi dormire in pace, oggi che è domenica! Alle nove, massimo otto e mezzo, mi svegli! Ok?
– Oh! Ma come sei. . . come sei pigra, neanche il giorno del tuo compleanno, sei proprio priva di gusto, di… di… di voglia di creare e di… vivi la vita! Non dormire sempre!
Mia madre si crede una poetessa quando dice così. Comunque ricordo solo che ripresi a dormire, senza ascoltare ciò che mia madre continuò a borbottare.
La voce tuonante di mia madre che mi ordinava di scendere per consegnarle la lista, mi fece svegliare di soprassalto. Ora: 7.30 del mattino. Giorno: 13 Marzo: il giorno del mio compleanno. Avevo dormito solamente un’ora. Rassegnata, m’infilai le ciabatte e scesi giù, in cucina, per fare colazione. Una colazione a base di pancarrè e Nutella.
– Non c’è nient’altro in frigo, oltre a questa rivoltante roba?
– Accontentati, Caty: il latte l’ho sprecato tutto nella torta, nel budino e nelle altre cibarie, i savoiardi nel tiramisù.
– Accidenti, ma cosa vai a preparare tu?
In realtà, mia madre ha sempre fatto così dal mio primo compleanno. Immersi il coltello in quella viscida crema al cioccolato, e lo estrassi ricolmo di Nutella. Ne spalmai un po’ sul pancarrè e lo addentai. Mmm… era buono, però! Dopo averlo divorato tutto, mia madre mi domandò, dopo che aveva finito di leggere la lista degli invitati:
– Chi è questa “Margaret”? Non mi pare di averla mai vista prima…
– Infatti è una nuova di queste parti…- le spiegai -… molto simpatica!
– Ah, quante amicizie si fanno a scuola!
Esclamò mia madre quasi nostalgica. Lo “zampettio” di Pillola mi fece voltare velocemente il capo. Pillola è il nostro cane, un piccolissimo Pastore Tedesco, più piccolo di un cucciolo, carinissimo! È morbido, con la peluria nera e marrone, e a scendere una scala deve poggiare prima una zampina anteriore su di essa e poi l’altra anteriore. Nella fase due, salta con tutte e due le zampe posteriori, per poi, sullo scalino successivo, ripetere faticosamente le due fasi. Pillola, dopo aver superato l’ennesimo e ultimo scalino, si sedette sfinito sul pavimento, con la lingua da fuori.
– Sembra che stanotte il nostro Pillola abbia ancora preferito dormire di sopra, nella camera degli ospiti! Se continua così…
– Se continua così – intervenni io – rischia di diventare il cane più macho del mondo! Eh, Pillola?!
– Non fare la spiritosa, Caty! Pillola si sta torturando!
Ribatté mia madre. Ma io continuavo a pensare che Pillola faceva la cosa giusta, andando a rifugiarsi, di notte, nella camera degli ospiti:
– Ma mamma! Quel poveretto ha una brandina così piccola e scomoda, qui giù!
– Mah, lasciamo perdere…
Scesi dalla sedia e presi in braccio Pillola. Mi guardava scodinzolando, con il visino stanco e sorridente. Mi sedetti sul divano, porsi a Pillola la mia mano, e lui ricambiò porgendomi la sua zampina. Era così carino!! Il resto della mattinata è inutile descrivervelo, basta dire che mio padre tornò dal suo lavoro e, dopo avermi fatto gli auguri, iniziammo a gustare gli involtini di carne che la mamma aveva preparato per il pranzo. Di pomeriggio, eseguii quasi tutti i compiti che avevo per l’indomani e, arrivate le 4.30, andai verso l’armadio per prendere i vestiti che avevo preparato in occasione del mio compleanno. Mentre mi lavavo e vestivo, arrivarono le 5.00. Gli ospiti sarebbero dovuti venire verso le 5.30, e andarsene alle 8.30. Invitati alla festa:
‡ Margaret
‡ Mary
‡ Juliana
‡ Jertrude
‡ Michael
‡ Mattew
‡ Samuel
‡ Andrew
Tutti amici a me carissimi. Jertude è la mia migliore amica sin dai tempi dell’asilo. Mattew in prima diventò il mio fidanzato, ma poi io, poco più tardi, lo lasciai, come se fidanzarsi fosse un gioco. Margaret è nuova da queste parti, ma è stato molto facile conoscerla a fondo. Samuel è un bambino molto carino e dolce, bravo a scuola. Andrew è il più ciarlatano che si sia mai visto al mondo. Juliana è la fidanzata di Michael, stanno molto bene insieme e solo io e Jertrude sappiamo del loro fidanzamento. Infine Mary è la più bassa e magra delle bambine, molto carina e simpatica.
Per far passare il tempo, giocai un po’ alla Play Station. Ho molti giochi della Play, ma preferisco in particolare Crock e Virtual Faighter. Ma stavolta infilai il cd di Mortal Combat, perché avevo voglia di superare il 12° livello, (dove ero arrivata) dopo aver acceso la Play. Spinsi i tasti giusti per continuare il gioco. Ero arrivata al punto dove Desy, la protagonista del gioco, riusciva ad entrare nel castello di Pusghetor, il nemico della giustizia. Continuai a giocare: feci entrare Desy nel castello, poi lì mi aspettava un mostro con tre teste: lo distrussi velocemente, con il mio megafucile che sparava fulmini. Dopo aver sterminato un gorilla, una decina di miraggi e altri centinaia di stupidi mostri, arrivai nella stanza del trono reale, quello di Pusghetor. A quel punto suonò il campanello. Velocemente salvai il gioco e chiusi tutto. Corsi sulla soglia della porta della cucina per sentire chi era. Mia madre aveva risposto. Stava chiacchierando con qualcuno. Riconobbi la voce della mamma di Jertrude.
– Caty? Dove ti sei cacciata?
– Jertrude! Temevo fosse Pusghetor!
Mi decisi a entrare. Jertrude aveva in mano un pacco rivestito di una carta fucsia. Indossava una salopette di jeans e da sotto una T-shirt gialla.
– Stavi ancora giocando a quello stupido gioco? Allora, sei arrivata a quale livello?
– Al 15°! Al 17° il gioco è finalmente concluso!
– Uao! Ma come hai fatto?! Complimenti!
– Oh, grazie, sapessi come ne sono fiera io!
Passammo circa cinque minuti insieme, da sole, raccontandoci qualcosa. Ore: 5.25 del pomeriggio. Il campanello suonò: risposi io.
– Chi è?
– Caty, apri! Sono io, Mattew!
Aprii la porta. Mattew entrò. Indossava dei pantaloni larghi e una T-shirt nera larghissima, con disegnato al centro un bambino neonato col cappello, gli occhiali da sole, un ciuccio in bocca, e un’espressione decisamente arrabbiata, una maglia di quelle che adesso addosso ai ragazzi se ne vedono molte. Lo feci accomodare in salotto, con Jertrude. Lui mi sbaciucchiò prima una guancia e poi l’altra, come suo solito fare a tutte le feste di compleanno, e infine mi fece gli auguri.
– Auguri!
Esclamò sorridente, e mi porse il suo regalo.
– Grazie.
Risposi io, sempre sorridente. Afferrai il regalo e lo poggiai sul tavolino, insieme a quello di Jertrude.
– Tu hai già fatto i compiti, Mattew?
Domandai.
– Sì, ho fatto i problemi di matematica e i primi quattro esercizi di grammatica. A studiare studierò stasera.
Rispose lui. Jertrude intervenne:
– Anch’io studio stasera. Però l’ultimo problema di matematica non l’ho fatto. Ma gli esercizi di grammatica li ho fatti tutti. E tu, Caty?
– Oh, be’, io ho fatto tutti gli esercizi e problemi, ma non ho ancora studiato.
Risposi io. Ancora il campanello:
– Un attimo solo!
Mi allontanai dai miei amici e chiesi, rivolta verso la porta:
– Chi è?
– Siamo noi, Margaret e Mary, Caty!
– Oh, entrate pure!
Sorrisi, e li invitai nel salotto. Salutarono Jertrude e Mattew, poi si sedettero sul divano. Mi porsero i due regali e li misi sul tavolino. Mia madre entrò improvvisamente:
– Tu dovresti essere Margaret, vero?
Disse rivolgendosi alla mia amica.
– Sì, sono io. Perché?
– Oh, perché ti ho letto nella lista degli invitati e non conoscevo nessuno con questo nome degli amici di Caty. Sei nuova di qui, vero?
– Sì, sono di Venezia. Mi sono trasferita qui per motivi di lavoro.
– Ah, capisco.
Rispose mia madre, sforzandosi di essere più gentile e comprensiva che poteva. Il campanello. Risposi.
– Chi sei?
– Andrew!
Aprii la porta, ci salutammo, poggiai il regalo sul tavolino e lo feci accomodare in salotto. Ore: 5.30. passammo qualche minuto a chiacchierare sulla scuola, sulla famiglia e su tante altre cose. Arrivate le 5.35, suonò il campanello. Chi sarà stavolta?, mi domandai.
– Sono Samuel, sei tu Caty?
– Si, sono io. Entra Sam!
E feci la stessa cosa che avevo fatto per gli altri: lo feci accomodare in salotto e poggiai il regalo sul tavolino. Più tardi arrivarono Juliana e Michael. Mia madre propose di iniziare a divorare i dolcetti e a sgranocchiare le patatine. Obbedimmo subito! Dopo aver mangiato dolcetti, gelati, patatine e caramelle, passammo ai regali. Scelsi a caso un regalo. Chiesi:
– Di chi è questo regalo?
– E’ il mio!
Rispose sorridente Michael. Lo scartai a occhi chiusi e dissi:
– Adesso devo indovinare che cos’è!
Lo toccai da tutte le parti: era un oggetto freddo, in ceramica, credo. Non riuscii a definire bene l’oggetto.
– Che sarà?… ha un tetto quadrettato… una porta, credo… ma sì! È una casetta! Una casetta in ceramica! Ma cosa… un buco rettangolare sul tetto… ci sono! Un salvadanaio!
– E brava Caty! Hai indovinato: è proprio un salvadanaio.
– Yuppi!
Esclamai riaprendo gli occhi.
– Grazie, Michael! È bellissimo!
Passai al secondo. Guardai la carta: una carta dei Simpson, tutta gialla con su disegnato Omar, Meggie, Bart, Lisa e Marge. Era molto bella quella carta. Lo scartai, chiudendo gli occhi. Toccai il fondo, liscio, era come se fosse ricoperto da un velo in plastica.
– E’ un portafoto! Chi me l’ha regalato?
– Io!
Rispose Andrew. Osservai la cornice: tutt’intorno si poteva notare la casa della famiglia Simpson. C’era un comodino e Lisa che scriveva una lettera poggiata su quel comodino, Omar che si affacciava alla fotografia, Bart che tirava un calcio al pallone, Marge, la madre, che si pettinava i lunghi (in altezza) capelli blu guardandosi allo specchio e infine Meggie, seduta sul seggiolone per bambini col suo ciuccietto blu in bocca. Ne presi un altro. Dopo un minuto riuscii a identificare l’oggetto: era un cofanetto portagioie molto carino, con il chiavistello e la serratura. Era di color oro, con molte decorazioni sparse: orsetti, oche, cagnolini, uccellini ecc. un regalo di Mary. Quello è il più bel regalo che abbia mai ricevuto. Poi toccò al regalo di Samuel. Era morbido e liscio… dopo non so quanto tempo identificai l’oggetto: un peluche, un panda molto carino, col nasino e le guanciotte nere e gli occhi colorati attorno di bianco. Presi altri regali. Dopo cinque minuti avevo finalmente finito la “caccia all’identificazione del regalo”. Avevo trovato: un pallone di cuoio originale di pallavolo da Mattew; un profumo con sopra un angioletto dei cartoni animati in plastica da Juliana; una valigetta con dentro un tubo lunghissimo di Smarties (quei buonissimi cioccolatini rotondi con l’esterno in zucchero e il ripieno al cioccolato) e un borsellino trasparente blu con dentro quattro pennarelli degli Smarties: un regalo di Jertrude; poi il regalo di Margaret: una agenda di Diddle (un topo con le zampe enormi, carinissimo!). Passammo la giornata del mio compleanno divertendoci un mondo. Facemmo tanti di quei giochi! Poi, verso le 8.15 gli ospiti cominciarono ad andarsene: Margaret, Mary, Michael e Andrew. Le altre e gli altri erano ancora a casa, a giocare insieme a me con la plastilina. Stavamo cercando di ingannare il tempo. Eravamo riusciti nel nostro intento, ma in modo negativo: di certo non divertendoci. Arrivati i genitori degli altri compagni, potei dire:
– Be’, io vado a nanna… ‘notte.
– ‘notte.
Mi risposero. Ero stanchissima. Indossai il pigiama e mi infilai sotto le coperte.
– Oh, no! I compiti! Devo ancora studiare!
– Lupo Alberto ti augura una meravigliosa mattinata! Lupo Alberto ti augura una meravigliosa mattinata! Lupo Alberto…
Spensi la sveglia. Ore: 7.15 del mattino. La sveglia di Lupo Alberto riusciva sempre a farmi sobbalzare: aveva una voce così tuonante quel lupo! Mi vestii, mi lavai e divorai la colazione (a base di cornetto al cioccolato) e dopo aver salutato Pillola e i miei genitori andai a scuola. Se solo sapevo cosa mi aspettava!…
Arrivai a scuola puntualmente. Vidi un mare di bambini giocare in cortile. Richard, un mio compagno di classe che non avevo invitato per motivi di spazio, mi salutò e mi invitò ad avvicinarmi a lui. Lo raggiunsi e mi disse:
– Strano, ogni giorno Samuel e Michael sono sempre i primi ad arrivare, oggi invece sono già le 8.25 e non viene nessuno. Ah, ecco Jessica!
– Sì, eccola arrivare! Jessica!!
Gridai. La salutammo poi, verso le 8.35 arrivarono Mary, Andrew, Mirko, il cosiddetto Batuffolo (Frank) per i suoi arruffatissimi capelli mai pettinati, Jertrude e infine Samuel.
– Sam,- disse Richard – come mai oggi in ritardo?
– Non so, stamattina ho avuto un profondo mal di stomaco, ma siccome oggi dobbiamo vedere la videocassetta… ho preferito venirci a scuola.
Rispose Samuel. Entrammo in classe. Un vocio confuso cominciò a sollevarsi nell’aria. Io mi sedetti al mio banco con Andrew. Mi disse:
– Oggi non mi sento tanto bene. Ma ieri ci hai messo per caso della droga in quelle bibite?!
Ironizzò.
– Il solito stupido.
Gli risposi sorridendo. Poi mi girai verso Mary e mi disse:
– Oh, Caty! Stamani, venendo a scuola, mi ha colpito un terribile mal di testa, e non riesco più nemmeno a capire bene ciò che dice una persona. È una cosa normale secondo te?
– Oh be’, devo dire che a me di avere un mal di testa talmente forte non è mai capitato…
Mi voltai verso Frank, il miglior amico di Mattew, e gli chiesi:
– Frank, cos’è successo a Mattew? Sai nulla? Perché non è venuto?
– Ieri mi ha telefonato la madre di Mattew e mi ha detto che Mattew si è sentito molto male, un disturbo allo stomaco, credo, anche di peggio, e mi ha detto di dire alla maestra che si è sentito molto male. Non mi ha voluto dire di più, mi ha solo ricordato che è molto grave.
Avevo il viso pallido. Ma che cosa era successo a tutti i miei compagni di scuola? Tutti malati? Una vera strage. La maestra di scienze, Lisa, attraversò la soglia e si avvicinò alla televisione.
– Allora, cari bambini, oggi come sapete il collaboratore scolastico ha portato qui la T.V perché noi dobbiamo visionare la videocassetta portata da me sui denti. Allora, per cominciare accendiamo la televisione…
L’insegnante pigiò l’interruttore per accendere la T.V. Stavano trasmettendo il telegiornale. La maestra Lisa ascoltò le prime parole:
– “Il signor Montey Paul e sua figlia Juliana Montey sono stati ritrovati sulla statale 16…”
Juliana Montey!! La nostra amica! Cosa le era successo? La maestra continuò ad ascoltare, e a poco a poco il suo volto si faceva sempre più pallido.
– “…con la loro auto ridotta in mille pezzi. Il padre non si è fatto un granché, solamente qualche graffio qua e là, ma la figlia è ferita gravemente e ricoverata all’ospedale di Modugno. La ragazzina è stata ritrovata precisamente sul ramo di un albero maestro. Il padre sulla strada poco distante da lei. La bambina presenta dei graffi su tutta la parte della schiena, per non parlare delle braccia e del viso. Ella presenta anche una profonda ferita al ginocchio, e per questo la gamba non dovrebbe più funzionare, ma probabilmente attraverso un intervento riusciranno a rimetterla in sesto. Sanguinante con suo padre, è stata trasportata da un poliziotto fino a Modugno. Adesso parliamo di calcio: la Lazio ha battuto la Roma due a zero…”
Notai l’insegnante che singhiozzava.
– Povera ragazza… ha solo undici anni… che sfortuna terribile!
– Succede qualcosa? Oh! Lisa! Perché piangi? Cos’è successo?
Chiese la maestra Grace voltandosi verso di noi. Mary ebbe la forza di parlare e spiegò tutto. La maestra Grace, forte com’era, si trattenne dal pianto. La maestra Lisa cominciò a fare lezione dopo circa un quarto d’ora.
– Allora, dicevo che… che adesso visioneremo una videocassetta su Juliana… no, sulla bocca… cioè sui denti. Inseriamola.
La maestra Lisa inserì la cassetta nel videoregistratore e apparve la colonna sonora della videocassetta sui denti. Dopo aver finito di vedere tutta la cassetta, cominciammo a fare lezione sui libri. Per tutto il tempo della registrazione le insegnanti non avevano fatto altro che parlare di Juliana. Ricapitolando:
‡ Andrew non si sente tanto bene;
‡ Samuel un profondo mal di stomaco;
‡ Mary un terribile mal di testa;
‡ Mattew una stomatite molto grave;
‡ Juliana ricoverata;
‡ poco dopo venni a sapere che Michael aveva avuto il vomito;
‡ Margaret, invece, si era slogata l’osso del ginocchio;
‡ Jertrude, infine, aveva una leggera febbre, ma comunque era venuta a scuola.
– Maestra, che succede oggi? La rivoluzione dei malati?
Rise Andrew.
– Ehi, non è strano? Tutti coloro che sono andati alla festa di compleanno di Caty oggi sono malati… che sia un compleanno portasfortuna?
Esclamò Jessica. Tutti si girarono verso di me. Richard:
– Jessica ha ragione! È tutta colpa di Caty! Io sono sano come un pesce: perché? Perché non sono andato al compleanno. Jessica sta bene: neanche lei è andata al compleanno. Samuel, Michael, Margaret, Jertrude, Juliana, Mattew, Andrew, Mary sono malati. Perché? Perché ieri erano tutti presenti al compleanno di Caty.
Ero paonazza dalla rabbia e dalla vergogna. Mi veniva la voglia di sprofondare nella terra. Nessuno era con me, tutti contro, come se fossi diventata improvvisamente un killer, come se avessi la peste. Jertrude, per mia fortuna, intervenne nel discorso:
– Siete banali, amici. Che colpa ne ha Caty? Lei non ha fatto nulla. E poi stranamente io non sono affatto malata, eppure al compleanno ieri ci sono stata.
Sussurrai a Jertrude:
– Ma tu non hai la febbre?
– Sì, ce l’ho. Ma non dire nulla ai compagni.
Mi bisbigliò lei di risposta. Jertrude fece tutto il possibile per aiutarmi, ma non ci riuscì in alcun modo. E da quel giorno nessuno della mia classe si presentò più al mio compleanno, naturalmente tranne Jertrude e Andrew, non so neanche il perché.

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