La storia di Pesciolillo

…che voleva sapere da dove veniva tutta quell’acqua

Ecco la fiaba di Andrea (13 marzo 2004).

Finalmente l’uovo che mamma Pesciopanna aveva lasciato a penzolare sopra una verde alga s’era dischiuso ed un pesciolino piccolo piccolo ne era uscito per godere del suo primo contatto con l’acqua.
Il pesciolino si chiamava Pesciolillo. Era lungo ed affilato, con le scaglie del color argenteo della luna in una notte serena e con gli occhi vispi e sempre attenti a tutto quello che capitava intorno.
Pesciolillo era agile e veloce nell’acqua come quei fulmini che aveva visto con paura percorrere il cielo quando qualche volta era andato a curiosare lassù in cima dove l’acqua finiva e cominciava l’aria. Pesciolillo non sapeva bene quello che erano quei fulmini, ma già aveva capito che quando ne compariva uno avrebbe cominciato a piovere e avrebbe dovuto rapidamente trovare un sicuro rifugio per non essere portato via dalla corrente.
La vita andava avanti tranquilla. Pesciolillo cresceva in una pozza ai margini della corrente del fiume. V’erano alcuni arbusti con le radici piantante nel fondo e pure un tronco vuoto, dove con i fratelli andava a rintanarsi per gioco o per mettersi al riparo: Pesciopalla, Pescioculla, Pesciogilla, Pesciorolla, Pesciopascio erano solo alcuni dei suoi fratellini. Infatti erano così tanti! In fretta crescevano insieme a Pesciolillo in quello spazio che giorno dopo giorno si faceva più angusto.
Nessuno si azzardava a mettere pinna nella corrente, che vista da fuori appariva impetuosa e capace di trascinare via qualsiasi cosa. Però un giorno, spingi qua, spingi là, Pesciolillo si trovò improvvisamente rapito dalla corrente. Qualcuno l’aveva spinto o forse lui stesso, per disattenzione, era scivolato.
La corrente era forte, ma in fondo, non così forte come se l’era sempre immaginata insieme ai fratellini. Comunque era strana davvero perché lui era stato abituato a rimanere in una pozza dove l’acqua era immobile quasi come quella di uno stagno. Quell’acqua correva a tutta birra e sembrava mai esaurirsi. Da dove arrivava quell’acqua così fresca e pulita? Qual’era la magica fonte che la produceva? Una curiosità infinita avvolse Pesciolillo che cominciò a nuotare contro corrente.
“Che fatica… Che fatica nuotare contro corrente…” pensava Pesciolillo districandosi tra le pietre e le alghe “ma io sono proprio curioso di vedere da dove arriva!”
Proprio in quel momento comparve al suo fianco un pescione della sua famiglia.
“Pesciolillo, dove stai andando così di fretta?” disse Pesciolone con la sua grave voce.
“Voglio vedere da dove arriva questa corrente infinita.”
“Non stancarti inutilmente, Pesciolillo. Te lo dico io da dove arriva questa corrente! Io ci sono stato!”
“Davvero lo sai? Allora dimmi!”
“Vedi questo pietrone davanti a noi? È l’ultimo pietrone! Il pietrone più pietrone che ci sia! Nessun’altra pietra è grande e dura come questa. Se lo giri tutto intorno, e costa fatica, giungerai dove si trova una grotta. Tutta la corrente proviene da lì, da quella grande grotta. E non fare altra fatica! Torna a giocare con gli altri!”
“Davvero tutta questa corrente proviene da quella grotta dietro al pietrone più pietrone che c’è?” chiese con la sua vocina Pesciolillo.
“Certo che sì! Io ci sono stato!”
Ma Pesciolillo non era un gran che convinto di quella spiegazione. A guardarlo quel pietrone appariva sì grande, ma solo un poco di più di tante altre che aveva visto. E poi a Pesciolillo pareva strano che una sola grotta potesse produrre una corrente così grande. E ancora, che cosa era esattamente una grotta? Lui non l’aveva mai vista!
“Pesciolillo! Dove vai? Torna a giocare con gli altri!”
“Vado a vedere, Pesciolone. Ora non ho voglia di giocare!”
Così Pesciolillo nuotò intorno a quella grossa pietra e si trovò presto davanti una nera e buia grotta. Quando Pesciolillo la vide sussultò impressionato. Era pieno giorno, ma la luce non arrivava in quel luogo sul fondo del fiume, che per questo appariva davvero cupo e misterioso. Pesciolillo si inoltrò cauto nella grotta e rimase incantato ad osservare lo spettacolo di quelle possenti rocce che sopra la sua testa formavano un arco poderoso, ma poco dopo, con quel poco di luce che era rimasta, vide che la corrente non proveniva dal cuore di quella grotta, bensì da un passaggio tra due altre pietrone in fondo all’incavo. Pesciolillo avanzò verso la corrente, superò con un guizzo il passaggio che aveva scovato e si trovò su un fondo illuminato dalla luce dove la corrente scorreva placidamente.
Lì si mise a nuotare felice per la scoperta. Quel luogo era bello, ricco di alghe e di nutrimento. Incontrò tanti pesci come lui, ma anche un po’ diversi. Anzitutto nel nome. Quelli infatti avevano tutti nomi come Pescioquì, Pesciolà, Pesciolù… E poi avevano pinne diverse, non ritte come le sue, ma più larghe e non verdi ma marroncine. Eppoi parlavano anche in un modo strano. Non riuscivano a chiamarlo col suo vero nome. Al posto di dire “Pesciolillo” dicevano “Pesciolillò”.
“Dove vai Pesciolillò?” gli chiesero i pesci di quel fondo.
“Vado in contro alla corrente. Voglio conoscere da dove proviene.”
“Non andrai molto lontano, Pesciolillo. Il fondo della corrente si alzerà presto e non potrai più proseguire. Moriresti sicuramente.”
“Rischio di finire in una secca?”
“Non solo. Più su ci sono grossi orsi e lupi che altro non aspettano di trovare un pesce di cui fare un sol boccone.”
Pesciolillo sentì in quel momento un po’ di paura. Ebbe voglia di tornare nella sua pozza, con i suoi vecchi amici, ma quella corrente infinita di acqua cristallina lo richiamava a continuare la sua ricerca. Così, Pesciolillo ringraziò gli amici che lo mettevano in guardia e si rimise in cammino, sicuro che tutto sarebbe andato bene.
Nuotò, nuotò senza posa finché, come gli era stato detto, il fondo della corrente si alzò tanto da non poter più proseguire. Provò e riprovò a vedere se ci fosse un passaggio per procedere oltre, ma dovette fermarsi. Stanco ed affamato fece per tornare in dietro quando udì un colpo fortissimo sopra la sua testa. C’era mancato poco che non lo colpisse!
“Che c’è? Chi sei?” disse Pesciolillo alzando lo sguardo. Ciò che vide fu una zampa pelosa con le unghie fuori pronte a colpire ancora.
Scaiffff… Sciafff… A malapena riuscì a schivare quella zampa che s’accaniva contro di lui.
“Chi sei, cosa vuoi?” ripeté scappando da una parte all’altra ed incapace di trovare uno sbocco verso un fondale più alto e sicuro.
Una voce terrificante rispose: “Sono Lupocupo e ho faaaameeee!”
“Ma no, ti prego… Io sono Pesciolillo. Sono così piccolo per la tua fame… Risparmia le tua forza per acchiappare una preda più grande!”
“Noooo! Tu vai benissimo per la mia fame!”
“Ma no, Lupocupo. Ti sbagli davvero! Sono solo i riflessi dell’acqua a farmi così grande.”
Udite quelle strane parole Lupocupo si abbassò verso l’acqua con lo sguardo e osservato Pesciolillo, s’accorse che non era così grande come pensava.
“È vero… La mia pancia, uno come te, neanche lo sente! Ora, Pesciolillo, è meglio che tu te ne vada da questo luogo pericoloso. Se passasse una faina non si farebbe scrupoli a far di te un sol boccone!”
“Andrò via,” disse Pesciolillo, “ma prima tu devi dirmi come posso raggiungere la fonte di questa corrente. Sono qui per questo, voglio risalirla tutta per vedere com’è!”
“Cosa? Vuoi risalire alla fonte di questa corrente? Ma chi ti ha messo certe idee in testa?”
“Nessuno…”
“Comunque, caro Pesciolillo, anche se sei piccolo non potrai mai risalire di più di così la corrente. È già un miracolo che tu sia riuscito ad arrivare sano e salvo fin qui! La fonte si trova molto più in alto. Ci arrivano a malapena cervi e camosci lassù, sulla montagna!”
Ma Pesciolillo voleva assolutamente arrivare a vedere la fonte della corrente. Sapeva di trovarsi di fronte ad un grosso ostacolo, ma sapeva anche che un modo per arrivare lassù ci doveva pur essere.
“Lupocupo” imprecò Pesciolillo, “un modo per arrivare lassù ci deve pur essere… Ci deve pur essere!”
Lupocupo si mise a pensare: “Un modo c’è… Basta avere quattro zampe… Ma tu sei un pesce!”
In quel momento passò lì accanto orso Orsomatto. Veniva dal bosco dove era andato a caccia di miele. Tutt’intorno gli volavano ancora decine di api arrabbiate che tentavano di pungerlo. Aveva udito la conversazione e disse: “Oppure bisognerebbe avere le ali! Con quattro colpi d’ala si arriva lassù, amici.”
“È vero!” disse Lupocupo, “ma come possiamo mettere le ali a questo pesciolino?”
“Beh, chiediamolo a chi le ali ce le ha!”
Così Orsomatto si alzò in piedi e con tutta la sua forza si mise a gridare: “Ventoooosa! Ventoooosa!” La voce di Orsomatto era un vero ruggito che faceva tremare la terra e anche l’acqua!
Poco dopo, in alto nel cielo, non lontano dal sole, comparve una splendida aquila reale. Con un dolcissimo volo si lasciò andare verso terra e atterrò su una roccia che sporgeva sull’acqua.
“Orsomatto… Che succede? Hai una spina da togliere sotto la zampa come l’altra volta?”
“No, niente spine questa volta! È un’emergenza! Lo vedi questo pesciolino? Si chiama Pesciolillo e vuole raggiungere la fonte dove nasce il nostro fiume.”
“Sì è proprio così, Ventosa” disse sporgendosi fuori dall’acqua Pesciolillo, “voglio andare fin lassù. Dicono che con due colpi d’ala sia facile arrivare!”
“Certo che è facile, Pesciolillo, ma non hai pensato che appena tu metti il naso fuori dall’acqua muori!”
“Questo è vero!” commentarono in coro Lupocupo e Orsomatto. “A questo non avevamo pensato!”
Pesciolillo, sott’acqua, s’era rattristato all’idea di dover tornare indietro senza aver visto la fonte, ma a Ventosa, l’aquila maestosa con il muso bianco e il becco fino, era venuta un’idea. E così disse: “Tanto tempo fa volai verso l’oceano e lì, sugli scogli vidi degli uccelli davvero strani che avevano un becco ed una gola tanto grandi da contenere pesci ben più grossi di te, Pesciolillo! Si chiamavano pellicani. Ne conobbi uno di nome Corinzio che mi insegnò a conoscere i venti del mare che io non conoscevo. Io credo che lui potrebbe aiutarci. Potremmo chiedergli di riempire la sua gola d’acqua così da poterti accogliere e trasportare senza pericolo fino alla fonte.”
“Siiiiii!” esclamò Pesciolillo.
Ventosa partì immediatamente alla volta dell’oceano. Disse che sarebbe arrivata dopo due giorni. E così fu. Dopo due giorni Ventosa apparve in alto nel cielo, seguita a breve distanza da un uccello che da quelle parti nessuno aveva mai visto: un bianco pellicano con le zampe nere come il carbone.
Planarono delicatamente verso il ruscello e atterrarono su una roccia che sbucava dall’acqua. Poco distante c’erano Orsomatto e Lupocupo che dormivano uno sull’altro. Furono i gridi di gioia di Pesciolillo a svegliare quei due!
Ventosa presentò a pellicano Corinzio i due quadrupedi e quindi a Pesciolillo.
“E così saresti tu, Pesciolillo?”
“Sì, sono io. E voglio vedere la fonte di questa corrente! Mi puoi aiutare?”
“Certo che sì! La mia vecchia amica Ventosa mi ha spiegato tutto. La mia gola è tanto grande da accoglierti insieme ad un bel po’ d’acqua di questo fiume.”
“Io sono pronto a partire subito!” disse eccitato Pesciolillo.
“Allora andiamo!”
Pellicano Corinzio aprì la sua enorme bocca e raccolse Pesciolillo dal fondo del ruscello insieme ad un bel po’ di fresca acqua corrente. Quindi si alzò in volo verso la montagna al seguito di Ventosa che indicava la via.
Pesciolillo, dentro la gola di Corinzio, si porgeva per ammirare il panorama. Da lassù poteva vedere tutta la corrente districarsi tra le montagne. Ad un certo punto, che emozione vedere anche il mare! Era davvero grande! Quanti pesci come lui poteva contenere tutta quell’acqua?
In breve arrivarono presso una grotta in alto sulla montagna. Sporgendosi dalla bocca del pellicano Pesciolillo vide una fontanella d’acqua scaturire da una fessura nella roccia. L’acqua si raccoglieva in una pozza e Pesciolillo con un balzo si tuffò. Prese a guizzare felice da una parte all’altra. L’acqua era fresca e chiara come non l’aveva mai sentita.
E fu così che Pesciolillo, con l’aiuto degli amici di terra, di cielo e di mare, esaudì il suo sogno di conoscere da dove veniva tutta quell’acqua!

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