Emilia, Donato e l’invasione delle lumache

Francesca Capelli

Da “Io e il mio bambino – speciale 0-14” – Numero Settembre 2007 – Sfera Editore

Era l’ultimo giorno delle vacanze e a Riccione aveva piovuto tutta la notte. Aveva smesso soltanto in tarda mattinata ed Emilia e Donato erano molto tristi. Il giorno dopo sarebbero tornati a casa, ognuno nella propria città: Emilia a Milano, Donato a Modena. Questo significava che per un anno non si sarebbero visti e che la scuola sarebbe ricominciata nel giro di pochi giorni.
C’era davvero poco da stare allegri! E in più ci si era messa la pioggia a rovinare le ultime ore di mare e di bagni.
Le vacanze erano state proprio belle ed Emilia e Donato ne avevano fatte di tutti i colori insieme. A farle erano stati tutti e due, ma a pensarle era stata quasi sempre Emilia. Donato, però, non se lo faceva ripetere due volte quando c’era da mettere in pratica uno dei piani diabolici della sua amica, per la quale provava un’ammirazione sconfinata. E non poteva essere diversamente, visto che una mattina Emilia lo aveva difeso da un gruppo di bambine antipatiche (e racchie), che lo prendevano in giro perché portava l’apparecchio e lo chiamavano “Donato carrarmato” (l’apparecchio in effetti era alquanto ingombrante e vistoso, ma non era un buon motivo per trattare male Donato).
“Beh, che c’è?”, aveva chiesto Emilia alle sue amiche (improvvisamente diventate “ex amiche”), che ridevano di Donato. “Donato ha un apparecchio bellissimo e sull’abbronzatura gli fa un effetto metallizzato stupendo. E quando lo toglierà, avrà dei denti diritti che voi ve li scordate”.
Dopo questo episodio, Donato ed Emilia diventarono inseparabili, fregandosene altamente delle bambine antipatiche e racchie che facevano coretti del tipo “Donato ama Emilia” ogni volta che li vedevano passare insieme. Per questo erano tanto dispiaciuti che le vacanze stessero per finire. E poi ci era messa pure la pioggia. Ora stava uscendo il sole, ma di fare il bagno, quel pomeriggio, non se ne parlava nemmeno, figuriamoci. E con la sabbia tutta bagnata, sarebbe stato impossibile anche fare la pista per le biglie.
Per consolarsi i due amici erano andati a prendersi un gelato cioccolato-nocciola-stracciatella-doppia panna e lo mangiavano seduti su una panchina, nei giardinetti pubblici di fronte alla spiaggia, guardando sconsolati le foglie gocciolanti.
Una lumaca stava attraversando lentamente il vialetto davanti a loro, lasciando una scia argentata dietro di sé.
“Che schifo di giornata”, disse Donato. “Con questa pioggia, giusto le lumache saranno contente”.
Emilia fece un salto: “Che cosa hai detto?”.
“Che con questa pioggia è uno schifo”.
“No, sulle lumache”.
Donato alzò le spalle, proprio non capiva che cosa stesse frullando in testa alla sua amica. “Che le lumache saranno contente”, rispose.
“Appunto, e se sono contente, che cosa fanno?”.
Donato era sempre più incredulo. “E che ne so? Non sono una lumaca. Chiedilo a loro”.
“Scemo”, disse Emilia. “Escono”.
“Chi?”.
“Le lumache, no?”.
Donato non riusciva a seguirla. “E allora?”, chiese, un po’ spazientito.
Emilia lo guardò MOLTO spazientita.
“Insomma, volevo dire che dopo questa pioggia usciranno molte lumache, possiamo raccoglierle e metterle nei nostri secchielli”.
“E cosa ce ne facciamo?”.
Emilia lo guardò ancora una volta, era MOOOOOLTO spazientita. Ma al tempo stesso negli occhi le brillava una luce strana. E allora Donato capì.
Subito dopo pranzo, i bambini si ritrovarono ai giardinetti, armati dei loro secchielli e anche di quelli dei fratelli piccoli. Come aveva previsto Emilia, le aiuole erano PIENE di lumache, di tutte le dimensioni e di tutte le sfumature di marroncino.
I due amici riempirono i quattro secchielli e si incamminarono verso la spiaggia. Gli ombrelloni erano quasi tutti vuoti: erano tutti ancora in albergo o al bar a prendere il caffé, ma avevano lasciato lì asciugamani e borsoni.
“Meglio”, disse Emilia, “possiamo agire indisturbati”.
Nascosero le lumache tra gli asciugamani e nelle borse da spiaggia delle signore (che poi erano quasi tutte le mamme, antipatiche e racchie, delle bambine antipatiche e racchie che avevano preso in giro Donato per l’apparecchio).
“Pensa quando cercheranno nella borsa la crema solare e si ritroveranno in mano una lumaca!”, disse Emilia.
“Possiamo fare di meglio”, disse Donato, con un’aria molto fiera di sé. E bisbigliò qualcosa nell’orecchio all’amica. Per una volta, aveva avuto un’idea anche lui. E che idea…
Con un paio di forbicine fecero dei piccoli tagli sulla stoffa della sedia a sdraio della signora Leopolda Tartaglia, cantante lirica in pensione, nota soprattutto per essere una vecchia grassa e brontolona, che se la prendeva sempre con i bambini quando giocavano “a voce troppo alta”).
A poco a poco, la spiaggia si riempì di nuovo. Le signore erano tornate e si preparavano a prendere il sole, quando una serie di urli, uno più stridulo dell’altro, si levò da ogni angolo della spiaggia.
“Aaaaahhh, che cos’è questo coso viscido?”.
“Aiuto, un mostro striscia sul mio asciugamano!”.
“Accorruomo! Bagnino! Salvataggio! La mia borsa è invasa dalle lumache!”.
Si scatenò un parapiglia e un fuggi fuggi generale. L’unica che non riuscì a scappare fu la signora Tartaglia, benché a lei fosse stata riservata la lumaca più grande e bavosa. Ma quando provò ad alzarsi dalla sedia a sdraio, non ci riuscì, perché il tessuto tagliato aveva ceduto sotto il peso del suo sederone. E così, mentre tutti scappavano, lei era rimasta incastrata nella sedia, con il sedere per terra e un’enorme lumaca che le strisciava su una gamba.
Alla fine, in preda a una crisi isterica, fu salvata dal bagnino (che chiamò a rinforzo 6 colleghi per riuscire a tirarla su, tre per braccio e uno che la spingeva da dietro la schiena).
Emilia e Donato recuperarono tutte le lumache e le riportarono al giardinetto, dopo averle ringraziate e aver chiesto scusa per il trambusto. Si scusarono anche con le signore della spiaggia, ma solo perché furono obbligati dalle loro mamme, che non ci avevano messo nemmeno un minuto a capire chi avesse provocato quell’invasione. Non ammisero mai, però, di aver tagliato loro la tela della sedia a sdraio della signora Tartaglia. E siccome la vecchia cicciona era antipatica a tutti, le mamme di Emilia e Donato fecero finta di crederci.

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