Un gioco felice

Se vi piace questo racconto dovete ringraziare Simona da Tricase (LE) (13 marzo 2022)

Un gioco feliceFelice era un po’ preoccupato. Vedere scorrere tante immagini tristi in televisione lo rendeva un po’ malinconico. Il papà guardava spesso i tg, che parlavano di guerra, di bambini e famiglie in fuga e Felice non poteva fare a meno di guardare e dispiacersene. ”

“Perché non vai in piazzetta, a giocare con i tuoi amici?” aveva detto la mamma. Felice aveva accolto benevolmente quell’invito e si era precipitato in piazza, vicino all’oratorio, dove un nugolo di ragazzi stava giocando. Giocavano a schizzarsi, con le pistole ad acqua e si rincorrevano urlando e sghignazzando. Felice si fermò a guardarli per qualche istante, poi si avvicinò e disse a tutti loro: “Perché non cambiamo gioco? Che ne dite? Prendiamo queste pistole ad acqua, le mettiamo nella raccolta differenziata della plastica, poi ci mettiamo in cerchio, chiudiamo gli occhi e ci immaginiamo in quali altri oggetti possano essere trasformate. Potrebbero diventare dei giochi da distribuire a tanti bambini, soprattutto quelli meno fortunati o tante altre belle cose!”.

Gli amichetti lo guardarono dapprima in modo un tantino sospetto, poi cominciarono a sorridere e si appassionaro a quel gioco un po’ particolare, ma di certo speciale. Ed ecco che quelle pistole giocattolo si trasformarono, sulle ali della immaginazione, nelle cose più svariate e assurde, là dove la loro fantasia riusciva ad arrivare: bambole, giochini, palline, tavolette per il mare, portachiavi, contenitori di cose buone, da mangiare o da bere…e così via… e tanto tanto altro.

Felice era finalmente soddisfatto, tanto che, rientrato a casa, disse alla mamma che era stato molto contento di aver giocato con i suoi amici e poi, guardando il giochino sonoro della sorellina Rufina, disse: “Eh sì che va meglio così ora, piuttosto che prima, quando eri una pistola giocattolo” e i capelli chiari della piccolina gli sembrarono d’improvviso un raggio di sole e tante stelline luccicanti, invece, il sorriso radioso della mamma.

Il giorno dopo, mentre si recava a scuola, Felice si fermò in un campo vicino, a raccogliere una bellissima margherita che, arrivato in aula, donò subito a Svetlana, la sua amica venuta da tempo con un circo, dall’Est; poi aprì il quaderno e scrisse quello che dettava la maestra: “Descrivi da chi è formata la tua famiglia e dove abita”. Felice ci pensò un po’, mentre sorrideva a Svetlana, poi cominciò a scrivere: “La mia famiglia è composta da papà e mamma, poi ci sono io, che sono il maschietto di casa, poi c’è Rufina, la mia sorellina appena nata, Ruben, il mio amato cagnolino, e c’è Svetlana, la mia sorellina del cuore, venuta dall’Est. Ne fanno parte pure i miei amici, con i quali ci divertiamo a sostituire le cose brutte con le belle. Ieri, per esempio abbiamo tolto alla parola armi la lettera r ed è diventata ami. Noi abitiamo in paese, vicino alla piazza, ma io mi sento di abitare in tutto il mondo, perché se ami senza la r diventi fratello di tutti e sei davvero felice”.

La maestra sorrise e si commosse, quando lo lesse, poi sulla porta dell’aula ci mise un foglietto, con su scritto: “Ricordiamoci sempre di togliere la lettera r dalla parola armi”!.

 

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