Automobilisti

(La meschina commedia-Purgatorio, canto II)

Ecco la poesia di Beppe (28 ottobre 2002).

Di là, nell’altra vita,
chi fu con l’automobile
prepotente e irascibile
sorpresa avrà sgradita.

L’inferno tralasciando
(dei più felloni ustorio)
gli autisti, trapassando,
andranno in Purgatorio.

Lì i penitenti trovano
sezion specializzata;
non appena ci arrivano
auto nuova gli è data.

Mica un’utilitaria
(quelle che vanno a scatti)
ma un’auto miliardaria
che n’escon tutti matti!

“E’ questo il Paradiso!”
gioiscono gli zombi;
angiol dal bel sorriso
gli spiega che quei rombi

di motor senz’uguali
ben presto avranno a noia
chè solo tra i mortali
n’è futile la gioia.

L’anime, non convinte,
si mettono alla guida
e dei piston le spinte
plaudon con alte strida

e neppure s’accorgono
di quei sul marciapiede
ch’a passare si accingono
ove le striscie han sede.

Gli autisti, alla rinfusa,
si gettan sull’asfalto
e presto è già contusa
quell’auto, perde smalto,

così, tra un botto e un salto,
io già qui me n’accorgo,
quell’iniziale assalto
finisce in un ingorgo.

La strada si fa stretta,
il fondo squinternato
ed in più, per la fretta,
il motor s’è bruciato.

Or l’anime nel vicolo
son strette l’una all’altra
in coda, nel pericolo,
trem’anche la più scaltra.

L’adorato veicolo
lasciare non si puote;
l’insultano in vernacolo
picchiando sulle ruote

mentre ‘l spingono avanti
puntandoci le braccia,
sudando come fanti
ch’han vuota la borraccia.

E ‘sta tortura dura
sì tanto che infinita
ormai dà per sicura
ogn’anima smarrita.

La parte prima è questa
di meritata pena
che il Cielo divino appresta
per far giustizia piena

chè poi, di mal in peggio,
l’autiere scorge avante
segnal d’un gran parcheggio
a cui s’avvia sbavante.

Lo schermo a luce bassa
da lungi annuncia già
“Ognun che sopra passa
un posto lascerà.”

Il criptico messaggio
varie domande pone,
ma il zombi, fatto saggio,
a attender si dispone.

Trascorron qui millenni
(in termini terrestri)
d’attesa tra gli affanni
per l’anime or pedestri.

Poi, s’alfine uno molla
uno stallo, che ressa!
Dei catorci la folla
degli ossessi s’appressa

e tra un pugno e una spinta,
urla e maledizioni,
finalmente l’ha vinta
sol un di quei pedoni.

Beh, diresti, è abbastanza
chè gli incauti, qui abbasso,
han subito abbastanza
pena di contrappasso!

No, la storia prosegue.
Dal parcheggio chi n’esce,
senza pausa né tregue,
ora affronta le striscie.

Proprio lì è il Paradiso,
s’attraversi la strada,
pochi metri e t’è arriso,
basta sol che ci vada!

Però, combinazione!,
proprio qui di dolenti,
appen giunte, un plotone
di nuov’anime ardenti

su fiammanti automobili
ora invadono in branco,
tr’ alti fremiti e giubili,
quell’asfalto ove stanco

l’altro gregge s’ammassa
della luce al fanale
che sta a dir che lì passa
il cammin pedonale

per la meta finale
che, pagato lo scotto,
lì t’ accoglierà, uguale
anche se malridotto.

C’è, con tutta evidenza,
manco un ch’alla guida,
ora dia precedenza
al pedone che grida.

Ed è questo il più mesto
e final contrappunto
di chi è posto in arresto
proprio all’ora ch’è giunto.

Mill’altr’anni in attesa
resteranno d’un varco;
sarà l’ultima offesa
prima ch’abbiano sbarco

a quel luogo mirabile
ove a ognun si perdona
pur s’in vita automobile
di sé fece padrona.

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