Nonnina Gina

Questa bellissima fiaba è opera di Massimo (15 aprile 2002).

Nonnina Gina era una signora molto vecchia.
Aveva tanti capelli sottili come la seta e la sua pelle era morbida come il velluto.
Nonnina Gina portava sempre abiti colorati e solo il grande scialle che le faceva da mantello nelle fredde sere d’inverno era bianco come la Luna piena.
Nonnina Gina era una nonnina speciale.
Nella buia notte l’anziana donna passeggiava per i giardini ed i campi del paese di Semolino, dove viveva ormai da più di sessant’anni.
Quando le luci fioche dei lumi sul grande sentiero alberato si spegnevano, l’arzilla vecchina stendeva le mani sui fiori appassiti ed essi…tornavano a vivere.
Al tocco delle sue dita, l’erba schiacciata dai trattori si rialzava ed il balletto della natura che accompagnava con festose note la magia della nonnina addolciva il sonno degli abitanti di Semolino.
La brezza dell’alba nascente al di là delle colline avvolgeva come ogni prima mattina Nonnina Gina.
“Salve Gina, vuoi che ti faccia compagnia?”
“Grazie Brezza, resta con me fino a che non saremo giunti a casa…”
La dolce vecchina scorgeva i prati di nuovo verdi e le foglie degli alberi allegri che la salutavano con un cenno dei loro rami.
Solo allora Nonnina Gina poteva addormentarsi facendosi cullare dal canto gioioso del paese.
La buona signora ottenne in dono i suoi poteri magici quando era ancora giovinetta.
In un fresco pomeriggio estivo di tanto tempo fa la giovane Gina stava leggendo un libro seduta sul terrazzino della casetta di papà e mamma che si trovava sul limitare di un prato molto grande, ai margini del sentiero alberato.
Ad un tratto, guardando verso il cielo, la piccola vide una colomba posarsi sopra un ramo dell’albero di pere che s’innalzava accanto alla casa.
Nel seguire ad occhi chiusi il suono di quel rilassante battere d’ali, Gina perse l’equilibrio e cadde dal terrazzino.
La piccola, impaurita, svenne durante la caduta e si risvegliò grazie al solletico dell’erba alta che le punzecchiava il viso.
Gina si rialzò tremante e s’accorse di non avere nemmeno un graffietto.
I rami del pero si erano sporti fino al parapetto del balcone ed avevano fatto scivolare dolcemente la bambina sul morbido prato.
Gina corse ad abbracciare il pero magico ed il grande albero le parlò dicendole:
“Bimba mia, tu sei sempre stata molto gentile con me.
Raccoglievi i miei frutti fin dai tuoi primi passi ed accarezzi sempre il mio tronco prima di andare a letto…”
Gina, infatti, si era affezionata al pero ed in quasi tutti i pomeriggi dei suoi dodici anni la bambina soleva sedere all’ombra dell’albero e gli raccontava i suoi sogni.
“Tu hai buon cuore, mia cara Gina e per ringraziarti delle tue instancabili cure ti donerò il potere di far gioire la natura ogni volta che l’accarezzerai…”
La giovane Gina non disse mai nulla a nessuno ed ancora oggi Nonnina Gina custodiva gelosamente il suo segreto.
Gli affettuosi nipotini che la travolgevano ogni giorno di coccole e premure, il suo unico figlio Alberto e sua moglie Alessandra, nessuno sapeva.
Un giorno l’anziana signora s’ammalò e dovette mettersi a letto per molto tempo.
Nonnina Gina aveva la febbre molto alta e le normali medicine ormai non bastavano più a calmarle la tosse ed i dolori allo stomaco.
Anche gli alberi ed i prati di Semolino incominciarono a gemere poiché senza Nonnina Gina ed il suo tocco la loro vita si stava appassendo.
Paolo, il più piccolo dei nipoti, non voleva mai lasciare la nonnina sola.
Dopo molte insistenze il bimbo, chiamato Paolino per la sua piccola statura, riuscì a convincere mamma e papà affinché accudisse Nonnina Gina durante la notte.
Paolino vegliò la nonnina proprio come una persona adulta per molti giorni.
Le disegnava tanti fiori da appendere alle pareti della camera buia, tentava d’alleviarle il respiro affannoso baciandola sulle guance e ripeteva sempre:
“Non ti preoccupare nonnina, vedrai che tutto ti passerà…”
Nonnina Gina, con un filo gentile di voce, rispondeva:
“Lo so Paolino caro, so che guarirò grazie a te…” ma perfino il piccolo angelo non poteva fare molto per Nonnina Gina.
Alberto osservava spesso questa scena dal fondo del grande e silenzioso stanzone e dopo qualche minuto s’allontanava, commosso.
Prima d’addormentarsi, l’uomo diceva sempre una preghiera:
“Mio Dio, fa guarire la mia mamma, non farla soffrire…” e gli occhi si chiudevano con queste parole ancora nel cuore.
In una di queste notti, dispersa tra la speranza e la rassegnazione, Paolino si svegliò tutto sudato e tremante.
Temeva che la sua nonnina fosse andata in cielo e così scese dal letto e corse a più non posso su per le scale, verso la grande stanza da letto di Nonnina Gina.
La vecchia e stanca donna stava riposando e non sentì il bambino avvicinarsi al suo letto con le lacrime agli occhi.

“…Paolino..Paolino…”
Una voce, un sussurro lieve come l’arietta delle sere estive avvolse le orecchie di Paolino che si voltò indietro, terrorizzato.
“…Non avere timore Paolino, vieni…”
“…Dove, chi sei?” chiese il bambino.
“Prendi un secchio e raggiungimi in fondo al sentiero…”
Paolino s’allontanò da Nonnina Gina e sarebbe volato tra le coperte del suo papà se non fosse stato per un qualcosa in quella strana voce che lo indusse ad obbedirle.
Lungo il grande sentiero alberato che porta ai prati, Paolino camminava con il suo secchio in una mano ed una lanterna nell’altra.
La notte era molto scura poiché da quando Nonnina Gina si era ammalata le stelle si erano tanto intristite da perdere la luce.
I campi inariditi dipingevano un paesaggio addolorato e solo quella voce calda risuonava ancora nel silenzio della natura.
Paolino giunse alla fine del sentiero ed attese che la vocina gli parlasse ancora.
“…Sono qui Paolino, avvicinati…”
Il bimbo si guardò intorno e l’unica cosa che poté vedere in tanta sterminata natura fu un albero fiorito accanto ad una vecchia casa diroccata.
Dalle sue foglie si scorgevano tanti frutti panciuti ed a punta che penzolavano aggrappati ai rami.
“Mi chiamo Pero, piccolo mio…”
L’albero parlava.
Paolino, per niente scosso da questo evento straordinario, incredibile per un qualsiasi adulto, prese a dire:
“Tu sei diverso da tutti gli altri alberi, se potesse vederti Nonnina Gina…”
“Io conosco Nonnina Gina” rispose Pero con una lieve punta di nostalgica tenerezza.
“La mia nonnina è tanto ammalata e sembra che i miei baci non le facciano nulla” disse Paolino, ma immediatamente il grande albero mosse le sue fronde e s’inchinò verso il bambino.
“Tu hai già fatto molto, ma credo che a Nonnina Gina occorra un’altra cosa”
Pero fece avvicinare Paolino con i suoi rami.
“Paolino, riempi questo secchio con le mie foglie, prendine quante ce ne stanno nelle tue mani”
Il bambino si riempì le manine di foglie e le mostrò a Pero.
“Bravo piccolo, ora metti il tuo tesoro nel secchio e mischialo con la resina del mio tronco” Paolino era tanto emozionato.
Sognava da tempo di poter toccare un albero come quello ed immergere le mani in quel liquido profumato e tutto appiccicoso che sbucava dalla corteccia del tronco.
Il bambino versò la resina di Pero nel secchio.
L’albero incominciava a perdere il colore, ma ebbe ancora il tempo di dire a Paolino:
“Va ora e fa degli impacchi a Nonnina Gina con l’impasto del secchio, vedrai che le farà bene”.
Il bambino ringraziò ed abbracciò tanto l’albero.
Pero strinse il bimbo con i suoi rami.
“Voglio molto bene a Nonnina Gina, da moltissimo tempo ormai…” disse Pero, prima di seccarsi.
Paolino corse per i prati e raggiunse la casa di Nonnina Gina.
Il bambino entrò nella stanza della nonna e posò il secchio sul pavimento di legno.
Papà Alberto, svegliato da tutti quei rumori, s’alzò e si precipitò dalla vecchia madre.
Giunto alla porta, vide il suo figlioletto che intingeva il panno in un secchio tutto illuminato e lo posava sulla fronte di Nonnina Gina.
Il volto dell’anziana signora si colorì di un roseo splendore e gli occhi si aprirono.
“Paolino, bimbo mio, dove sei stato?” disse la nonna dolcemente.
“Pero mi ha chiamato nonnina, mi ha dato una medicina e mi ha detto che ti avrebbe fatto bene…”
Alberto, commosso, s’accostò al letto e Nonnina Gina l’abbracciò.
Paolino alzò il secchio che sprizzava luce da ogni fessura e gli occhi strabiliati del papà lo guardarono stupito ed incredulo.
“Dove hai preso questo secchio?” chiese Alberto al bambino.
“Dalla dispensa perché Pero mi ha detto di portarglielo e poi l’ho riempito con le sue foglie e la resina…”
“Tesoro mio, chi è Pero?” riprese Alberto, sempre più confuso.
“Il migliore amico di tutto il mondo” disse Paolino sorridente.
“Mamma, cosa è accaduto?”
“Caro figlio, non ti crucciare, è tutto così semplice…andiamo a ringraziare Pero, mi ha salvato la vita insieme a voi”.
Così Nonnina Gina parlò a suo figlio Alberto, poi si girò verso Paolino e gli disse, accarezzandogli i capelli:
“Bimbo mio, tu sei tanto caro, non dimenticarti mai questo giorno” .
Nonnina Gina scese dal letto, indossò il suo vestito migliore e si fece accompagnare da Paolino e suo padre lungo il sentiero alberato del paese di Semolino.
L’alba stava per solleticare un nuovo giorno quando la natura, al passaggio di Nonnina Gina, riprese a vivere e rifiorire in ogni angolo e prato.
La nonnina, presa per mano da suo figlio Alberto e dal piccolo Paolo, si fermò davanti a Pero.
L’albero giaceva con il tronco chinato verso terra, tutto rinsecchito e con i rami come avvolti in un abbraccio.
Nonnina Gina si commosse, toccò il pero…ed un profumo inebriante di resina avvolse i protagonisti della nostra storia.
La campagna di Semolino non dovette mai più soffrire e Nonnina Gina visse tutti i suoi giorni tra i cari nipoti, Alberto e sua moglie.
Solo Paolino, ogni tanto, se ne andava tutto solo nei prati.

Molti anni più tardi qualche turista, passeggiando verso sera per il sentiero del paese, ha raccontato d’aver veduto con i suoi occhi un uomo parlare con un albero di pere…

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