Acquazzone

Corrado Govoni

Da: Poesie (Mondadori - 1961)

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Di nubi grigie a un tratto il cielo fu sporco;
e il tuono brontolò con voce d’orco.
Si cacciò avanti, lungo lo stradone,
carta, foglie ed uccelli il polverone.
Si udiron richiami disperati,
tonfi d’imposte e d’usci sbatacchiati.
Si vider donne lottare in un prato
con gli angeli impauriti del bucato.
Poi seminò la pioggia a piene mani
tetti e vie di danzanti tulipani;
tagliò il paesaggio, illividì ogni cosa
in un polverìo d’acqua luminosa.

Quando si stava inebetiti e fissi
come sull’orlo d’infuocati abissi,
dove il mondo pareva andar sommerso;
il cielo sulle cose era già terso
e nei vetri appannati del tinello
risorrise il paese ad acquarello
sulla campagna dolcemente crespa
ronza la chiesa d’oro come vespa.

Non rimaneva dell’orrendo schianto
che il gocciolio di musicale pianto
della gronda, già buono già tranquillo;
lo raccolse morente il bruno grillo.
Coi tamburini gracili di pelle,
le rane lo portano alle stelle.

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