Bimbi di Roma antica
Jolanda Colombini Monti - Illustrazioni di Mariapia - Editrice Piccoli (Milano)
Leggiamo insieme: Bimbi di Roma antica di Jolanda Colombini Monti
Tullio, un piccolo romano,
sempre aveva, accanto a letto,
pronto a un cenno della mano,
il fedele suo schiavetto.
Quando Tullio si svegliava,
con prontezza senza pari
lo schiavetto gli infilava
i bellissimi calzari.
“Mia sorella si è già alzata?”
“Sì, padrone. Da parecchio.
Or è poco l’ho trovata
che ammiravasi allo specchio”.
Ecco Licia, la sorella,
con la schiava che l’aiuta.
“Padroncina buona e bella,
Tullio è alzato e ti saluta”.
“Grazie. Presto, mia schiavetta,
sulla nuca fammi i ricci.
Tullio certo già mi aspetta.
Se mi attardo, sono bisticci”.
“Quale nastro, mia padrona?
Giallo? Bianco? Verde? Rosso?”.
“No, l’azzurro che si intona
con i sandali che indosso”.
“Carità per noi, fratelli!”
Giù, nel grande peristilio,
c’erano sempre poverelli
che chiedevano un ausilio.
“Siate buoni, abbiamo fame!
Siate buoni, abbiamo sete!”
Licia dava a tutti pane,
Tullio dava le monete.
“Grazie, amabili fratelli,
della vostra carità”.
Aiutate i poverelli
è una prova di bontà.
Prima ancora di mezzogiorno,
alle terme Tullio andava.
“Sul mio cocchio parto e torno!”
Licia allora lo salutava.
Ed il piccolo romano,
occhio vigile ed attento,
ritto in piedi, briglie in mano,
se ne andava come il vento.
Si sentiva ardito e invitto
pronto a cogliere gli allori
che spettavan per diritto
agli auriga vincitori.
Alle terme, ogni mattina,
si riunivano gli amici
ed intorno alla piscina
discorrevano felici.
“Mente sana in corpo sano”.
La ginnastica, si sa,
fin dal secolo romano,
dà salute a chi la fa.
Alle terme Tullio trova
un compagno in fanciullezza:
“Credi, Marco, il bagno giova
all’igiene e alla bellezza!”.
L’armatura era d’effetto
in quell’epoca guerriera:
elmo in testa e, sopra il petto,
la corazza di lamiera.
Marco, un giorno, da un parente
n’ebbe in dono una speciale
tutta d’oro rilucente,
con gran scudo e lancia uguale.
E da Tullio andó beato:
“Guarda, ammira che armatura!
Pari a quella d’un soldato,
fatta sulla mia misura!”.
Si facevano in quei giorni
lunghi pranzi, gran banchetti
di pregiati vini adorni.
Camerieri, gli Schiavetti.
Adagiati sui divani,
con un gomito al cuscino,
conversavano i romani
del lor tempo e del buon vino.
Con pietanze rare, frutta,
ed un dolce gigantesco,
la serata andava tutta
consumata intorno al desco.
Poi la musica seguiva,
tutti i cuori deliziava.
Dalle cetre proveniva
che una mano accarezzava.
Danzatrici, a tarda sera,
intrecciavan nella stanza
sulla musica leggera,
un’allegra e bella danza.
Tutt’intorno, dai bracieri,
s’effondevan tenui lumi
mentre teneri e leggeri,
vaporavano i profumi.
C’era, infin, la grande arena
dove, in lotta, i gladiatori
si esibivan sulla scena
tra entusiasti spettatori.
Tullio, Marco e Licia spesso
alla lotta eran presenti
e spingevano al successo,
l’uno o l’altro, i contendenti.
Era questo un passatempo,
pei romani, assai gradito
e si dice che a quel tempo
fosse ad altri preferito.
Illustrazioni di Mariapia (Maria Pia Franzoni Tomba)
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