La storia di Filippo che si dondola

Heinrich Hoffmann (1809-1894) - Tratta dall'Edizione Italiana di Struwwelpeter - Nelle traduzioni di Gaetano Negri e Maria Luisa Heinz-Mazzoni

storia di Filippo che si dondola

Leggiamo insieme: La storia di Filippo che si dondola di Heinrich Hoffmann

Nella traduzione di Gaetano Negri (1882)

“Ma vuoi proprio ch’io perda la speranza
Di vederti tranquillo or che si pranza?”.
Dice a Filippo il padre corrucciato,
A Filippo nel mal sempre ostinato.
La mamma intanto gira l’occhialetto
A guardar le vivande sul deschetto.
Ma quel fanciullo non si dà pensiero
Del rimbrotto severo,
E scalpita e tempesta,
Grida, saltella, pesta
I pugni sulla tavola, si dondola
Sovra il sedile e ciondola
Prendendo la tovaglia. “Oh, che stordito”,
Gli dice il babbo, a lui puntando il dito,
“Non dubitare che sarai punito!”.

Ma al babbo non dà ascolto,
E la tovaglia tira,
E ad oscillar s’ostina,
Imprevidente e stolto.
Ecco cade la sedia e capovolto
Sen va Filippo. Oh, che spavento, oh, mira
Che orribile rovina!
Filippo, nel cader, con sè trascina
La tovaglia coi piatti, le stoviglie,
Le salse, le vivande, le bottiglie.
Egli giace piangendo
Sotto la mole del disastro orrendo,
Che contempla, girando l’occhialetto,
La mamma cui il cor si schianta in petto!

Ohimè, che al suol caduto,
Tutto il pranzo è perduto!
Ahi, son spezzati i piatti,
E alla mensa dei gatti
I bocconcin squisiti
Or saranno imbanditi.
Si guardano l’un l’altro i genitori,
In quel fiero frangente,
Ma non dicono niente:
Troppo cruccia i lor cuori
Il pensiero del figlio sciagurato
Che li condanna a un digiunar forzato.

 

Nella traduzione di Maria Luisa Heinz-Mazzoni (1983)

“Che Filippo sia disposto
a sedere oggi al suo posto?”.
Così dice con cipiglio
il papà rivolto al figlio,
e la mamma intorno scruta
assentendo seria e muta.
Ma Filippo anche stavolta
il suo babbo non ascolta:
volteggia, ondeggia,
sgambetta, piroetta
su e giù sulla sua sedia:
“Basta con questa commedia!”.

Osservate ben benino
che combina quel bambino!
Tutto è lì nella vignetta:
lui oscilla troppo in fretta,
va all’indietro e in un baleno,
non trovando più un freno,
la tovaglia pronto afferra.
A che pro? Ormai per terra
sono pane, vino e piatti.
Fa papà: “Roba da matti!”.
E la mamma intorno scruta
assentendo seria e muta.

È Filippo ora celato
ed il desco sparecchiato;
del papà il desinare
vedi a terra rotolare.
Brodo, pane, tutto quanto
è caduto in uno schianto.
La zuppiera è giù in frantumi.
Padre e madre, fuor dai lumi,
stanno attoniti a guardare:
nulla più c’è da mangiare.

 

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