Gugù
Se vi piace questa fiaba, dovete ringraziare Zia Mariù (4 marzo 2014)
Viveva sotto l’ombrello di una vecchia quercia una famigliola di gufi grigi. La mamma si chiamava Gufetta, il babbo Gufotto Gufotti e il piccolino dagli occhi grandi e stralunati si chiamava Gugù. Avevano a disposizione una bella casetta sopra quell’ alberone pieno di foglie e rami alti più del cielo. Tutti intorno gli alberi erano più bassi e da lì si dominava davvero il mondo. Gugù era un gufolino molto curioso e la mamma gli si raccomandava sempre di stare attento perché le insidie c’erano, eccome se c’erano, anche se loro stavano molto in alto. Un giorno gufolino birichino cominciò a saltellare tra i rami, ancora non aveva mai provato a volare e faceva un po’ di prove allungando le sue alette inesperte tra un ramo ed un altro. Ma da sopra un ramo bagnato fece un capitombolo sopra un altro e cominciò a piangere. La mamma andò a riprenderlo borbottando e sgridandolo che era stato troppo imprudente. Ma il giorno dopo punto a capo. Gugù saltellò sopra il solito ramo bagnato e …mammina mammina son caduto! E Gufetta con due battiti d’ali se lo riportò nel nido e lo tenne per un po’ sotto la sua calda ala.
– Non devi esser troppo ambizioso -, gli disse – porta pazienza, ce la farai col tempo! – Vero signora Guferoni?, chiese alla mamma di altri due gufetti che stavano due alberi più in là.
– Oh, sì, Gufetta ha proprio ragione, anche io coi miei Gufolì e Gufoletta ho un bel da fare sa!
– Mammina, cos’è la pazienza e cos’è il tempo? – chiese Gugù curioso. Ma la mamma non gli rispose, chiuse gli occhi e si addormentò, lasciandolo con la sua curiosità.
Il tempo, il tempo, il tempo, pazienza, pazienza – chiedeva Gugù ogni minuto, fino a che la mamma si svegliò con quella cantilena.
– Ma come fai con le orecchie! le disse un giovane picchio da qualche ramo più in giù -.
Rispose: – Ah, son pulcini e bisogna aver comprensione -. E poi spazientita: – E tu come fai a picchiettar tutto il giorno e non sentir confusione nel cervello! disse al picchio la mamma gufa.
E il picchio se ne volò più in là indispettito a martellar un nuovo buco.
Gufetto era diventato un batuffolo di piume grigie delizioso e un giorno se ne stava nella penombra quando gli svolazzò vicino una farfallina. – E tu chi sei? – le domandò.
– Io son Lalla la farfalla! – e gli svolazzò sopra al becco curvo. Lui con la zampetta si grattò divertito mentre guardava Lalla allontanarsi e cominciò a ripeter saltellando: farfalla, farfala, farfalla.
Il giorno a seguire un nuvolone nero rimase impigliato alla vecchia quercia. Gugù goffamente gli si avvicinò e da curioso come era gli chiese cosa stesse facendo lì fermo. – Ah,piccolo mio – rispose – sono così stanco che mi voglio riposare un po’ – e tossì. Ma tossì così forte che gli fece fare un salto che lo fece cadere dal ramo. La mamma allarmata dai suoi pigolii uscì e quando vide il nuvolone chiamò il vento perché lo spostasse. Il vento Matteo stava riposandosi in fondo alla valle, spaparazzato in mezzo ai ciliegi fioriti e in men che non si dica salì la collina e: issa, issa, issaaaa, spostò il nuvolone grasso in mezzo al cielo, con le altre nuvole pronte per la pioggia. Altri due colpi di tosse forte e giù tante goccioline di acqua allegre e fresche sui prati. Dopo qualche ora, a notte fonda, Gugù con la sua mamma uscirono dal nido, per fare le prove della vista e dell’udito. E’ risaputo da tutti nel bosco che i gufi di notte hanno la vista e l’udito molto sviluppati e per questo tutti gli animaletti stanno molto attenti, specialmente i topolini. Gugù rimase abbagliato dalla palla di cera che illuminava il cielo. Mammina cos’è quella cosa luminosa là ? – E’ madama Luna Gugù ,vedrai essa diventerà tua amica! – Ma come faremo a giocare se è lassù, potrò andare a casa sua a trovarla? domandò felice il gufetto. – No, non ho detto che potrai andare a giocare su da lei, lei ti aiuterà nei tuoi giochi da grande, solo questo! -. Si era fatto tardi e rientrarono nel nido sbadigliando.
Un pomeriggio arrivò mamma Guferoni coi suoi piccoli. Oh signora Gufetta che bella vista che ha lei da qua, un vero paradiso. – Oh sì, davvero bello – rispose -, con mio marito ci siamo impegnati molto e ora ne siamo felici, specialmente per Gugù che sta imparando a volare. Ma oggi anche lei coi suoi piccoli potrà beneficiare di questo incanto – e le due mamme gufo cominciarono ad insegnare ai piccoli a volare. – Forza ragazzi, tutti in fila, cominciamo le prove, ma attenzione a come vi fermate!-
Gugù prese di mira un ramo e viaaaaaa… – Oh mammina, sto volando, ma non so come girare, mammina aiutoooooooo! – e badabam, contro delle foglie. La mamma gli volò incontro e lo consolò: -Su, su che non è successo nulla!-. Gufoletta, la più piccola del gruppo, stava per prendere il volo quando era rimasta solo sul ramo e vide tra le foglie due occhi verdi e gialli! Se ne accorse anche la sua mamma e cominciò a chiamarla.- Scappa Gufoletta, vola, vola piccola mia, è il gatto selvatico, il nostro acerrimo nemico, fuggi, fuggi! -. E la gufetta prese con un respirone tutto il coraggio che non aveva e si lanciò ad occhi chiusi e cadde tra le ali della sua mamma. Il vecchio gatto rimase a bocca asciutta sul ramo ad affilarsi le lunghe unghie. – Ah, l’hai scampata bella piccola mia, ma sei stata coraggiosissima! -. E anche gli altri gufetti le si fecero intorno acclamandola. Evviva evviva Gufoletta!
Da quella sera dovettero tutti cambiare alberi. Arrivarono sfiniti sopra un campanile e i piccoli si accoccolarono sotto le ali delle loro mamme.
– Signora Guferoni, io e il mio piccolo riprenderemo il volo domani mattina presto, per questo la saluto già da ora
– Buona fortuna mamma Gufetta, buona fortuna, noi ci fermeremo qui -. E si addormentarono tutti.
Verso le sette del mattino mamma e Gugù erano già lontani dal vecchio campanile. – Mammina ho tanta fame – disse Gugù. E si fermarono a fare una bella colazione di grilli freschi in un prato, tra i fiori colorati .- Mammina mi piace questo posto perché non rimaniamo? chiese il gufetto.
– Gugù,stai diventando grande ed è l’ora che tu te la cavi da solo, io ritornerò alla vecchia quercia dal babbo – gli rispose.
Gugù rimase in silenzio, per un po’, poi fece un sospiro si nascose dentro un buco di un albero e si addormentò e nel sonno udì solo un piccolo schiocco in mezzo agli occhi e “ciao piccolo” della mamma. Al mattino dopo la mamma se ne era volata via. Per tutto il giorno Gugù pensò alla sua mamma, ma al calar della notte allungò le sue belle ali grigie e marroni, sgranò gli occhi e si lanciò a catturare un topo, il primo della sua vita e pensò: me la caverò!
Qualche sera dopo, leggermente illuminato da madama Luna, se ne stava in silenzio con un occhio aperto e uno chiuso, le orecchie tese e ad ogni minimo rumore girava il collo, qui e là.
HUUU huuuuhhh, udì. Sgranò gli occhi e attraversò con l’acuta vista il bosco. Quella stessa notte incrociò i due occhioni gialli di Gufina e non si sentì più solo!