Creonte Camaleonte

Giulia Niccolai

Tratta da Pin pidìn, Feltrinelli, Milano 1978

Creonte CamaleonteSugli alberi del Madagascar viveva Creonte Camaleonte,
un gran sbruffone
dall’aspetto feroce e un po’ cialtrone.
Era Creonte quasi un drago, quasi un marziano,
molto più grosso ma pur sempre cugino lontano
delle nostre docili, veloci, lacerte lucertole.

Ma, “sono invincibile”, pensava Creonte compiaciuto
e soddisfatto di sé, tronfio, gonfio di vanagloria,
convinto di passare alla storia.

E immobile, passava tutto il suo tempo da solo,
proprio come un vero drago,
come uno che non dà spago a nessuno,
sempre occupato a enumerare
le molte armi difensive e offensive
sulle quali poteva contare.

“Ho tre corna”, diceva Creonte,
“due in più del rinoceronte”.
“Ho un bel cimiero
come quello sull’elmo di un guerriero”.
“ho più bugni, bozzi, gnocchi IO di una clava”,
si gloriava.
“Sono squamato, bardato, corazzato,
saldo e tenace come un carro armato
e sono anche ben mimetizzato!”.

Era vero.
A suo piacere, secondo il suo volere
Creonte diventava
giallo, rosso, verde o nero.
“Cambio colore
secondo l’umore”.
“Sono introvabile perchè per finire,
posso addirittura SCOMPARIRE”.

E così, lucido e verde come una foglia di magnolia,
o in autunno, quando gli alberi cambiano colore,
rosso e giallo come un pappagallo,
e in inverno, bruno e nero
come la corteccia di un albero di pero,
Creonte Camaleonte, sempre immobile e invisibile
dava la caccia a larve, mosche e zanzare
che per lui erano le squisitezze migliori e più rare.

Sempre immobile perchè a Creonte bastava la lingua.
La sua infatti era una lingua tutta particolare
che non era solo lingua normale ma anceh un elastico
e un lungo braccio e una mano e un cucchiaio
e un battipanni e un laccio.

Anche gli occhi di Creonte erano eccezionali:
gli spuntavano in cima alla testa come due fanali,
ruotavano come torrette di sommergibili
perché per tutti i versi erano dirigibili.

Si è già capito che era brutto,
ma questo ancora non è tutto.
La sua lunga coda arrotolata
che aveva anche una buona presa
gli serviva come una doppia corda tesa
e ben tirata.

Allora Creonte trapezista
da un ramo ruotava, volteggiava, capriolava
come fanno gli acrobati del circo
su in alto, sopra il pubblico e la pista.
Non c’è da sorprendersi perciò
se con tutte queste originalità e singolarità
Creonte si desse grandi arie di superiorità.

Per darsele ancora di più,
in una notte di luna piena,
invece di star giù, in mezzo alle foglie del tè
che gli facevano da letto o da canapè,
Creonte salì su,
su, su, su
fino al ramo più alto
usando, come gradini, le foglie più verdi e di smalto
finché non arrivò proprio lassù
in cima, sul ramo superiore
dell’albero maggiore:
la Magnolia Grande Foglia.

Là si trovò allo scoperto,
senza foglie, senza riparo, sotto il cielo aperto,
a tu per tu con la luna.
Cercò di diventare d’argento, di rifletterla come una laguna.
Cercò di cambiare la sua vita e per farlo
sibilò degli scongiuri, una formula magica e propiziatoria:

Tibilissi fili fissi
profilassi tutta prassi
biribissi fitti passi
sibilitti fiti lissi
tili fatti tili pitti.

Non servì a niente.

Creonte quella notte aveva iniziato la sua scalata tutto nero e invisibile, lassù, riflettendo i raggi della luna diventò come al solito verde, rosso, giallo ma luminoso come un semaforo e visibilissimo al buio.

Fu una fortuna. Nessuno prima d’allora aveva mai visto un camaleonte.

Furono scoperti proprio quella notte e da allora si sa anche che ci sono certe cose che i camaleonti non sono in grado di fare.

 

 


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