Fiaba di Natale

Questa fiaba è opera di Ivano (4 giugno 2002).

C’era una volta…un bambino molto povero, di nome Mustafà. Per vivere, si adattava a mille mestieri. Faceva le consegne, il lavavetri, il lucidascarpe, e tanti altri mestieri.
D’estate, girava sulle spiagge, vendendo ora fazzoletti e catenine, ora fettine di cocco.
Mustafà non aveva una casa, né aveva mai conosciuto i suoi genitori, ma tutti coloro che lo avevano conosciuto gli volevano un gran bene. Un giorno un contadino gli propose di scendere con lui giù in città. “Vieni, Mustafà!..Ti divertirai.” E Mustafà che non aveva mai visitato una grande città, lo seguì molto interessato ed entusiasta. E rimase strabiliato dai maestosi palazzi che sfioravano il cielo, dal traffico intenso, dalle luci variopinte e da quella massa di gente che camminava freneticamente lungo i marciapiedi, e che neppure si accorgeva di lui e del contadino, seduti in un angolo a vendere caldarroste…
Faceva molto freddo. Natale era ormai alle porte e Mustafà si sentiva piuttosto goffo, quasi minuscolo di fronte a tanta grandezza. Portava un berretto rosso di lana ed una sciarpa bianca al collo, un giubbetto di jeans ed un pantalone a quadri alquanto logoro, con numerose toppe…
Anche le scarpe lasciavano a desiderare. Erano molto consumate e prive di lacci. Stava lì, seduto per terra, rannicchiato vicino al contadino che si scaldava, più che con la brace…suonando la sua inseparabile cornamusa… E il contadino non era dei più prodighi in fatto di beneficenza…Infatti, lasciava che Mustafà mangiasse di tanto in tanto qualche castagna, ma soltanto se fradicia, da scarto, per intenderci…
Ma Mustafà era contento lo stesso e continuava ad intagliare, prelevandole da un sacco, le castagne da mettere sul fuoco. Sorrideva ogniqualvolta qualcuno si fermava ad acquistare un po’ di castagne, e di tanto in tanto, si sfregava le mani, anch’esse color di castagna, come il suo volto ed i suoi occhi da tunisino.
All’improvviso, udì un forte scampanellio. Si girò incuriosito e vide scendere da una slitta, tutta dorata, trainata da quattro cervi, un signore alto, con una folta barba bianca, occhiali piccoli e tondi sul naso, tutto vestito di rosso, cappello compreso…
Mustafà rimase incantato. Neppure si accorse che il contadino, riposti tutti gli arnesi in un sacco, lo stava chiamando per andar via. “E’ tardi, Mustafà! Dobbiamo rientrare…” E intanto si allontanava…
Ma Mustafà sembrava totalmente assente, tanto era preso dalla vista di quella slitta dorata…
“Vai avanti,nonno!” apostrofò Mustafà. (chiamava “nonno” tutti gli anziani che conosceva…) “Ti raggiungerò tra poco,aggiunse”.
Ma non riusciva a muoversi. Quel signore tutto vestito di rosso si diresse verso di lui…
“Bambino, dimmi…dove sono i tuoi genitori? Devo consegnar loro un bel regalo per te” aggiunse.
“Non ho genitori,signore!” Rispose Mustafà “E poi non mi occorrono giocattoli…Io non mangio da ieri sera” aggiunse Mustafà.
A quel punto l’uomo della slitta si commosse ed asciugandosi con la folta manica della giacca una vistosa lacrima, accarezzò Mustafà e disse: “Vieni,salta su…! Non aver paura”. E Mustafà non se lo fece ripetere due volte. La slitta si mosse con un forte sobbalzo e in un attimo si lasciò dietro tutte le automobili ferme al semaforo. Poi si introdusse, quasi pianeggiando, lungo un grande viale alberato.
Lo percorse tutto e si fermò davanti ad una villa da sogno, dove attendevano una decina di maggiordomi in livrea rossa. “Prego, Mustafà…Puoi scendere.Siamo arrivati. Questa è la mia reggia”.
Entrarono e si accomodarono ad una tavola, già imbandita di ogni ben di Dio.
C’erano portate di ogni genere, e frutta e dolci a volontà. Mustafà non credeva ai suoi occhi e quasi si vergognava nel rosicchiare una coscia di pollo arrosto, ripulendola fino all’osso…
Aveva assaggiato solo il pollo, peraltro con le mani ancora sporche di castagne…Gli offrirono una bacinella ricolma d’acqua ed un tovagliolo. E lui prese a bere l’acqua, ritenendo si facesse così…
“Sono sazio” disse “Ora,dove mi porti, nonno?”.
“Ora” replicò il vecchio “andremo a consegnare i doni ai bimbi buoni. E quando avremo finito, se proprio non sai dove andare, potrai venire ad abitare con me…”
“E dove abiti?” chiese Mustafà “Abito molto, molto lontano da qui…Tra i laghi ghiacciati, nelle foreste della Lapponia”. “E ci vuole tanto per arrivarci, nonno?”.
“No, rispose il vecchio. Vedrai che ti piacerà”.
E così dicendo ,lo baciò sulla fronte, accarezzandolo di nuovo. “Dimmi, piuttosto: Mustafà, è il tuo vero nome?”. “Non lo so. Me l’hanno dato gli amici sulla spiaggia…Prima mi chiamavano tutti “Vu’ cumprà…”. E tu,nonno, come ti chiami?….”
“Ah. Quasi dimenticavo…Io mi chiamo Babbo Natale!”.

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