Il fabbricante d’oro
C’era una volta una grande città con palazzi e alte mura, governata da un re di nome Alberico. La città era molto bella e vantava grandi scuole in cui si insegnavano tante discipline che allora erano sconosciute a molti. Alberico capì presto che la cultura è molto importante per un popolo e così coinvolse molti giovani anche stranieri a trasferirsi nella sua città.
Un giorno, da una città vicina, giunse uno scienziato, Poseidone, che aveva l’aria piuttosto misteriosa. Era un personaggio davvero strano: sulle sue spalle aveva un mantello ricoperto completamente da placche d’oro e portava con sé una grande sacca che trascinava a fatica perché piena, come lui stesso diceva, di monete d’oro puro. Poseidone, quando arrivò in città, si diresse immediatamente verso il palazzo reale e chiese umilmente udienza al re. Dopo qualche ora, fu accolto nella sala delle udienze, dove sul suo maestoso trono stava seduto il re Alberico. Quest’ultimo osservò incuriosito lo straniero e subito lo interrogò sul motivo per il quale fosse giunto in città. Poseidone, con aria molto umile e gentile, seguitò a dire: “Alberico, io conosco la tua fama. Sei un re valoroso e ami molto la cultura, per questo io ti apprezzo e ti stimo. Io non chiedo molto, solo la possibilità di insegnare presso la scuola più importante della tua città. Vedrai che in poco tempo il nome della tua città riecheggerà in tutta la terra e il tuo nome resterà nella storia per sempre!”. Il re fu davvero incuriosito dalle sue capacità, per questo lo accontentò.
Così, Poseidone si presentò al cospetto degli allievi e iniziò a dire di essere in grado di fare qualcosa di veramente impressionante: trasformare in oro qualsiasi vile metallo. Gli allievi rimasero sconvolti e diffusero velocemente la notizia che, in poco tempo, arrivò anche alle orecchie del re, il quale lo volle al suo cospetto chiedendogli se la notizia era vera. Lo scienziato Poseidone negò. Il re si arrabbiò molto, lo interrogò ancora, ma siccome questi continuava a negare, lo fece rinchiudere nei sotterranei del castello.
Dopo qualche tempo, il re Alarico, fingendosi un prigioniero, si fece rinchiudere insieme a Poseidone e lo invitò a confidarsi con la massima fiducia. Questi, rassicurato, confidò al re di sapere effettivamente trasformare i metalli in oro e spiegò il procedimento che in verità era piuttosto semplice. Alarico si allontanò, poi lo fece chiamare e gli raccontò dell’inganno.
Lo scienziato fu molto contrariato e quando tornò a casa scrisse molti libri sui quali spiegava il procedimento e poi le diffuse nelle case della città. Ben presto, tutti furono in grado di trasformare il metallo in oro e tutti divennero incredibilmente ricchi. Ma con la ricchezza si diffuse la pigrizia, la negligenza e il grano, che nessuno aveva più, divenne così caro che ogni chicco era venduto a peso d’oro. Cosi, a poco a poco non ci fu più grano e la gente moriva di fame. La terra improvvisamente crollò, le mura caddero e la città adesso non è più abitata da nessuno.
La fiaba dimostra che, nella vita, è importante accontentarsi sempre di ciò che si ha e, soprattutto, che non bisogna mai farsi abbagliare dalla luce accecante dell’oro ma guadagnarsi da vivere onestamente con il proprio lavoro.