Natale alla Biblioteca dei Castagni

Pubblicato il 13 Dic 2013, aggiornato il 04 Dic 2017

Francesca Ruggiu Traversi

La neve era caduta per giorni. Maestro Pepe, anziano scoiattolo grigio a capo della Biblioteca dei Castagni, luogo di studio e di ricerca, si trovava nella stanza del vecchio topo Rufo. I due amici stavano guardando fuori dalla finestra. Un manto bianco e vellutato ricopriva tutto: il prato davanti all’edificio, l’orto, i rami dei castagni e il piccolo lago. La neve scintillava sotto gli ultimi raggi del sole ormai al tramonto.
“Vieni, sediamoci a bere una tazza di tè, altrimenti si fredderà” disse Rufo accomodandosi in poltrona accanto al caminetto, dove il fuoco scoppiettava allegramente. Il topo si sfregò le magre zampine e riempì due tazze.
Pepe si staccò dalla finestra e sedette su un largo sgabello di legno. Sorbì la calda bevanda a piccoli sorsi, poi disse: “E’ la vigilia di Natale e di sotto ci sarà un gran trambusto per i preparativi. Forse è meglio scendere a dare una zampa”.
Rufo ridacchiò sotto i baffi. “Lasciamo che siano i giovani a lavorare, noi vecchi godiamoci questo tè in santa pace”.
Ma Pepe era irrequieto e dopo un po’ tornò alla finestra. Vide Solomon, il Gatto d’Oro, chiamato così per il colore della pelliccia, che insieme a tre creature si accingeva a fare un pupazzo di neve. “Guarda Rufo! Solomon, Milo, Greta e Zot costruiscono un pupazzo di neve!” I tre amici, uno scoiattolo, una marmotta e un topo, erano inseparabili, e le loro allegre vocette giunsero fino alla finestra di Rufo, che si alzò e guardò attraverso il vetro. Un istante dopo, sussultò. “Hai visto anche tu Pepe? Un’ombra scura dietro a quell’albero” e indicò il punto con la zampina.
“Hai ragione, anche a me è sembrato di vedere qualcosa” disse pensieroso lo scoiattolo.
Nel frattempo giù in cucina, la topolina Alice, la cuoca, era impegnata a cucinare aiutata dal marito Baffo. I loro tre figli, Squitt, Cacio e Palomina si rincorrevano gridando.
“Per favore, andate a giocare fuori di qui” disse Alice, “o finirete per rovesciare qualcosa!” I tre topolini corsero alla porta, urtando il padre che stava tagliando pezzi di frutta per la macedonia.
Alice infilò due grossi guanti sulle zampine ed estrasse una teglia di biscotti dal forno, quindi squittì forte. Baffo lasciò stare la frutta e si precipitò al suo fianco. “Che succede, ti sei bruciata cara?”
Lei indicò la finestra. “Oh, no” disse con un filo di voce, spaventata. “E’ che all’improvviso ho visto un’ombra scura nella neve”. Baffo si affrettò a guardare fuori, ma non vide nulla, a parte il grosso pupazzo di neve a forma di gatto che Solomon e i tre amici avevano appena terminato.
Quella sera, all’ora di cena, gli studiosi prepararono lunghi tavoli addobbati a festa con candele colorate, festoni argentati e ghirlande di fiori secchi. Poi Alice e Baffo, aiutati dalle marmotte Frassino e Tegola, marito e moglie, e da Verza, topolina rossiccia con occhiali a mezzaluna, portarono in tavola le pietanze: c’erano diversi tipi di sformati di verdure, stufato di mele e patate aromatizzato alla cannella, e dolci e biscotti in gran quantità. Il tutto annaffiato da sciroppo di lamponi e sidro di mele.
Mentre bevevano e mangiavano in allegria, gli studiosi parlavano animatamente dell’ombra scura che tutti, in diversi momenti della giornata, avevano intravisto dalle finestre, domandandosi di cosa potesse trattarsi.
“Non temete, vi proteggerò da qualunque pericolo” disse il Gatto d’Oro, servendosi di stufato.
Al suo fianco, Milo sorrise tranquillo. “E poi ci siamo noi, non è vero amici? Scopriremo di cosa si tratta”.
“Milo ha ragione, potremo fare qualche ricerca” disse Greta, dando una gomitata a Zot, che aveva la bocca piena e non riusciva a parlare. “Sì, slurp, slurp” fece il topo.
Maestro Pepe si alzò dal suo posto a capotavola. “Grazie, figlioli, siete coraggiosi come sempre, ma non voglio che vi mettiate nei guai”.
Quella notte gli studiosi dormirono agitati, continuando a pensare all’ombra misteriosa. Il mattino di Natale si dimenticarono però dei brutti pensieri, e aprirono i regali con esclamazioni di gioia. Mentre venivano preparati i tavoli per il pranzo, Milo, Greta e Zot uscirono all’aria aperta per cercare di svelare il mistero dell’ombra. E restarono di stucco quando videro il loro amico Gracchio, il corvo, apparire da dietro un albero di castagno becchettando un mantello scuro. “Forza, avanti, non ti mangiano mica, sono bravi animali, vieni fuori”.
Un topo di campagna avvolto in un mantello lacero, con una sacca in spalla, si incamminò verso i tre amici. Aveva l’aria affranta. “Mi dispiace, io non volevo spaventare nessuno” disse.
“Chi sei?” gli domandò Milo.
“Mi chiamo Pellegrino e sono un viandante. E’ Natale e mi sentivo solo, così ho guardato dalle vostre finestre. Era bello immaginarsi di far parte della vostra comunità”.
“Saremo lieti di averti alla nostra tavola, entra insieme a noi” disse Greta.
Una volta dentro, Pellegrino spiegò la storia a maestro Pepe, e fu invitato ad unirsi al pranzo di Natale. Si asciugò al fuoco del caminetto e sedette con gli studiosi, assaggiando le squisite pietanze e bevendo sidro e sciroppo di lamponi. E il suo cuore freddo e solitario si scaldò in compagnia dei nuovi amici che aveva incontrato sul suo cammino.