L’Eroe: La conquista (III)

Angiolo Silvio Novaro

Questa poesia è la terza parte (III) del testo L'Eroe, tratto da "Il Cestello - Poesie per i piccoli" - A. Mondadori (Milano, 1928)

conquista

Leggiamo insieme: L’Eroe – La conquista (III) di Angiolo Silvio Novaro

Aspetta, aspetta, aspetta!
Prima un’incerta vetta,
poi monti azzurri, ombre di rupi, gole,
conche vestite d’alberi, paesi:
l’isola tutta spalancata al sole!
I Mille avidi al bordo
verso di lei protesi
respiravano appena. Un rombo sordo
era nei cuori, quasi un rombo d’ala.
E cadde a un tratto l’ancora. Marsala!

“Italia e Re Vittorio!”
gridò l’Eroe, raggiante
di sopra il suo caval bianco di avorio;
e le schiere dei Mille tutte quante:
“Viva l’Italia e il Re!”.
E l’Eroe tagliò l’aria avanti a sé
con la spada così
che parve un lampo. E attonita si mosse
la legione, brillando al mezzodì
la lunga riga di camicie rosse.

Triste incombeva e squallido il sereno,
e saettava un sole crudo atroce.
Disabitata era la terra e brulla,
arso e abbattuto il fieno.
Non una umana voce,
non un fil d’acqua, una capanna, nulla.
Ma il quarto giorno sopra quel deserto
apparve un colle erto
e in cima un luccichio di baionette:
e il dittatore ristette.

Spararono il cannone
di lassù, con un lugubre rimbombo,
e un fumo avvolse le colonne folte.
Come una messe al vento
s’inclinò la legione
ché ognuno aveva l’animo di cento,
ma il dittatore levò il braccio in alto:
“Viva l’Italia!” replicò tre volte,
e sotto il denso turbine di piombo
spinse i Mille all’assalto.

Monte selvaggio di Calatafimi,
tutto fragrante di ginepri e temi,
spinoso di filiere
di fichi d’India, tremendo a vedere
nella cintura dei sette scaglioni!
Scatenati leoni
parvero i Mille sotto il piombo e il fuoco
montanti a poco a poco
a conquistare con la baionetta
l’ultima aerea vetta!

Avanti, palmo a palmo!
Feriti a morte sparavano ancora,
feriti a morte gridavano: “Evviva!”,
e il sangue a fiotti usciva
dalle ferite, rosso come aurora.
Ma Garibaldi fra il tumulto, calmo,
bilanciando la spada come clava
sulla spalla, saliva in mezzo al velo
dei fiumi e grandeggiava
col cavallo nel cielo.

Avanti, avanti! Il ligure Schiaffino
portava l’orgogliosa
bandiera sventolante nel turchino.
Cadde, e coprì la terra sanguinosa
con la grande persona.
Nessuno disse: “Basta!”
venti corpi gli fecero corona,
venti pugni di forti
si tesero a riprendere quell’asta
sopra il viluppo di morenti e morti.

“Qui si vince o si muore”.
E vinsero i discesi dalle navi.
Grondanti di sudore
guardarono i Borbonici fuggenti.
E il Generale disse loro: “Bravi!
Pugnaste bene per la libertà!
Le vostre spose ne saran superbe!”.
E i Mille riposarono contenti
in cima al colle, là,
sulle soffici erbe.

 

Qui sotto i collegamenti alle altre parti di “L’Eroe” di Angiolo Silvio Novaro:

 

Illustrazione di Domenico Buratti

 

Cestello

 

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