Il Carnevale Felice
Se vi piace questo racconto dovete ringraziare Simona di Tricase (LE) (20 febbraio 2022)
Felice era un po’ preoccupato; la gente intorno a lui sembrava aver perso l’entusiasmo, nonostante fosse arrivato il Carnevale.
“Mamma, quest’anno non farai le frittelle di Carnevale, quelle buonissime e decorate, che facevi ogni anno?” chiese alla sua mamma il bambino deluso. “Non lo so Felice, vedremo… in fondo quest’anno non ci saranno le sfilate, le recite, i travestimenti buffi o classici… a che servono i dolci tipici? Neanche papà me le ha chieste, nonostante sia un golosone. Vedremo!”.
Felice aveva chinato il capo, in segno di resa, anche se nel suo cuore ancora covava la speranza. Aveva quindi raggiunto in piazza i suoi amici, che tiravano calci ad un pallone e aveva detto loro: “Ehi che ne dite se ci travestiamo da fantasmi, come ai vecchi tempi, e andiamo a suonare ai campanelli? In fondo è Carnevale!”. Ma i suoi amici avevano risposto: “Non ha senso, tanto non possiamo sfilare, abbracciarci, scambiarci le mascherine, tirarci le uova… questo non è più Carnevale. Preferiamo finire la partita e tornarcene a casa, a giocare alla play-station”. E le risposte furono più o meno simili da parte di tutti gli altri.
“Signora Dora, quest’anno non vende le chiacchiere nel suo negozietto?”, “No Felice, mi dispiace caro, ma la signora che me le forniva non è più interessata, preferisce non avere tante occasioni di contatto e io non ho fatto in tempo a organizzarmi e trovare una sostituta”. E così la maestra: “Quest’anno, bambini, non decoreremo la nostra aula con le mascherine colorate fatte da voi, perché è bene esser prudenti e non fare lavoretti di movimento”. Anche la catechista: “Quest’anno salterà il veglioncino di carnevale, cari, perché il nostro salone non è abbastanza grande per mantenere le giuste distanze”. Pure il sindaco aveva fatto affiggere dei manifesti, con su scritto: “Annullato il Carnevale cittadino, con la sfilata dei carri”.
Felice era lì per lì per arrendersi ormai, dopo tutti i tentativi falliti e le speranze disattese. Prese il suo Ruben e se ne stava per andare al parco, quando passò davanti alla Chiesa, dove don Fulgi stava celebrando e diceva alla gente presente: “Non ci arrendiamo mai, mi raccomando, nonostante la chiusura e la diffidenza che forzatamente ha preso il sopravvento ultimamente. Siamo uomini e donne di speranza. Apriamoci agli altri, inventando modi nuovi e alternativi. Apriamo soprattutto il nostro cuore”. Felice sentì un calore nuovo nel suo petto, mentre guardava il dolce musetto nero e marrone di Ruben e la sua coda in movimento e pensò: “Tu sì che sei forte, don Fulgi!”. Tornò a casa, rovistò nell’armadio, trovò un vecchio vestito da Topolino, che gli entrava un po’ strettino e lo indossò, mise una maschera scura, prese un collarino, con su scritto Pluto e lo mise a Ruben; fece dei bigliettini, ci scrisse qualcosa, poi uscirono. Più di uno li vide girovagare, quella sera, un tenero bambino mascherato e il suo dolce cagnolino, mentre suonavano furtivamente i campanelli, lasciavano una cosa veloci nella cassetta delle lettere e scappavano via. Le persone, che sentivano il campanello, aprivano e guardavano nella cassetta: ognuno di loro vi trovò un bigliettino, in cui c’erano disegnati dei coriandoli colorati con la scritta: “La mia chiacchiera di Carnevale per te: ti dono un coriandolo giallo, perché ci sia il sole nella tua vita, un coriandolo verde, per non perdere la speranza e uno rosso, perché tu possa tenere sempre aperta la porta del cuore!”.
Tutti sorrisero nel leggere il bigliettino e capirono qual era la cosa veramente importante: non tanto i gesti o determinati comportamenti, o le cose fatte in un certo modo, ma solamente la gioia del cuore. A qualcuno scese pure una lacrimuccia, mentre Felice si allontanava con il suo Ruben e gli sembrava di sentire nell’aria finalmente il profumo delle frittelle. Era meravigliosamente soddisfatto per aver vissuto e donato a tutti un davvero Carnevale felice!
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