Da “Il colpo della strega”

Silvia Roncaglia

Tratto da "Il colpo della strega" - Collana "I Colori del mondo" Città Nuova Editrice 2001

colpo

 

 

 


Il colpo della strega

Collana “I Colori del mondo”
Città Nuova Editrice
2001

 
Immaginate un pino, un cipresso, un melo…
Ma no, di più, molto di più!
Immaginate una casa, una chiesa, un grattacielo…
Ma no, di più, molto di più!
Ma quanto era alta la strega Ranghirò? Beh, se non lo sapete, ora ve lo dirò!
La strega Ranghirò era più alta di un pino, di un cipresso e di un melo; più alta di una casa e di una chiesa, e più alta persino di un grattacielo. Ranghirò era una strega altissima e potente. Ma come mai non ne sapete niente?
Ah, già, questa storia non viene raccontata e nemmeno riferita perché dove è capitata nessuno l’ha capita. E se adesso io la so, è solo perché un nipote di un nipote di Ricciolo a me la raccontò.
Il fatto è che questa storia, che è la storia di una strega potente, è successa in Pomezia, un posto dove la gente alle streghe non ci crede per niente.
E a voi, che ci crediate oppure no, adesso questa storia narrerò.

C’era una volta, o forse non c’era, una strega altissima e potente di nome Ranghirò.
Ranghirò viveva ai confini della Pomezia dove gli alberi di mele fanno pomi grandi come meloni, le terre si ricoprono di ranuncoli grandi come aquiloni e il cielo blu sembra una coppa di vetro soffiato capovolta.
Le terre della Pomezia erano abitate da contadini che conoscevano solo il ritmo antico delle campane e quello ancor più antico delle stagioni, e scandivano il tempo tra il giorno e la notte, le semine e i raccolti, le nascite e le morti. Gente semplice e concreta che credeva che dall’uva si fa il vino, che in nove mesi si fa un bambino, che per i topi ci vuole un gatto, ma che alle streghe – figurarsi! – non ci credeva affatto.
Sì, certo, i bambini della Pomezia giocavano a strega in alto, a strega comanda colore e a strega impalata.
Sì, certo, le mamme della Pomezia dicevano a figli e figlie “Teresa, sei cattiva come una strega!” e “Se non mangi la minestra, Tommaso, entra una strega dalla finestra, e prima si mangia tutta la minestra e poi ti rosicchia anche il naso!”
E certamente i nonni della Pomezia raccontavano ai nipoti fiabe piene di streghe e stregoni, di magie e di pozioni… ma insomma, nessuno in tutta la Pomezia credeva veramente alle streghe.
E questa faccenda non piaceva affatto alla strega Ranghirò che, alta com’era, dai confini della Pomezia abbracciava con lo sguardo l’intera regione e vedeva le mele grandi come meloni, i ranuncoli grossi come aquiloni e tutta quella gente felice e sorridente convinta che le streghe non esistessero per niente.
E così un 21 marzo, appena le campane di ogni campanile della Pomezia si misero a suonare per salutare l’arrivo della primavera, Ranghirò stese il suo lungo braccio ossuto su quelle terre, aprì la mano come un grande ragno nero e trasformò quei rintocchi buoni in cupi rimbombi di tuoni.

Aprì la lunga mano Ranghirò
e il sole, alto nel cielo, s’oscurò
ed era così grande e così nera
che in pieno giorno già sembrava sera.
Qualche magia tremenda biascicò
e i fiori in rovi e ortiche tramutò,
le mele fece gialle ed avvizzite,
seccò le verdi gemme della vite.
Sputò una nebbia gelida ed opaca
e la Pomezia ne fu circondata:
giallastra come il latte ch’è cagliato,
si stese su ogni colle e su ogni prato.

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