Alfabeto in rima
Ecco la poesia di Lilly (31 ottobre 2009).
Un triangol piccino
ed un’asta nel mezzo,
guarda guarda un pò qua,
questa è proprio la A.
Verticale una linea
e due piccol pancini
è la B che uso sempre
quando scrivo bambini.
Mezzo cerchio soltanto
ed il gioco è gia fatto,
è la C del mio cane
che mi dà sempre grane.
Or la D ha un gran pancione,
appoggiato ad un’asta,
proprio sempre la uso
per chiamare il dottore.
Elegante e carina,
tre trattini ed un palo,
devo usare la E
per la scritta elefante.
Se la e perde un filo
è una F con la falla,
posso scriver con lei
la parola farfalla.
Se alla c appoggio un tratto
alla curva di sotto,
nella G la trasformo
e la uso per gatto.
Questa lettera H
non m’ispira per niente:
ha un bastone centrale
e due sbarre sorelle,
ma mi serve se voglio
pernottare in hotel.
Vedo un palo lontano,
a chi mai servirà?
Che sbadato/a è la I,
è per scrivere indiano.
Ma soletta così
non mi piace davvero,
ora le appoggio alla destra
una linea, sol una,
è la lettera L,
per la pallida luna.
Due paletti vicini
che si danno la mano,
si trasformano in M,
per far scrivermi mano.
Se due aste io unisco
dalla cima alla base,
facilmente la N
io tratteggio per nave.
Una bocca stupita,
spalancato sul mondo,
un gran tondo è la O
mi diverto saltando
e gridando oplà.
Filastrocca piccina
che diventa carina,
semisfera su a destra,
definisce la P,
per gustare una pera.
Un po’ strana è la Q,
vuola sempre la u,
assomiglia alla o
ma ha una zampa di più.
Se alla p obliquamente
aggiungiamo un trattino,
con la R che vediamo
possiam scrivere ramo.
E’ una lettera strana,
ha due gobbe all’opposto,
è la S per serpente,
un bel po’ sibilante.
Porta un peso la T,
sulla testa ha un trattino,
posso scrivere, certo,
la parola topino.
Uffa, sbuffa la U,
un uncino all’insù.
Un bel po’ più elegante,
similare alla u,
è la V del buon vino,
con la punta all’ingiù.
Siamo giunti al traguardo,
solo una ora manca,
è la Z di zampette,
una, due, tre lineette,
tute prese per mano,
che descrivon percorso,
non lineare ma strano.