Il pastore Ambrogio
Sabatino Scia
Viveva una volta, su su in cima ad una montagna lunga e grigia, un pastore di nome Ambrogio che era tanto, tanto buono.
E un giorno, mentre faceva abbeverare le sue pecore ad un ruscello, vide muovere le frasche di un cespuglio e poi sentì un leggero, ma cupo lamento. Impaurito, si avvicinò pian piano e, facendosi spazio con le sue docili mani grosse, vide un cucciolo di lupo ridotto male; lo prese con garbo, poi lo avvolse in un pezzo di panno e lo ficcò per un po’ sotto il suo lungo mantello, fatto di sacchi e funicelle.
Dopo un po’ lo riprese per rivederlo ed il cucciolo di lupo gli fissò addosso gli occhietti malati e pareva che volesse chiedere qualcosa: non aveva mai visto un uomo!
Chissà, forse aveva scambiato Ambrogio per la sua mamma ed aveva forse pensato che i figli fossero fatti in un modo e che le mamme fossero fatte in un altro? Boh, chissà? chissà cosa volevano dire quegli occhietti!
Comunque, Ambrogio, capì o non capì, prese del latte da una pecora bella, lo mise in una scodella e cercò di farlo bere al lupacchiotto. Il cucciolo ne bevve un po’e poi si addormentò nei suoi lamenti che sapevano di latte.
Quel giorno Ambrogio, visto che aveva trovato il lupacchiotto, pensò di portar prima del tempo le pecore all’ovile. Così fece ed arrivò presto in paese e poi, sistemate le pecore, bussò alla porta di casa sua.
“Chi è?”, chiese la moglie.
“Ambrogio”
“Ambrogio? E… come mai così presto qui, Ambrogio?”, richiese la moglie.
“Ho trovato su su in montagna un cucciolo di lupo che miagolava in un cespuglio e per non farlo prendere dal freddo, che è già quasi morto, ho pensato che facevo bene a portarlo qui a casa, che c’è caldo”.
“Un cucciolo di lupo? Ma sei impazzito, Ambrogio? Ma lo sai che quando cresce ti mangia le pecore? perché non lo hai sotterrato? E dov’è che ce l’hai?”.
“Eccolo!”, e lo cavò da sotto il mantello. “Ti piace?”.
“Tu sei pazzo, Ambrogio: un pastore che fa grande un cucciolo di lupo per poi poter vedere le sue pecore mangiate? Sei pazzo, Ambrogio!”, sbraitò la moglie.
“Zitta, per piacere! Io non sono pazzo. Ambrogio non è pazzo!”, disse Ambrogio e continuò: “Per me non è un lupo! E’ un cucciolo. E’ solo un cucciolo. Quando sarà grande diventerà un lupo. Adesso è solo un cucciolo, come tutti i cuccioli di questo mondo fatto di gente scema. E’ piccolo, non lo vedi? Piccolo: non sa neanche di essere un lupo e per questo io non posso ammazzarlo! Ambrogio non può ammazzare un lupo che non c’è. Non esiste, non vedi? Aspetta… guarda, guarda: mi lecca il dito! Tutti gli animali piccoli, figli dei tanti animali del mondo, sono soltanto cuccioli, non hanno identità, capisci?”.
“Ma che dici, Ambrogio? L’i… l’identità? Leggi troppi giornaletti, tu, Ambrogio. Questo è un lupo, che ti mangerà le pecore!”, insisteva a dire la moglie. “Le pecoreee!!!”.
Ambrogio si fece rosso, si arrabbiò e continuò: “Se io, pastore, ammazzassi un lupo… Mai un cucciolo! perché questo lo vedi? è un cucciolo!… la questione è complicata e pare che sto mischiando tutto quanto… comunque lui, il lupo, capirebbe e accetterebbe: legge di natura! Capirebbe anche lui!”.
“Maaa…”.
“Zitta, ho detto, non mi ci raccapezzo più: tutto il giorno lassù in montagna al freddo… Curerò questo cucciolo e quando diventerà un lupo, lo lascerò nel bosco, alle pecore ed ai pastori!”.
Ambrogio aveva tutto chiaro qui, nella mente. Ambrogio era Ambrogio. Era buono. Ecco!
E con amore curò il cucciolo, nonostante tutti, lì in paese, lo prendessero in giro dicendo: “Un pastore si fa crescere in casa un lupo, che poi scuoierà le sue pecore!”. Ma per Ambrogio, quello non era un lupo, era solo un cucciolo! Come farglielo capire a quelle brutte teste di caciotta salata? Ambrogio non sapeva esprimersi bene perché non aveva studiato, ma aveva tutto qui, ben chiaro nella mente, il concetto di “civiltà”! E non sapeva nemmeno che quel suo modo giusto di comportarsi si chiamasse “civiltà”.
Ambrogio era Ambrogio. Era buono. Ecco!
Comunque, Ambrogio allevò con amore quel cucciolo, e quando quello era lì lì per diventare un lupo lo lasciò, piangendo, al bosco, alle pecore ed ai pastori. Eh, si , ai pastori! Quelle chiuse teste di caciotta salata! Ambrogio visse a lungo, più di cent’anni, ma quel modo suo di pensare, mai nessuno glielo tolse dalla testa!
Perché?
Ambrogio era Ambrogio. Era buono. Ecco!