Il dormiglione

Ecco la poesia di Isabella (3 novembre 2003).

Qundo nacqui non piangevo ma gli occhietti chiusi avevo,
tanto ero addormentato non mi acorsi d’esser nato.
Che fatica esser piccino, tutti intorno al mio lettino
a far chiasso e confusione, a dir ch’ero un dormiglione.
Poi crescendo hanno voluto che imparassi a camminare,
quando invece avrei voluto solamente sonnecchiare.
La stanzetta mi han riempito di tricicli e biciclette,
tutti aggeggi che stancavan le mie tenere gambette.
Arrivato ad anni sei dietro un banco mi trovai,
che io usavo ogni mattino per schiacciare un sonnellino.
Troppo sforzo era per me imparare tre per tre;
nel bel mezzo del dettato mi trovavo addormentato;
la grammatica era poi un’autentica condanna,
che riusciva a rilassarmi come una ninna-nanna.
Tutti quanti si affannavano a imbottirmi di consigli,
che facevano venire sonorissimi sbadigli.
Per me pace più non c’era, né di giorno, né di notte,
per dormire io dovevo sostener feroci lotte.
Or che finalmente grande sono diventato,
c’è chi dice sia ignorante, sognatore o sfaticato;
ma io in barba a tutti quanti son felice e son beato
perchè vivo rilassato, sul letton sparapanzato.

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