Il lino

L

C’era una volta Gino, una pianta di lino fiorita. Si era coperta di corolle celesti leggere come le ali di una farfalla. Il sole l’accarezzava e ogni tanto una pioggerella leggera la rinfrescava, ma gli faceva bene, come fa bene il bagno ai bambini che, dopo, sembrano ancora più belli. “Tutti coloro che passano dicono che è un piacere guardarmi”, diceva Gino, “sono molto cresciuto, e un giorno diventerò una tela altrettanto bella. Come sono contento!”.

I pali dello steccato scricchiolavano in tono ammonitore: “Tu non sai che cosa sia la vita. La tua sta per terminare!”. “Terminare già?”, pensava Gino, “Ah no! Il giorno sorgerà anche domani, e sole e pioggia mi faranno sempre tanto bene!”. Ma la vita di Gino stava per cambiare davvero! Arrivarono nel campo degli uomini che strapparono brutalmente la pianta di lino dalla terra con le radici e la immersero nell’acqua come se volessero affogarla, quindi la passarono sul fuoco come per abbrustolirla! “Non può sempre andare bene”, pensava, “per acquistare un po’ d’esperienza, bisogna pur patire qualche cosa!”.

Ma sembrava che le sofferenze non dovessero finire più! Gino venne battuto, sfilacciato, messo sul filatoio, e in quel vorticoso turbinare non riusciva più nemmeno a raccapezzarsi. “Sono stato troppo contento in passato!” diceva a sé stesso per consolarsi “Bisogna essere riconoscenti del bene che si è goduto, anche se non esiste più!”. E ripeté queste parole fino a quando non fu messo sul telaio e si trasformò in una bianca, magnifica pezza di tela. “E’ strano! Sono diventato una magnifica tela!”, pensò, “I pali dello staccato sbagliavano quando dicevano che la mia vita stava per terminare! Sembra, invece, che incominci proprio adesso.
Adesso tutti si preoccupano per me! Le donne di servizio mi espongono al sole, mi rimuovono e mi voltano ogni mattino quando fanno il letto e perfino la moglie del sindaco ha parlato di me in pubblico affermando che non c’è, in tutto il paese, tela più bella!”.

Finché un bel giorno la tela di lino fu messa sulla tavola di casa, e a forza di forbici e di aghi divenne una bella dozzina di capi di biancheria. “Anche se siamo dodici, possiamo considerarci uno solo”, pensò Gino, “ci sono tante cose importanti, al mondo, che si contano a dozzine! Almeno serviamo a qualcosa. E’ il destino più bello che avessi mai potuto sperare! Ah, che consolazione!”. Il tempo passò e a lungo andare i dodici capi si logorarono. “Avrei potuto durare un po’ più a lungo” pensava ciascuno di loro “ma non si deve pretendere l’impossibile!”. Furono stracciati e ridotti in brandelli e così pensarono che per loro fosse finita. E invece no! Furono portati al macero, sfilacciati, triturati, impastati… e indovinate un po’ cosa divennero? Una splendida carta di lusso, bianca e levigata. “Che meravigliosa sorpresa! Ora sono diventato proprio una cosa nuova e qualcuno scriverà su di me” disse Gino. E infatti sulla carta furono scritte tante novelle che la gente aspettava con ansia perché quelle storie rendevano gli uomini migliori; e questa era davvero una benedizione. “Non avrei mai immaginato che un giorno avrei potuto diffondere fra gli uomini saggezza e consolazione. Quando ero una povera pianticella del campo credevo che la mia vita fosse giunta al suo termine, come dicevano i pali dello steccato e invece ogni mio fiorellino azzurro è diventato un pensiero gentile e duraturo! Ora mi manderanno in giro per il mondo. Chi può essere più contento di me?” si disse Gino.

Invece la carta non fu mandata per il mondo, ma portata in tipografia, dove le parole furono stampate su tanti fogli, riuniti, poi, in libri. “Meglio così” si consolò Gino “io resto tranquillamente a casa, rispettato come una vecchia nonna, e per il mondo vanno le parole che furono scritte sopra di me. Innumerevoli persone, così, le leggeranno!”. La carta fu riunita in un pacco e messa in uno scaffale. “Dopo tanta attività, è dolce il riposo! Posso meditare in pace e chissà cosa mi capiterà!”, si chiese Gino.

Un giorno quella carta preziosa fu gettata nel camino. Tutti i bambini di casa sedettero intorno al focolare per vedere la bella fiammata. Le lingue di fuoco erano alte, più alte della pianticella di lino e la loro luce era bianca e abbagliante, più bianca della candita tela. In un momento tutte le parole dello scritto bruciarono e diventarono incandescenti.
“Adesso salirò dritto fino al cielo” disse Gino. E mille piccole creature invisibili corrispondenti ai fiori del lino danzarono sulla carta che si trasformava in cenere. Le impronte infuocate restavano dove esse avevano posato i loro piedini. I bimbi di casa erano felici di guardarle e cantavano: “La storia è finita…”

Ma le creaturine invisibili dicevano che la storia, come la vita, non finisce mai, ed è proprio questa la storia più bella! I bambini ascoltavano attenti, senza però riuscire a capire il vero significato di quelle parole. Ma che cosa importava? I bambini non possono capire tutto…

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