Filastrocca per Margherita

Questa filastrocca ci è stata inviata da Dada (19 maggio 2001).

Nel giardino di Madama Doré,
all’ombra di un albero di pansé,
Margherita mangia e scrive
delle sue ore giulive,
dei suoi ricordi lontani,
delle occasioni sfuggite dalle mani.
Mentre ripercorre col pensiero
quel vecchio e dimenticato sentiero
che la conduce dritta al cuore
del suo dolce, antico amore,
Margherita piange e pensa
alla minestra troppo densa
o al giorno in cui cominciò
il suo lungo viaggio in risciò
quando vide mele viola
e una bambina tutta sola
frugare in un vecchio cestino
alla ricerca del suo destino;
e sentì, fra il chiasso del mercato,
fra mani sporche di cioccolato,
un passerotto che cantava su un balcone
e vide un nido costruito in un portone.
Margherita ancora ride
e la noia non la uccide:
ora s’alza e dice al vento
declamando con strano accento:
“Sai, può esser che ti accada
di incontrare per la strada
un vecchio e distinto signore
che ti ferma e chiede – Per favore,
sa dirmi che ore sono? –
e in quel momento senti un tuono,
poi vedi un arcobaleno
in coda a fare il pieno
dei colori della libertà
contando sulle possibilità
che una nuvola senza chedere perché
si tuffi in una tazza di caffè.”
Poi Margherita torna a sedersi
e tenta di scriver versi
ma un sole dispettoso
e forse anche geloso
s’insinua tra il fogliame
fra i suoi capelli biondo rame
per giocare col la malinconia
di un mattino da buttare via.
E’ un luogo già visitato,
un copione mal recitato,
un panino multistrato
un sogno dimenticato
e non chiedere chi è stato
a inventare le filastrocche
mentre mangi le albicocche
nel giardino di Madama Doré,
all’ombra di un albero di pansé…
la farsa è ormai finita
giù la maschera, Margherita!

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