Il bambino rampicante
Giulio era nato in una famiglia ricca. Suo padre era un procuratore sportivo, si occupava di rappresentare alcuni tra i giocatori di calcio più popolari del mondo, sua madre, invece, lavorava nella moda con alcuni dei più famosi stilisti.
Giulio aveva tutto quello che voleva. Non faceva in tempo a passare davanti a una vetrina e dire: “carino quel maglione” che la mamma glielo comprava, oppure a dire, guardando la televisione: “che bello Eurodisney!” che il padre gli comprava un biglietto e lo spediva subito con un accompagnatore a godersi giornate spensierate tra Minny e Topolino. Le stesse cose succedevano a suo fratello Andrea. Ma, mentre Andrea era felice di poter aver tutto quello che voleva e se ne vantava con i compagni, Giulio era triste, avrebbe voluto possedere meno cose ma avere dei genitori più presenti, che giocassero con lui e suo fratello, che cucinassero e magari che mangiassero con loro a tavola.
“Uffa, non ci sono mai! La mamma non è venuta nemmeno a vedere la mia recita”, diceva Giulio. “Smettila di fare il frignone, doveva lavorare, in cambio però ci ha portato i biglietti per andare a vedere quel film in 3D!”, rispondeva Andrea. “Sì, e allora? Credi che ci porteranno loro? No, c’è la tata”.
A parte l’assenza dei genitori, a Giulio quel tipo di vita proprio non andava giù. Doveva essere sempre elegante, non poteva certo sporcarsi giocando in strada e, mentre sentiva i ragazzi nel cortile del condominio vicino giocare a pallone, lui doveva stare a casa a suonare il pianoforte e imparare l’inglese. “Non puoi giocare con quei bambini, non sono come noi! Tu vuoi diventare come noi da grande?”, gli diceva la mamma, “lavorare con la gente famosa, guadagnare tanto e comprarti tante cose belle? E allora devi fare quello che ti dico.
Impara a giocare a scacchi che domenica andiamo dal conte Piripetti, i suoi figli sono a-do-ra-bi-li!”. Macché adorabili d’Egitto! Pensava Giulio. Erano antipatici! “No, mamma, io non vengo e poi a me non piacciono gli scacchi, preferisco il calcio…”. “Oh, Giulio cosa dici? Tu fai quello che ti dico io punto e basta!” “No, invece! Io sono io, ho le mie idee, i miei gusti, la mia personalità e i miei desideri e vorrei decidere anch’io come trascorrere le mie giornate!”
Le urla fecero accorrere Andrea: “Smettila di fare i capricci. Non hai capito nulla! Se accontenti la mamma poi lei accontenta te!” “Ma a me non importa solo degli oggetti, io vorrei conoscere altre cose, altra gente, altri bambini, vorrei decidere io chi sono i miei amici e quali sono i miei hobby!” “E’ un ribelle! Abbiamo in casa Robin Hood! Oh cielo! Giuseppe, corri, hai in casa un ribelle!”
Il padre di Giulio era molto severo e senza ascoltare nemmeno il bambino, cominciò a sgridarlo e ad elencargli una serie di castighi se non avesse fatto quello che diceva la mamma. “Io dal conte Piripetti non ci voglio venire, a me questa vita che facciamo non piace proprio! Piuttosto che vivere così vado a vivere sugli alberi del giardino!”. “Sì, è facile parlare”, lo provocò Andrea, “ma sai come si dice, tra il dire e il fare… c’è di mezzo il mare”. Giulio, allora, con i nervi a fior di pelle, andò verso la porta: “Vi faccio vedere io, vedrete!”
Scese in giardino e salì sull’albero. I genitori si allarmarono, da principio, ma poi pensarono che non appena sarebbe scesa la sera e Giulio avesse avuto fame, freddo e sonno, sarebbe tornato a casa con la coda tra le gambe. Le 7, le 8, le 9, le 9.15, le 9.30… macché, quel testardo non tornava a casa. I genitori lo supplicarono, ma lui non ne voleva sapere. “Questa è una protesta per tutti i bambini del mondo che sono obbligati a fare cose che non vogliono! Non poserò mai più i piedi per terra!”, proclamò.
I genitori chiamarono i carabinieri, i pompieri, gli psicologi, persino dei pasticceri, ma Giulio non si decideva a scendere. La voce si sparse presto ovunque. Tutti lo chiamavano il bambino rampicante, perché come le piante viveva arrampicato. Presto cominciò a ricevere delle visite: molti bambini gli portavano dei dolci, dei giochi, facevano persino delle partite a palla, o a carte. Lui sull’albero e gli altri di sotto. Era diventato l’idolo delle bambine… presto si fidanzò anche!
Il maestro delle sua scuola andava ogni giorno a fargli lezione e a fine anno venne promosso. Continuò così giorno dopo giorno. Si lavava con la pioggia, dormiva tra gli alberi. Lì appesi c’erano i suoi vestiti, i suoi libri, le sue cose. Si diplomò, si laureò e diventò uno scrittore famoso. I suoi genitori e il fratello, ormai rassegnati, impararono ad accettare la sua scelta e ad essere orgogliosi di lui. Giulio mantenne fede alla sua promessa. Non mise mai più i piedi per terra: si dice che quando era ormai molto vecchio e ammalato, si aggrappò ad una mongolfiera di passaggio e sparì nel cielo azzurro.