Ciuffol e Corolla

Ecco la fiaba di Sonia. (4 dicembre 2007).

C’era una volta uno gnomo con una grossa massa di capelli e un grosso ciuffo sulla fronte. Questo gnomo, non a caso, si chiamava Ciufoll. Era nato in un piccolo villaggio, poco lontano da un altro villaggio, dove viveva una gnoma di nome Corolla.
Corolla ogni notte andava sulle rive del fiume e piangeva sognando e aspettando il suo “gnomo azzurro”. Raccoglieva foglie su foglie e vi scriveva lettere d’amore che poi affidava alla corrente del fiume. Raccoglieva anche fiori per farne ghirlande bellissime per il suo futuro sposo. Ma quando il sole sorgeva e lei tornava al villaggio tutto era come prima: i soliti gnomi, il solito tran tran.
Nel villaggio vicino le cose non erano tanto diverse, il povero Ciuffol era stufo di star solo. Faceva tutto da solo: si svegliava da solo, faceva colazione da solo, si lavava al fiume da solo, andava a lavoro da solo, lavorava da solo, tornava a casa da solo, pranzava da solo, guardava la tv da solo, povero gnomo capellone!!! D’altronde il nostro eroe era solo perché aveva degli orari un po’ diversi dagli altri gnomi del villaggio. Ciuffol faceva il pane, il nostro gnomo parruccone era un panettiere. Quindi la sera, quando tutti si ritrovavano per cenare insieme, lui doveva andare alla bottega a preparare tutto. Mentre tutti dormivano, Ciuffol era sveglio e lavorava solo soletto. Finiva verso le 5 del mattino, e quando tutti si svegliavano, lui tornava a casa, e quando gli altri uscivano da casa, lui era già nel suo lettino a dormire e così Ciuffol era sempre solo.
Più o meno la vita di Corolla. Tutta la notte restava sveglia sulla riva del fiume a scrivere lettere e a fare ghirlande per il suo futuro immaginario amore. E durante il giorno la gnoma dormiva, sprofondava in un sonno profondo. Ma visto che anche lei viveva da sola, nessuno le faceva domande sulle sue strane abitudini.
Ciuffol e Corolla così erano svegli di notte e dormivamo di giorno. Vivevano una vita al contrario rispetto agli altri gnomi del villaggio.
Ma una sera Corolla andò come al solito sulle rive del fiume, quando ad un tratto cominciò a soffiare un vento forte, forte. Un vento, però, che profumava, e sì, il vento sapeva di buono. La pancia di Corolla cominciò a borbottare: che fame!! Così la gnoma, che aveva un naso grande con delle narici larghe che poteva sentire tutti i più piccoli odori, decise di seguire la scia profumata. E indovinate di cosa sapeva il vento? Il vento odorava di pane, caldo e croccante, di quello appena sfornato.
E chi è il panettiere che noi conosciamo?
Ciuffol. Lo gnomo capellone che quella sera era più triste e di cattivo umore del solito, era stufo di stare da solo, così quella sera aveva un muso lungo, lungo.
Corolla camminò, camminò finché non arrivò alla porta della bottega. Era una porta grande, di legno di quercia, bella robusta, l’odore così appetitoso usciva proprio da lì.
Corolla aveva sempre più fame. Così, cominciò a bussare forte perché la porta era pesante e spessa. Ma nessuno venne ad aprirle. Eppure lei era sicura che lì ci fosse qualcuno, attraverso le fessure del legno vedeva una luce. Riprovò, e questa volta, per fare più rumore e non farsi male alle nocche delle dita, prese un sasso. La quercia, sapete, è un albero assai robusto e forte. E come se non bastasse il picchiare del sasso sull’uscio, aggiunse anche la sua vociona: Eilà c’è qualcuno, aprite, aprite!!!
Il povero, triste, solo, e arrabbiato Ciuffol, questa volta sentì. Trasalì, era quasi spaventato. Da tempo, infatti, non parlava più con nessuno e poi chi poteva essere sveglio a quell’ora della notte? Chi poteva cercare proprio lui? Ciuffol si fece coraggio e andò ad aprire, non era convinto che facesse la cosa giusta, e quando non era convinto che una cosa fosse giusta si grattava la testa. Proprio come adesso. Stava salendo le scale, sì perché il pane Ciuffol lo cuoceva nella sua cucina speciale sotto terra. La bottega, infatti, si trovava nel tronco di un albero, una quercia appunto. “Arrivo, arrivo!” – disse Ciuffol. Prese un bel respiro e aprì. Ed ecco lì, nel buio della foresta, illuminata solo dal chiarore della luna e da qualche lucciola peregrina uno gnomo, anzi una gnoma, anzi una bella gnoma. A Ciuffol faceva piacere vedere un suo simile, ma stranamente invece di dimostrare il suo piacere, non si sa come e non si sa perché, lo stesso Ciuffol non lo sapeva, gli uscì una vociona cattiva che tuonò: “Cosa vuoi, non si può mai stare in pace, io sto lavorando e che credi? A quest’ora di notte, poi! Uff!” E richiuse la porta.
Figuratevi la povera Corolla! Aveva una fame allucinante e i rumori della sua panciotta si sentivano parecchio, talmente tanto che Ciuffol che stava riscendendo le scale si chiese che cavolo fosse quello strano rumore! “Mah, sarà qualche animale che non conosco”.
Corolla non intendeva arrendersi, la fame era troppa, non ci vedeva davvero dalla fame, l’appetito la rendeva talmente cieca da non realizzare completamente che davanti a lei c’era stato uno gnomo, uno gnomo maschio, uno gnomo carino, capellone ma bellino, quello gnomo, quello che lei sognava e chiamava tutte le sere sulla riva del fiume, quello a cui scriveva lettere d’amore sulle foglie più belle, quello per cui realizzava, con le sue manine bellissime, ghirlande di fiori.
Bussò ancora, bussò come un’amazzone, come una guerriera, non era intenzionata ad andarsene prima di aver assaggiato almeno una trentina di pagnotte calde e croccanti. E mentre bussava pensava proprio a questa cose, alle pagnotte. Il pensiero di trenta panini la fecero bussare forte, ma talmente forte che Ciuffol all’inizio pensò che tuonava, poi che grandinasse, poi che un gruppo di picchi stesse letteralmente trapanando la sua porta. Così tornò al piano di sopra.
Aprì la porta e per poco non si prendeva un pugno in faccia. Corolla, questa, volta non lo lasciò parlare e disse di corsa a voce alta: 30 pagnotte. Voglio tren-ta pa-gnot-te. E appena finì di dire pagnotte, la sua panciotta emise il solito rumore. Ciuffol che aveva una smorfia cattiva sul viso, si sciolse in una fragorosa risata. E Corolla, visto l’entusiasmo lo seguì e rise. Risero e risero, avevano ancora le lacrime agli occhi quando Ciuffol la invitò ad entrare. Scesero giù nella cucina sotterranea del panettiere.
Ciuffol prese subito le pagnotte più grandi, calde e dorate. Corolla non fece altro che aprire la grossa bocca e ingoiarle letteralmente una dopo l’atra. Si abbuffò. Ciuffol aveva preso solo 5 pagnotte, ma Corolla non appena aveva finito la quinta con la bocca ancora piena diceva: “Ancora, ancora!”. Ciuffol ne prese altre 5, ma alla quinta Ciolla diceva: “Ancora, ancora!”. Arrivò davvero a mangiare trenta pagnotte. Ciuffol rimase stupito. Prese un foglio e le fece il conto: sono 8 monete. Ma Corolla non aveva soldi, viveva di frutta e verdura, quella che trovava nella foresta, lei non lavorava, lei si preparava solo per accogliere il grande amore, lo gnomo azzurro. Se avesse lavorato come si sarebbe accorta dello gnomo azzurro? Lui sarebbe arrivato proprio mentre lei era andata a fare una fotocopia o a spedire un fax. Così disse: “Mi dispiace, ma non ho soldi per pagarti”. Ciuffol, invece di dire “mi basta la tua compagnia, sai sono sempre solo”, andò su tutte le furie. Così Corolla, che con la pancia piena riusciva a pensare meglio del solito, disse: “Possiamo fare un baratto: io nella mia borsa ho delle bellissime ghirlande di fiori che tu puoi vendere ai tuoi clienti e poi ho delle lettere bellissime, lettere che tu puoi leggere la sera, mentre aspetti che si cuocia il pane”. A Ciuffol non sembrò un cattivo scambio così accettò.
Le ghirlande di Corolla furono molto apprezzate. In ogni sacco di pane Ciuffol ne metteva una. Ora in ogni casa del villaggio appesa alla porta c’erano le bellissime e coloratissime ghirlande di fiori di Corolla. “Il villaggio ora ha un’aria così allegra!”. Pensava tra sé Ciuffol mentre tornava a casa. Ma ciò che davvero gli scaldava il cuore, almeno cominciava a scaldarglielo, erano le lettere di Corolla. Mentre metteva a cuocere il pane, si sedeva su uno sgabello ancora con il grembiule addosso e alla luce di una candela leggeva. Leggeva parole gentili, parole dolci, accoglienti, parole d’amore. Era come sognare ad occhi aperti, quasi quasi cominciava a credere che quelle parole fossero destinate a lui.
Corolla, come al solito, andava sulla riva del fiume e raccoglieva fiori per realizzare ghirlande e raccoglieva foglie per scriverci sopra bellissime lettere. Ghirlande e foglie letterose finivano ogni settimana nelle mani di Ciuffol. Eh già, perché ogni giovedì Corolla andava nella bottega di Ciuffol a rimpinzarsi di pagnotte. In cambio delle leccornie gli portava le sue creazioni. Ad ogni baratto, però, i due avevano cominciato anche a parlarsi, a raccontarsi delle storie, a farsi grasse risate. Insomma si facevano compagnia! E pian piano Corolla, mentre era sulla riva del fiume a scrivere le sue lettere, si accorse che mentre scriveva pensava a Ciuffol. “Che strano!”
Ciuffol d’altro canto, mentre impastava il pane non faceva altro che guardare il calendario e controllare quanti giorni, ore, minuti, secondi e frazioni di secondi mancassero al giovedì.
Come non vi ricordate più cosa succede giovedì? E’ il giorno in cui i nostri due gnomi si incontrano. “Che bello sarebbe se Corolla venisse qui tutte le sere a farmi compagnia! Mi piace il suo appetito e quella bocca gigantesca..ah, ah, ah..che risate!!”.
Intanto nel villaggio accanto, sulla riva del fiume anche Corolla pensava lo stesso: “Uffa, vabbé passeggiare nel bosco, vabbé scrivere lettere e fare ghirlande…però non sarebbe più bello andare a trovare Ciuffol tutte le sere per farmi quattro chiacchiere?”.
Per una strana combinazione di atomi e di pensieri i due ebbero la stessa idea nello stesso tempo: NON SONO PIU’ SOLO! NON SONO PIU’ SOLA!!
Corolla aveva trovato il suo gnomo azzurro, lo gnomo che aveva tanto cercato, quello con cui trascorrere le sue giornate, quello da amare e Ciuffol aveva trovato qualcuno che non dormiva di notte come tutti, ma faceva i suoi stessi orari, qualcuno che lo faceva ridere, che gli faceva provare tenerezza.
Ciuffol allora si strappò il grembiule di dosso e cominciò a correre verso la porta, faceva le scale a due a due. Anche Corolla, lasciò sul prato ghirlande e lettere e corse verso il villaggio di Ciuffol, verso la sua bottega.
I due si incontrarono proprio a metà strada, sul confine tra un villaggio e l’altro…che corsa! Che fiatone!”. Si fermarono uno di fronte all’altro, ma non riuscivano a parlare. Ciuffol faceva dei gesti, ora si passava una mano sulla fronte, come per dire “meno male che ti ho trovata”; ora mostrava il palmo della mano, come per dire “aspetta” e sorrideva, sorrideva felice.
Anche Corolla emozionata come una bambina non era da meno. Nonostante il fiatone continuava a saltellare e a portarsi le mani alla bocca per mandare baci e baci e baci al suo Ciuffol.
“Oh, Ciuffol, oh, stavo venendo da te…ecco, lasciami respirare, ecco sì, ora ce la faccio a parlare”…, ma non ce la faceva. L’unica cosa che riuscì a dire fu “…oh, mi è venuta anche una fame! Mannaggia!” Ciuffol che si aspettava di sentire parole dolci come quelle scritte da Corolla sulle foglie scoppiò a ridere. Così cominciò a ridere anche Corolla, che si accorse di essere stata ben poco romantica. Risero così tanto che finirono con il buttarsi per terra, si sdraiarono con le gambe in aria tanto si sbellicavano dalle risate.
Che coppia!
Da quella sera Ciuffol e Corolla non si separarono mai più. Corolla diventò l’aiutante, anzi diciamolo pure, l’assaggiatrice ufficiale della panetteria di Ciuffol. Ma da quel giorno il pane di Ciuffol, sensibile delle risate, dell’allegria e dell’amore dei due gnomi, divenne molto più buono, tanto più buono che persino qualche fortunato umano riuscì a comprare il pane di Ciuffol. Provate a chiedere al vostro panettiere i bocconcini, se sono croccanti e con una forma simpatica, sono quelli fatti da Ciuffol e Corolla. Buon appetito!

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