Bertoldo del Fiore Vermiglio

Clorinda Nalli - Sales Edizioni (Roma)

Se vi piace questa filastrocca, dovete ringraziare Elisa che ci ha fornito il testo e le immagini (maggio 2021).

Bertoldo del Fiore Vermiglio

Leggiamo insieme: Bertoldo del Fiore Vermiglio di Clorinda Nalli

Tra i verdi rami di un giovane tiglio
nella villetta del “Fiore Vermiglio”
vive Bertoldo, piccolo e bruno,
che odia il mondo e non ama nessuno.

È molto ricco, ha noci, nocciole,
grano, castagne quante ne vuole,
ma tiene tutto bene celato,
con chiavistelli bene serrato.

Dal prato chiamano le margherite:
“Signor Bertoldo… aprite aprite…
c’è il sole d’oro, farfalle a schiera,
tutto sorride: è primavera!”.

“Sciocche, noiose, teste sventate”
grida Bertoldo: “mi disturbate…
chiudo finestre, porta, portone.
Non mi interesso della stagione”.

Le margherite e i botton d’oro
sotto il balcone cantano in coro:
“Guardiamo il sole, giriamo in tondo
all’aria aperta si gode il mondo”.

Mamma Vespina, babbo Vespone,
la coccinella, il calabrone
pregano tutti: “Caro omettino
fatti vedere sul balconcino!”.

La canterina bruna cicala,
con la nuovissima veste di gala,
bussa alla porta della villetta
con l’elegante verde scarpetta.

“Caro Bertoldo, vieni con me
ho la carrozza col tiro a tre,
su presto, vieni, non ritardare
arriveremo in riva al mare”.

Tre paperottoli vivaci e belli
con zoccoletti, sporte ed ombrelli,
dicono: “Scendi Bertoldo amato,
vieni a passeggio con noi sul prato”.

“Insopportabile gente ciarliera
voi mi seccate da mane a sera!”
urla Bertoldo col suo vocione
e il catenaccio mette al portone.

Alla villetta del Fiore Vermiglio
bussa tremante un bianco coniglio
chiede un rifugio per carità,
lunga è la strada, la notte verrà.

“Andate via, non voglio nessuno”
risponde pronto l’ometto bruno
“Il bosco è bello, verrà la luna,
bianco coniglio, buona fortuna!”.

Piange il coniglio, batte il suo cuore
tutte le foglie sono in rumore
insieme dicono: “Che si farà?
Nel bosco grande si smarrià”.

Scendon le foglie ad una ad una
per il coniglio prepara la cuna,
per il coniglio che solo e piccino
chiede un rifugio fino al mattino.

Dalla villetta del Fiore Vermiglio
guarda Bertoldo con fiero cipiglio,
guarda il coniglio che sotto la luna
dorme tranquillo nella sua cuna.

Bertoldo serio, appena è mattina,
nella sua fresca grande cucina
prepara attento il desinare
che tutto solo vuole gustare.

Dalla finestra un’ape festosa
entra e sussurra: “Ho anch’io qualcosa!
Faremo insieme la colazione:
in compagnia starem benone.

Vedi ti porto il miele dorato,
da mille fiori ben profumato,
tu va ad aprire la tua dispensa,
mentre io preparo la lieta mensa”.

“Insetto sciocco, molto importuno,
io non invito certo nessuno”
dice Bertoldo “riprendi il volo,
alla mia tavola voglio star solo!”.

“Avendo tempo, Bertoldo pensa,
scendo sollecito nella dispensa
con un giretto vado a vedere
se sono mature susine e pere”.

Mormora umile una formica:
“Caro Bertoldo ti sono amica,
non mi regali qualche cosina?
Tu sei riccone, io poverina.

Se tu sapessi… ho tre figliole
che non han vesti, né camiciole;
stanno piangendo in un buchino,
presso il cespuglio del biancospino.

Son piccoline, appena nate,
non hanno nulla, sono affamate.
Dammi una pera caro vicino,
una susina, un granellino”.

“Brutta formica maleducata,
nella mia casa chi ti ha chiamata?”
grida Bertoldo “Va’ via di qua
le mie provviste nessuno avrà”.

Con il suo lieve aereoplano,
una libellula vien di lontano
chiede: “Bertoldo del Fiore Vermiglio,
posso fermarmi sui rami del tiglio?

Sono un po’ stanca, vengo dal mare
nella villetta tua, posso entrare?
Dammi, ti prego, ospitalità,
porto saluti e novità.

Presso le rive del “Lago Turchino”
ho visto un bruno tuo fratellino,
visto ho una bionda tua nipotina
che compie il mese questa mattina.

Apri Bertoldo il portoncino,
col mio apparecchio vengo vicino;
reco notizie gentili e care,
non perder tempo, via fammi entrare!”.

“Insetto vano, senza cervello,
turbi il riposo mio tanto bello.
Odio il rumore dell’aeroplano.
Parti all’istante. Vola lontano!”.

Un maggiolino affaccendato
ronzando vola dall’orto al prato,
vede Bertoldo del fiore Vermiglio
e s’avvicina ai rami del Tiglio.

Sussurra: “Amico sono sbocciate
le rose rosse e profumate
le rose bianche, superbe e belle,
lucenti al sole sembrano stelle.

La serenella è tutta in fiore,
il gelsomino è uno splendore,
la bruna talpa inghirlandata
presso la siepe canta beata.

Scendi, Bertoldo, un momentino,
voglio mostrarti il mio giardino;
mio caro amico, vieni, coraggio!
Non sei contento? È maggio! È maggio!”.

“Cosa mi importa del tuo giardino”,
grida Bertoldo al maggiolino,
“non m’annoiare col tuo ronzio,
tu non conosci chi sono io!”.

Rorò povero topo campagnolo
non ha più casa ed è rimasto solo.
Guarda la villa del “Fiore Vermiglio”
tra i verdi rami del giovane tiglio.

Pensa: “Bertoldo mi aiuterà
nella sua casa mi accoglierà”.
Chiama dal basso: “Signore Bruno,
son triste e solo, non ho nessuno.

So far di tutto… ben cucinare,
curare i fiori, l’orto innaffiare;
narrare lunghe belle storielle,
preparar dolci, torte e ciambelle.

Se al tuo servizio mi prenderai
il mio lavoro apprezzerai”.
“Io ti conosco, bestia insolente”
grida Bertoldo “non sai far niente;

sei grossolano e campagnolo,
alla mia casa penso da solo”.
Il verde bruco affaticato
vien di lontano, assai sudato,

benché sia stanco ed abbia sonno
non può tardare, l’aspetta il nonno.
Ha già comprato dall’ortolano
fiori di zucca, chicchi di grano,

dal fruttivendolo susine e pere,
margheritine dal giardiniere.
Ma Bruco Verde, testa sventata,
ha la sua cesta dimenticata:

ansioso guarda tra i rami del tiglio
chiama: “Bertoldo del “Fiore Vermiglio”
la tua valigia mi puoi prestare?
Il vecchio nonno non può aspettare.

Mio caro amico, apri la porta;
per oggi solo dammi una sporta”.
“Io non ho niente, testa sventata”
grida Bertoldo con voce irata

“ritorna a casa, non m’ annoiare,
neppure un cencio ti voglio dare”.
Splende il sole, la passeretta dice:
“Tra questi rami son tanto felice!”.

E il passerotto volando festoso:
“Mi piace questo posticino ombroso.
Faremo un nido resistente e bello
sotto le foglie di questo alberello.

Ci staranno contenti i piccolini!”.
Cinguettano vivaci gli uccellini.
Lietamente si pongono al lavoro
mentre in alto sorride il sole d’oro.

Pagliuzze, ramoscelli, borraccina
ed è pronta la comoda casina.
Bertoldo guarda dal suo balconcino
e dice: “Non vi voglio aver vicino.

Se in poco tempo di qua non sloggerete,
cari sciocchini, ve ne pentirete!
Dirò al vento che spazzi il vostro nido,
e che non senta pietà del vostro grido.

Nessuno intorno a me deve restare,
voglio io solo quest’aria respirare”.
“Cip cip, cip cip” nel limpido mattino
s’è svegliato il nido piccolino.

“Cip cip, cip cip” la passeretta dice:
“Son nati i figliolini, sono felice!”.
Vola il passero lieto e affaccendato
dalla dolce casina al verde prato:

“Cip cip, cip cip, per i passerottini
ci vogliono granelli e moscerini.
Oh caro Bertoldino, ben alzato!
Se tu sapessi… son proprio beato!

Non li senti? Sono tutti a cinguettare,
devo far presto: vogliono mangiare.
E tra poco vedrai che lunghi voli!
Inviteremo pure gli usignoli,

inviteremo merli e fringuellini,
del bosco tutti i grilli canterini!”.
“Non lo sapete, non voglio nessuno”
borbotta serio l’omettino bruno

“non amo i vostri canti, i trilli, il volo!
Tutto m’ annoia, voglio stare solo”.
“Smetti, Bertoldo, quel brutto cipiglio”
mormora lentamente il verde tiglio,

“Ascolta la vocina del tuo cuore.
Non conosci il linguaggio dell’amore?
Pensa che qui son tutti buoni amici
che di farti del bene son felici.

Tu Bertoldo hai una triste malattia:
dai medici è chiamata ipocondria.
Guardati intorno, leva il capo su,
proprio ci tieni a non sorridere più?”.

Lievi le foglie del giovane tiglio cantan:
“Bertoldo del Fiore Vermiglio
esci all’aperto, lasciati curare.
È bello far del bene e farsi amare”.

Bertoldo chiude la finestra in fretta
e si ritira nella sua casetta.
China la testa e pensieroso dice:
“Forse chi è buono sarà pur felice.

Ma cos’è mai questo tremore forte?
È forse è giunta l’ora della morte?
Povero me! M’assale la paura.
Ahi! Non m’ascolta alcuna creatura?”.

Bertoldo piange; il cuor batte veloce,
tutte le foglie levano la voce:
“Ascoltate abitanti del gran prato:
il povero Bertoldo è assai malato.

Dimenticate, amici, ogni rancore,
se non venite Bertoldino muore”.
E giunge presto un passero affannato
col suo camice bianco di bucato,

cinguetta: “Bertoldino sono qua,
voglio donarti la serenità.
Lascia che io stesso metta sul tuo cuore
il dolce fiorellino dell’amore.

Questa notte è sbocciato sol per te:
ed è il gentil “Non ti scordar di me”.
“Come tutto è cambiato! Tutto è azzurro!”
Bertoldo esclama in trepido sussurro.

“Sono completamente risanato
ed il mio cuore alfine s’è destato.
“Sono pentito”, dice ometto Bruno,
“che fino ad oggi non ho amato alcuno,

tutto quello che ho voglio donare
e chi è misero voglio sollevare.
Voglio che qui sia un posto di ristoro
per tutti quelli che vanno al lavoro.

Voglio che sempre possano trovare
un comodo rifugio e il desinare”.

Or diffonde la radio la notizia
ricevuta da tutti con letizia:
“Attenzione, attenzione… Bertoldo s’è cambiato
ed invita gli amici al verde prato:

sul verde prato ombreggiato dal tiglio
dov’è la villetta del Fiore Vermiglio…
sul verde prato che va tutto in fiore
si celebra la festa del buon cuore…”.

Ecco la talpa ornata di viole,
il topolino con il parasole,
mamma Coniglia e le sue conigliette
con le vesti di raso e le scarpette.

Che festa per le strade! Che allegria
fan quelle bestioline in compagnia!
E dietro tutte, strisciano pian piano
i bruchi col lampione veneziano.

Sono già tutti giunti e dal balcone
Ometto guarda con soddisfazione.
Ora si farà un ballo sotto il tiglio
che già diede a Bertoldo il buon consiglio.

Quando il sole è del tutto tramontato
i convitati lasciano il bel prato,
la luna lentamente s’è levata
e i passerotti fan la serenata:

“Cip cip, cip cip, cantiamo lietamente,
il nostro amico è buono finalmente.
Cip cip, cip cip, cantiamo per il mondo,
finalmente Bertoldo ha il cuor giocondo”.

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