Cometa, la slitta e la scuola di volo
Elisabetta de Michele
Prima parte
Era arrivato il suo primo giorno di scuola e Cometa era molto emozionata. Lì in Lapponia, “Santa’s flight” era l’unica scuola di volo per renne; anzi, penso, in realtà, che sia l’unica scuola di volo per renne al mondo. Riuscire a entrarci non era da tutti: come per Hogwards di Harry Potter, solo le renne giuste ricevevano l’invito. Cometa era felicissima di averlo ricevuto!
Aveva conosciuto le altre sette renne della classe ed erano diventati tutti grandi amici. C’erano: Ballerina, Fulmine, Donnola, Freccia, Saltarello, Donato e Cupido. Cometa era davvero contenta di essere lì con loro, anche se era un po’ lontana da casa. A lezione, le nostre renne studiavano tantissime materie:
geografia, per conoscere tutti i paesi della Terra a cui dover portare i doni; geometria, per imparare le forme dei vari pacchetti, quanto spazio occupavano e se ci passavano dal camino; italiano-inglese-francese-tedesco-finlandese-cinese-russo-spagnolo-portoghese-giapponese-arabo-greco
e tutte le lingue esistenti, per saper leggere gli indirizzi a cui consegnare; matematica, per calcolare il peso sulla slitta, le distanze dalle abitazioni, il numero dei pacchetti consegnati e quelli ancora da consegnare; musica, per far suonare tutti i campanelli della slitta in maniera armoniosa, come una vera orchestra; magia, per riuscire a diventare invisibili agli occhi degli umani, soprattutto agli occhi di chi non crede proprio alla magia, e quindi nemmeno a Babbo Natale; scienze, per riconoscere tutti gli uccelli che si incontravano in volo e per saperne di nuvole, pioggia e stelle guida nel cielo, cose utilissime durante il grande viaggio notturno della vigilia di Natale.
Ma le materie che si studiavano di più, erano certamente: motoria, anatomia della slitta e tecniche di volo. Nelle prime lezioni di volo, ogni renna volava da sola, trascinando in cielo una carrozza così piccola che sembrava una carriola. Era già difficile quello, figurati la vera slitta! Il primo problema da affrontare era quello della nausea: avete presente i vuoti d’aria? Quel fastidio che si avverte allo stomaco volando in aereo quando c’è brutto tempo o andando sulle giostre troppo veloci tipo le montagne russe?! Ecco, quello era ciò che sentiva Cometa, così come anche le altre sue compagne, ogni volta che c’era lezione di volo.
L’istruttore, che la prima volta volava accanto a lei e le volte successive dietro di lei, si chiamava Icaro, ed era una renna molto severa. Se sbagliavi ti faceva tornare indietro e ripartire da capo, un po’ come quando nei giochi in scatola bisogna ripassare dal via. Inoltre Icaro per insegnare bene ai suoi studenti e farli abituare all’alta quota, li faceva volare velocemente, facendogli fare lo slalom tra uccellini, alberi, tetti, camini e pali della luce. Volavano solo di notte, per non farsi vedere e per abituarsi a volare nel buio.
Quindi in realtà la prima prova che dovette affrontare Cometa, prima ancora della nausea, fu il superare la paura dell’oscurità. La superò brillantemente! Ebbe paura soltanto la prima notte, perché in realtà non aveva paura davvero, aveva paura di avere paura e paura di ciò che non conosceva. Paure classiche, che non passano mai di moda. Dopo che lo stomaco si fu abituato a tutte quelle piroette in aria, e prima ancora di poter fare lezione di volo di gruppo in modo da imparare a volare tutte insieme, Cometa e le piccole renne sue compagne, dovevano fare un piccolo esame: un volo sempre da sole ma un po’ più lungo del solito, trasportando una carrozza un po’ più grossa e senza essere accompagnate dell’istruttore. Icaro, infatti, le guardava da lontano su uno schermo e parlava con loro con la radiomobile.
Erano le due di notte e toccava proprio a Cometa. Mentre stava decollano, ripassava a mente tutte le regole studiate e gli insegnamenti dell’istruttore. Ma più ripassava e più sentiva il peso di tutte quelle cose da ricordare; e più sentiva il peso di quelle cose da ricordare, più sentiva il peso della preoccupazione; e più sentiva il peso della preoccupazione, più la carrozza era pesante; e più la carrozza era pesante, più erano guai per lei: non riusciva a volare in alto, né a schivare bene gli ostacoli che incontrava nel suo volo. Ben due volte, infatti, stava per precipitare giù: una nello schivare un grosso gabbiano che volava verso di lei, una nel non sbattere contro la Befana che stava facendo i suoi allenamenti quotidiani di scopa volante, visto che Babbo Natale le aveva regalato una Nimbus 2000 e lei non era abituato a tanta magia e velocità. La radiomobile gracchiò e Cometa sentì la voce di Icaro che le parlava per aiutarla, dicendole queste testuali parole:
“Attenta piccola Cometa: devi cercare di volare leggera: togliti le preoccupazioni di dosso quando sei in viaggio e sarà più facile arrivare a destinazione”.
La nostra renna smise di pensare a tutta quella teoria, libri su libri letti e riletti; e soprattutto smise di preoccuparsi, arrivando persino a smettere di preoccuparsi del preoccuparsi. E così la sua carrozza volò più in alto, con leggerezza, e arrivò alla fine del volo, superando l’esame con ottimi voti.
Anche tutte le altre renne, chi con più difficoltà e chi con meno, superarono quella prova.
Passarono quindi tutte al secondo livello, che per loro era il secondo anno di scuola; in tutto erano tre gli anni di frequenza. In seconda giunsero per loro nuove sfide e nuovi esami da superare, ma questa è un’altra storia e noi siamo giunti alla fine della prima parte del racconto; durante la vostra attesa di qualche giorno per poter proseguire la lettura di questa storia fantastica, vi consiglio di fare tesoro dell’insegnamento imparato, direi piuttosto in fretta, da Cometa e dai suoi amici.
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