Il Re Travicello
Giuseppe Giusti
Leggiamo insieme: Il Re Travicello di Giuseppe Giusti
Al Re Travicello
piovuto ai ranocchi,
mi levo il cappello
e piego i ginocchi:
lo predico anch’io
cascato da Dio:
oh comodo, oh bello
un Re Travicello!
Calò nel suo regno
con molto fracasso;
le teste di legno
fan sempre del chiasso:
ma subito tacque,
e, al sommo dell’acque,
rimase un corbello:
il Re Travicello.
Da tutto il pantano,
veduto quel coso:
“È questo il Sovrano
così rumoroso?”
s’udì gracidare.
“Per farsi fischiare
fa tanto bordello
un Re Travicello?
Un tronco piallato
avrà la corona?
O Giove ha sbagliato,
oppur ci minchiona:
sia dato lo sfratto
al Re mentecatto,
si mandi in appello
il Re Travicello”.
Tacete, tacete;
lasciate il reame,
o bestie che siete,
a un Re di legname.
Non tira a pelare,
vi lascia cantare,
non apre macello
un Re Travicello.
Là là per la reggia
dal vento portato,
tentenna, galleggia,
e mai dello Stato
non pesca nel fondo:
che scienza di mondo!
che Re di cervello
è un Re Travicello!
Se, a caso, s’adopra
d’intingere il capo,
vedete? di sopra
lo porta daccapo
la sua leggerezza.
Chiamatelo Altezza,
ché torna a capello
a un Re Travicello.
Volete il serpente
che il sonno vi scuota?
Dormite contente
costì nella mota,
o bestie impotenti:
per chi non ha denti,
è fatto a pennello
un Re Travicello!
Un popolo pieno
di tante fortune,
può farne di meno
del senso comune.
Che popolo ammodo,
che Principe sodo,
che santo modello
un Re Travicello!
Nota:
“Re Travicello” in lingua italiana è diventata un’espressione idiomatica proprio grazie a questa poesia. Indica una persona che occupa una posizione importante o una carica ufficiale, ma che non ha autorità o capacità sufficienti a esercitarne il potere. È usata in senso dispregiativo.
Si adatta benissimo al governo attuale
Corso e ricorso dèi tempi! Insom
Corso e ricorso dei tempi.
Il senso comune del popolo ammodo, qualora si riesca a comprenderlo, crea spesso imbarazzo perché rappresenta il valore di una comunità che ci comprende e ci identifica. “ogni popolo ha il governo che si merita”
La nota finale non ha senso: “Re Travicello” è diventata un’espressione idiomatica proprio grazie a questa poesia. Magari sarebbe stato meglio spiegare le circostanze storiche che hanno portato a questa composizione satirica.
Giuseppe Giusti voleva riferirsi al Granduca Leopoldo II di Lorena. Una satira che, a mio parer, il Granduca non meritava, perché non era affatto un inetto, ma si era invece dimostrato un sovrano capace e illuminato.
Bellissima e molto attuale, un piccolo grande poeta Giuseppe Giusti