Il Giardino Felice
Se vi piace questo racconto dovete ringraziare Simona di Trecase (LE) (30 maggio 2022)
Era un giorno d’inizio estate e Felice stava per appisolarsi in giardino, tra le bellissime piante e i fiori colorati che la mamma aveva curato con amore, con l’ammirazione del papà. Sentiva il profumo dei fiori e dei frutti che sorridevano dai limoni, dai gelsi, dai ciliegi, trasportato dai caldi refoli estivi, tra il lieto cinguettio dei passerotti e delle rondini in volo.
Mentre gustava i profumi e i suoni, raggiunto da un raggio di sole che faceva capolino tra i rami di una grande quercia, ebbe la sensazione di camminare tra l’erba odorosa del prato. Lo stava facendo davvero? Si mise a camminare, completamente rapito da quel meraviglioso spettacolo che si presentava ai suoi occhi: un bellissimo giardino, pieno zeppo di mille e forse più fiori colorati, dalle inebrianti fragranze, che giungevano alle sue narici, delicatamente e prepotentemente.
“Oohhh, che meraviglioso giardino! Che spettacolare bellezza! È possibile che l’estate ci abbia regalato tutti questi fiori?”. Continuò a camminare tra quelle meraviglie, mentre udiva passi veloci di qualcuno che lo stava inseguendo: si accorse che lo aveva raggiunto il suo Ruben, dal familiare ansimare, lì accanto.
“Andiamo, Ruben, a visitare questo giardino, dove potrò cogliere i fiori più belli per chi amo!”. Si mossero insieme, piano piano, guardando a destra e a manca. D’improvviso Felice si sentì chiamare: “Ehi bambino, ehi …dico a te!”. Felice si voltò di scatto e vide una stupenda rosa gialla che lo guardava sorridendo…era di una bellezza davvero sfolgorante e si stava rivolgendo proprio a lui, parlava e sorrideva.
“Benvenuto nel nostro giardino felice; tutti i visitatori sono i benvenuti qui, soprattutto i bambini”. Felice era talmente emozionato da quella visione e da quelle parole che riuscì solo a balbettare qualche parola. “Ma tu… tu… parli davvero?? “Certo, rispose la rosa, qui tutti i fiori parlan. Non mi dici altro?”
Felice riprese fiato e disse: “Non ho mai visto un fiore più bello di te!”
“Grazie, eppure sai, anche io ho le spine, qualcuno si ferisce pure, quando si avvicina, ma nonostante tutto sono contenta quando qualcuno riesce ad andare oltre le spine e vedere la bellezza, come hai fatto tu! Ti regalerò un petalo, perché ti ricordi sempre del bello oltre le spine”.
Felice sorrise soddisfatto, ricevette quel bellissimo petalo di rosa e se lo conservò nella tasca. Riprese il suo cammino all’interno di quel posto fantastico, quando si sentì tirare la maglietta. “Ma cosa succede?'”, disse, mentre si voltava, e vide di fronte a sé un girasole bellissimo, nel cui stelo si era impigliata la sua maglietta. Si affrettò a liberarsene, mentre il girasole gli diceva: “Grazie bambino per avermi liberato”
“Di nulla, signor girasole, e complimenti per il tuo bellissimo colore”. “Per ringraziarti della tua gentilezza” rispose il fiore giallo “voglio farti dono di un mio petalo, così potrai ricordarti che, quando sei triste, ti basterà guardare il sole, come faccio io, e tornerai allegro e solare come me”. Il bambino afferrò il petalo, lo conservò nella solita tasca e si allontanò lentamente, allegro e gioviale.
In fondo ad un vialetto, subito dopo la fontana, incontrò tantissime orchidee, dai colori più svariati, che trasmettevano al cuore una sensazione di gioia infinita. “Come siete belle, sembrate veramente le dee dei fiori”. Una di loro prese la parola e disse: “Lo sai perché siamo belle, bambino? Perché c’è qualcuno che si prende amorevolmente cura di noi, un giardiniere misterioso, che ogni anno, con pazienza, cura il terreno, innaffia… e noi diventiamo sempre più belle, perché ci sentiamo amate. Prendi qualcuno dei nostri petali, caro, per ricordare sempre che l’amore colora il mondo'”.
Felice si sentiva battere forte il cuore, mentre stringeva i petali delle orchidee e riprendeva a camminare. Si guardava intorno sempre più ammirato, finché non fece una sosta preso un orticello; da una parte si intravedeva una piantina grassa, che pensò di regalare alla sorellina Rufina e dall’altra, in un’aiuola, alcuni piccoli, impercettibili germogli.
“Ciao. Tu che fiore sei?'”
“Sono una dalia’, rispose. “Ma non sei come gli altri, tu?
“‘Oh, sì. presto lo diventerò, forse anche più bello”
“E di che colore sarai?”
“Di un meraviglioso colore pastello, più bello di quello di qualsiasi artista della terra, ma bisogna saper attendere..intanto ti faccio dono di un po’ di questo terriccio, in cui sono piantata, perché ti rammenti che, per le cose belle, bisogna saper attendere, perché l’attesa appartiene all’amore. Anch’io attenderò il tuo ritorno, se vorrai ammirarmi, quando il mio fiore spunterà ‘.
Felice era pieno di gioia, nella tasca vuota ci mise un pugno di terra della dalia e richiuse gli occhi, per immaginarsi il colore di quel fiore gentile. Quando li riaprì si trovava di nuovo nel suo giardino; vide la mamma che, con Ruben, si aggirava tra i fiori; Felice sorrise, prese il libro che stava leggendo, lo aprì, ne sfogliò le pagine e trovò un petalo di rosa, uno di girasole, i petali delle orchidee. Sentiva di nuovo quella fragranza inebriante, mentre con la matita annotava alcune frasi: Cercare la felicità oltre la sofferenza, guardare sempre il sole, curare, attendere, amare.
Poi si alzò, prese l’annaffiatoio e lo versò sul terriccio di una pianta, senza ancora nessun fiore, mentre la mamma da lontano gli diceva: “Bravo, Felice; hai fatto benissimo, perché lì, tra poco, spunteranno finalmente delle bellissime dalie!”.