A sciacquone rubinetto risponde

Guido Sperandio

Il Sindaco annunciò: “Nella nostra splendida metropoli sorgerà l’edificio più avveniristico del mondo”.
Seguì immediatamente l’eco trionfale dei giornali e per il progetto furono chiamati i più celebri architetti. Fra questi, uno famoso per avere costruito ghiacciai all’Equatore.
Alla fine l’edificio apparve.
Dopo la piramide di Cheope in Egitto, era decisamente la costruzione più grandiosa.
Conteneva 1936 uffici, supermercati e ippodromi.
Fu battezzato “Building 3000”. Chiamarlo “2000” sarebbe stato castigarlo. Ridurne l’importanza. Toglierli un millennio di anticipazione sul futuro.
L’aria, dentro, era condizionata, pastorizzata, ossigenata e profumata alla violetta. E qualsiasi cosa tu volessi, bastava premere un bottone.
I telefoni? Non servivano.
Per comunicare bastava il pensiero: c’era un impianto dai fili invisibili. Così, se uno doveva dire qualcosa a qualcun altro, dovunque quest’altro si trovasse, metti in America o in Cina, bastava pensare: adesso glielo dico. E nella testa del destinatario le parole arrivavano esatte. Alla virgola.
Tutto era computerizzato, perfino lo sciacquone. Come poté constatare quel tale che, sbagliando bottone, mandò in tilt l’intero impianto che, all’istante, aprì i rubinetti di ogni piano.
Fu così che al primato della più avanzata costruzione, si aggiunse quello (meno invidiabile) della più avveniristica alluvione.

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