Il viaggio di Carnerone
Giannina Facco
Tratta da: I libri del come e del perché - Ed. Il Libro del Mondo (Roma)
Leggiamo insieme: Il viaggio di Carnerone di Giannina Facco
L’ippopotamo Carnerone
disse un giorno tra sé e sé:
“Oggi piglio il torpedone
vado a prendere il caffè
dagli amici in città.
Bello è stare in società”.
S’aggiustò cravatta e colletto,
s’infilò il panciotto più gaio
e svelto, svelto succhiando un confetto,
senza avvertire il portinaio,
spingi tu che spingo anch’io
parti gridando: “Addio! Addio!”.
Ma quando scese in piazza del Duomo,
tutto allegro come un fringuello,
gli disse un vigile: “Galantuomo,
sta bene attento: faccio un macello
se non conosci le norme stradali.
Te ne intendi di segnali?
Se non vai sui passaggi zebrati,
se dei semafori ignori i colori,
se fai movimenti sbagliati,
pancione mio, son dolori:
t’appioppo una contravvenzione
e magari finisci in prigione”.
L’ippopotamo rimase male.
Si guardò intorno pieno di sgomento,
e poi disse: “Caporale,
me ne scappo più svelto del vento.
Senz’amici, senza caffè,
torno a casa. Ahimè! Ahimè!”.
Con un cupo brontolio
il povero bestione
spingi tu che spingo anch’io,
risalì sul torpedone,
disperato e poi piangente
con una sporta piena di niente.