La canzone dello Spazzacamino

Società Editrice Internazionale di Torino (EM 21724)

Se vi piace questa canzone, dovete ringraziare Silvana (19 gennaio 2004). Per gli spartiti, dovete ringraziare Pietro (6 luglio 2020).

canzone dello Spazzacamino

Cantiamo insieme: La canzone dello Spazzacamino

Spazzacamino, spazzacamino!
Ho freddo, ho fame, son poverino:
in riva al lago, ove son nato,
ho la mia mamma abbandonato.

Come l’augello che lascia il nido,
per guadagnarmi qualche quattrin:
E tutto il giorno vo’ attorno, e grido:
“Spazzacamino, spazzacamin”.

Torino è grande, ma il paesello
ove son nato mi par più bello,
e sempre, sempre vado col core
in riva al nostro Lago Maggiore.

E dico intanto: “Nel casolare
la mamma mia che mai farà?
Sarà seduta al focolare,
oppure le reti aggiusterà?”

Non ho nessuno che mi vuol bene,
e che s’affligga delle mie pene:
ho gli occhi foschi, la faccia oscura,
ai fanciulletti metto paura.

Si, poveretto, si, brutto io sono,
perfin la mamma dice al bambin:
“Se d’ora innanzi non sarai buono,
Chiamerò il nero spazzacamin!”

Se ho sete, bevo dell’acqua pura,
se ho fame mangio pan di mistura
e vo’ soffiando sopra le dita
quando la mano ho intirizzita.

Con le mie scarpe che sono rotte
ho nella neve da camminar,
e con un soldo per ogni notte,
ho un po’ di paglia per riposar.

E quando, al sorgere del bel mattino,
ascolto il gemito del passerino
Che par cantando, onori Iddio,
allor mi sveglio, Lo prego anch’io.

Prego che presto m’arrivi il giorno
che al mio paese posso tornar:
veder la mamma, saltarle attorno,
metterle in mano tanti quattrin.

Ma se, arrivato, mi si facesse
incontro alcuno e mi dicesse:
“Prendi, fanciullo, questo sentiero
che ti conduce al cimitero:

ove la terra appena smossa
non ha un fil d’erba, un fiorellin,
là seppellita entro una fossa
v’è la tua mamma, spazzacamin”.

Oh, allor saria per te finita
la tua vita spazzacamin!

 

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13 commenti su “La canzone dello Spazzacamino”

  1. Nino says:

    E’ una bellissima canzone che ricordo da bambino. Vorrei ritrovare o la musica sia in spartito o in disco o online.
    Grazie per avermela fatta rileggere

  2. Angelo says:

    Avevo 13 anni quando cantai questa tenera canzoncina in occasione di una festicciola. Ricordavo alcune parole con le quali sono riuscito, grazie a Silvana 2004, o ritrovare l’intero testo.Piacerebbe anche a me
    poter avere lo spartito.

  3. ferny says:

    mia nonna che avrebbe 123 anni,pensate era del 1890,me la cantava ,ora ritrovar le parole è stato un grande regalo per me.

  4. Silvana says:

    Mi chiamo anche io Silvana ed ho nel cuore questa canzone che mi cantava spesso mia madre (che ora non c’è più) prima di addormentarmi e al quale chiedevo di ricantarla all’infinito x quanto mi piacesse anche se malinconica e ricordo come sbuffava xché aveva da fare ma era pronta a ricantarmela…
    Grazie Silvana 2004 che bel regalo non avrei mai immaginato di ritrovare il testo … e che a pubblicarlo fosse stata una mia omonima

  5. Marie says:

    Ricordo che la mia nonna (classe 1916) mi cantava la prima strofa. Non sapevo che la canzone fosse così lunga. Grazie per questo bel ricordo.

  6. Antonella says:

    La voglia di radici di questi giorni mi ha fatto cercare questa canzone che mi cantava mio papà, io la cantavo a mia figlia oggi la canto a mio nipote. Con le lacrime negli occhi grazie.
    Mio papà mi diceva che a lui l’aveva insegnata il suo maestro Nando da Ala, il poeta.

  7. Pedro fioravante piva says:

    Esta canzione cantava mio papa quando ero bambino, qua em nao me toque, rs,brasil. Ha 40 ani ha cercato la cantoria i ieri ha ritrovato. Grazie

  8. DEL FORNO PIETRO says:

    Ho 83 anni. Da bambino me la cantava mio padre a seguito dell’invito di mia madre: ” Vai a letto, viene anche il papà che ti racconta le fiabe! Più volte mi sono chiesto come avesse avuto modo di imparare questo canto e cantarmelo. Le cose, forse stanno così: mio nonno, negli anni di fine 1800 , ha frequentato, a Mogliano Veneto (TV) l’Istituto “Don Bosco” la scuola dei mestieri (falegname). Forse in questo Istituto cantavano questo canto. Mio nonno possedeva un pianoforte e forse è stato lui che lo ha insegnato a mio padre. Il Titolo di questo canto riportato sulla pagina è ” Il Piccolo spazzacamino. La stamperia è: ” Proprietà Riservata alla Società Editrice Internazionale di Torino”. (E. M. 21724) . – Nel testo Vostro ci sono 2 strofe (8 righe ) di testo che nel mio scritto non ci sono. Queste sono …” Se ho sete, bevo dell’acqua pura, …e termina con l’8va , ho un po’ di paglia…Mentre trovo che manca nel vostro testo la riga: ” LA’ SEPPELLITA ENTRO A UNA BARA,” che segue alla riga: Non ha un fil d’erba, un fiorelin,” Cosa che così completa il significato dell’intera frase. Ho avuto modo di farlo cantare nel 1970 nel mio paesello. Allora lo spartito mi era stato dato in prestito, così l’ho trascritto a mano e privo del testo sotto il pentagramma. Oggi, sfogliano dei libri, lo spartito è venuto tra le mani e naturalmente con i ricordi sopra elencati. Per avere certezza del mio spartito, se integro , ho “sfogliato” Internet e sono capitato a Voi.

  9. DEL FORNO PIETRO says:

    “Filastrocca” E’ un compendio di episodi raccontati in modo assai semplice, quindi si direbbe per i bambini, ma, a mio avviso lo sono anche per gli adulti ed ancor di più per gli anziani come me. In questo momento, la cultura è assai diversa di quella di 100 anni fa, ciò è normale ma, la si può rilevare se si conosce la cultura del passato! Rilevare le differenze è uno…spettacolo! Mi ricordo, da ragazzo, possedere uno strumento musicale era una ricchezza. Ho iniziato con l’Armonim, in Chiesa. Gli spartiti, scritti a mano erano pochi; i Metodi scritti con regole di difficile comprensione. A fine anni 1800 i medesimi supporti com’erano? Oggi, possiamo costatare che siamo “ricchissimi” di svariati supporti in ogni settore. Pure questo Spettabile Blog, mediante la propria attività, concorre a valorizzare l’enorme patrimonio, in particolare con l’incanto del conoscere anche del passato! Grazie.

  10. Renzo says:

    Io, di anni, ne ho 87. La mia mamma me la cantava quasi come ninna nanna, assieme a tanti altri canti (tristi ninne nanne – il padre che non torna dalla ferriera – canti di guerra, …) che esprimevano la sofferenza di quegli anni trenta. Ho sempre pensato alle rive del nostro Lago di Garda, mentre da questo testo apprendo che si tratta del Lago Maggiore. Non si impara mai abbastanza!
    Grazie Silvana per il testo e grazie Pietro per lo spartito

  11. DEL FORNO PIETRO says:

    Quanta tenerezza nel ricordare i momenti della nostra infanzia. Tu, Renzo, con qualche anno più di me, ricordi meglio il periodo della guerra: paure per i bombardamenti, sofferenze per lo scarseggiare degli alimenti, indumenti rattoppati più volte ecc. . Però c’era anche il momento dei giochi con i coetanei utilizzando materiali in disuso. Ogni qual volta ci ripenso, mi commuovo. Grazie Renzo per il tuo racconto, grazie a tutti coloro che hanno già postato un pensierino e grazie anche a coloro che lo faranno raccontando il proprio.

  12. Buongiorno. Mi chiamo Pietro, 75 anni, di Venzone in Alto Friuli. Mi è sempre piaciuto cantare ed i miei modelli li prendevo alla radio: Luciano Tajoli, Claudio Villa.. Di questa passione se ne avvide il Cappellano don Giuseppe Ribis. Di questo canto, mi insegnò pazientemente le prime due strofe e le ultime due, con la finale. Poi venne il momento della esibizione pubblica, nei primi mesi del 1961, nella sala parrocchiale adibita a teatro. Qui ho provato parecchie volte questo canto, molto diverso da quello che cantava Claudio Villa, muovendomi sul palcoscenico come mi veniva insegnato, nulla lasciando al caso. Mi accompagnava al pianoforte un compaesano, chierico al Seminario di Udine, Pietro Antonio Bellina. Anche lui, credo, aveva appena studiato lo spartito ed ora ci stavamo affiatando. Venne il giorno della esibizione, la sala parrocchiale era stracolma di mamme in prevalenza. Quando il sipario fu aperto, le luci della scena mi illuminavano il viso così – fortunatamente – potevo scorgere solo la prima fila degli spettatori, ma ne avvertivo la massiccia presenza. Breve introduzione del pianoforte (o armonium?) durante la quale mi calai nel personaggio, poi iniziai il canto. Il pubblico zitto ascoltò le prime due strofe, cui seguì un breve intermezzo durante il quale le luci si abbassarono per il cambio della scena. Eseguii le ultime strofe con massima partecipazione come mi era stato insegnato. Al termine ci fu un applauso interminabile. Le luci della sala si accesero così che potei vedere gli spettatori. Ricordo, in prima, fila alcune donne che piangevano commosse, tra cui anche la maestra Carolina Clapiz ved. Consoli, che in seguito, quando mi trovava per via, mi ripeteva: “Pierino, core del mio core”.
    La partitura di questo canto, IL PICCOLO SPAZZACAMINO, proveniva dal Seminario come tutti i testi che venivano presentati all’accademia o teatro popolare parrocchiale. Non l’ho mai visto, né potevo più chiederlo ai due sacerdoti ( don Ribis e don Bellina) essendo deceduti. Mi è venuta l’idea di cercare su internet e la ricerca è stata “provvidenziale”, grazie a voi e al vostro impegno.

  13. Oriana Sangiorgi says:

    Sono felicissima di averla ritrovata! Oggi ho 66 anni, ma la cantavo in parrocchia, con il mio parrroco che mi accompagnava al pianoforte, quando di anni ne avevo 6. Un sacco di emozione e tanta paura di sbagliare

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