Il fagiolo magico
Richard Walker
Ahimsa manda questa fiaba (7 febbraio 2002).
C’era una volta un ragazzo di nome Giacomino che, dopo la morte di suo padre, viveva con la mamma in una piccola fattoria. Erano molto poveri e possedevano solo una mucca dalla quale ogni giorno mungevano il latte. Ma, ahimé, arrivò il giorno in cui neanche la mucca fu più in grado di offrir loro qualcosa e così la madre di Giacomino decise di venderla. Se la mucca non poteva fare più latte, vendendola, avrebbero almeno ricavato un po’ di denaro per poter mangiare.
Giacomino si avviò verso il mercato con precise istruzioni per ricavare il più possibile dalla vendita della loro mucca. Non aveva ancora percorso un chilometro quando al margine della strada vide uno strano omino, che rivolgendosi a Giacomino disse:
“Che bella questa mucca!”.
“Sì, lo è!”, confermò Giacomino, “sto andando al mercato per venderla”.
“Dalla a me”, disse l’omino “prendi questi cinque fagioli in cambio. Piantali con cura e loro faranno la tua fortuna”.
Prima ancora che Giacomino potesse rispondere, l’omino aveva preso la mucca ed era sparito.
Solo in quel preciso istante Giacomino cominciò a pensare di aver commesso un errore. Cosa avrebbe detto sua madre?… Mentre si avviava verso casa sentiva il suo cuore battere forte al pensiero di quello che sua madre avrebbe detto o fatto.
“Come? Sei già di ritorno?”, esclamò sua madre, “quanto hai guadagnato dalla vendita della mucca?”
“Cinque fagioli magici”, rispose Giacomino.
“Cosa? Stai scherzando? Abbiamo bisogno di denaro per comprare da mangiare, come puoi essere stato così idiota da accettare un simile scambio?”.
Detto questo afferrò i fagioli e li gettò fuori dalla finestra e il povero Giacomino andò a letto senza cena.
Il giorno dopo, quando Giacomino si svegliò, vide qualcosa di strano. Nella sua stanzetta filtrava dalla finestra una insolita luce verde. Giacomino corse verso la finestra e cosa vide? Una scena straordinaria… i fagioli avevano germogliato dando vita ad un enorme albero con un lunghissimo fusto che saliva in alto… ma tanto in alto da perdersi nelle nuvole.
Senza farsi sentire da sua madre, Giacomino scavalcò il davanzale e iniziò ad arrampicarsi sul possente tronco perché lui era sicuro che sulla sua cima avrebbe trovato quella fortuna che l’omino gli aveva promesso.
Giacomino saliva sempre più in alto cercando di non guardare mai in basso per non soffrire di vertigini. Giunto in cima vide una lunga strada; vi si incamminò e dopo averla percorsa per diverso tempo si trovo dinanzi ad un castello. Giacomino si fece avanti, bussò alla porta e un’enorme donna gli aprì.
“Scappa via di qui”, disse lei, “mio marito è un gigante e se scopre che tu sei salito fin quassù cercherà di prenderti”
“Oh, per favore, sia gentile. Ho tanta fame. Vorrei qualcosa da mangiare”, implorò Giacomino.
La moglie del gigante ebbe pietà di lui; lo fece accomodare in cucina e gli diede un po’ di pane e formaggio. Il ragazzo aveva appena finito di mangiare quando udì un pesante rumore di passi che si avvicinavano e una voce tuonante che diceva:
“Ucci, ucci,
sento odor di cristianucci.
Che sia grande oppur piccino,
io mi faccio un bel panino”.
“Poveri noi! E’ mio marito!” gridò la moglie del gigante.
“Svelto ragazzo, nasconditi nel forno!”
L’enorme donna impaurita cercò di calmare il marito e lo convinse che stava sbagliando.
“Devi aver annusato l’odore della tua minestra d’avena”, gli disse, mettendo a tavola la scodella del gigante.
Lui grugnì e si sedette a tavola. Quando ebbe finito di mangiare prese alcuni sacchetti dalla credenza della cucina e li rovesciò sul tavolo, facendone uscire diverse monete d’oro. Cominciò a contarle e mentre contava si addormentò.
Giacomino aveva osservato tutto dall’oblò del forno e decise di approfittare di quel momento per salire sopra il tavolo ed impossessarsi di uno di quei preziosi sacchetti di monete d’oro cercando di allontanarsi alla svelta.
Giacomino e sua madre vissero a lungo senza stenti grazie a quell’oro, ma anche quello finì. Allora Giacomino decise di tornare in cima al magico albero.
La moglie del gigante riconobbe immediatamente Giacomino e gli chiese cosa era successo a quel sacchetto di monete d’oro.
“Te lo dirò, se mi fai fare colazione”, disse Giacomino.
La donna lo fece entrare e gli offrì del cibo. Poi si udì ancora quel pesante rumore di passi che si avvicinavano e Giacomino corse a nascondersi. Dopo il pranzo la signora portò a suo marito la sua gallina preferita.
“Deponi le tue uova, piccola gallina”, comandò il gigante, e subito questa depose un uovo puro e luccicante.
Poi il gigante si addormentò.
Giacomino sgusciò fuori dal suo nascondiglio, prese tra le mani la meravigliosa gallina, uscì dal castello e si lasciò scivolare giù per l’enorme albero cadendo sano e salvo nel giardino di casa sua.
La mamma di Giacomino rimase sbalordita dalla preziosa gallina che deponeva uova d’oro.
“Non saremo mai più poveri!” esclamò.
Ma non passò troppo tempo che Giacomino decise di arrampicarsi in cima all’albero magico. Sapeva però che la moglie del gigante non sarebbe stata contenta di vederlo ancora, perciò giudicò opportuno di non farsi vedere neanche da lei. Entrò in cucina mentre la donna era intenta a lavare e si nascose dentro una grossa pentola. Il gigante arrivò e, annusando l’aria urlò:
“Ucci, ucci,
sento odor di cristianucci”
Ma la moglie lo rassicurò come sempre e gli servì il pranzo. Il gigante ordinò poi a gran voce:
“Moglie, portami l’arpa”.
Lei corse a prenderla e l’appoggiò sulla tavola.
“Suona, arpa!”, comandò il gigante, e l’arpa iniziò a suonare dolcemente fino a quando il suo padrone non si addormentò.
Giacomino uscì silenziosamente dal suo nascondiglio, saltò sul tavolo, si impadronì dell’arpa e scappò via. Ma questa volta ebbe una sgradita sorpresa. L’arpa chiamò ad alta voce:
“Padrone! Padrone! Padrone!” e il gigante si svegliò.
Giacomino correva come il vento, ma il gigante, inferocito, gli era subito dietro. Il ragazzo si aggrappò al tronco del grande albero di fagioli, ma così fece pure il gigante, tanto che per il trambusto sembrava di essere nel bel mezzo di una tempesta!
Giacomino saltò a terra per primo, ma anche il gigante stava per arrivare.
“Mamma”, urlò, “corri a prendere l’ascia!”
Presa in mano l’ascia Giacomino iniziò a colpire con forza il tronco dell’albero e, dopo alcuni colpi ben precisi, riuscì a spezzarlo.
Con un grande boato crollarono al suolo l’albero e il gigante, formando una buca talmente profonda che da essa nessuno avrebbe mai potuto risalire.
Il magico albero di fagioli non crebbe mai più e del resto ormai anche Giacomino e sua madre non ne avevano più bisogno perché l’arpa suonava meravigliosamente e la gallina continuava a produrre uova d’oro, quindi nessuno dei due sarebbe più stato povero.