Il villaggio dei lombrichi
Se vi piace questa fiaba, dovete ringraziare Lella (15 dicembre 2013)
C’era una volta un villaggio di nome Lombrichetto, si trovava nelle fonde zolle di una collinetta appena sotto il bosco, gli abitanti erano lombrichi molto operosi.
Il centro, raccolto in una manciata di terra, aveva le strade pulite e nessuna scritta sui muri, era ben tenuto sia dagli abitanti che dall’amministrazione comunale.
La vita nei cunicoli sotterranei non conosceva soste, il tempo non era scandito dal giorno o dalla notte, quindi ad ogni ora si poteva andare al ristorante, magari da Luisa, una lombrica grassoccia che, se non era ai fornelli, stava sull’uscio della sua cucina. Cercava refrigerio agitando vicino al muso il grembiule maculato dagli schizzi di sughi di sua invenzione.
Al villaggio i suoi piatti erano molto apprezzati, come pure i prodotti di Massimiliano l’ortolano! Ogni giorno da lui si potevano trovare gustose leccornie: dalle radici sottolio ad insalate d’ogni stagione, non mancavano mai croccanti sassolini da sgranocchiare o larve in conserva, e poi bucce di frutta macerata e bacche appassite. Certo che se dopo una grande abbuffata si faticava a smaltire le irresistibili delizie, si poteva fare una capatina da Piera l’infermiera. Lei con un cucchiaio del suo rosolio riusciva a guarire sia le indigestioni che i raffreddori dei lombrichini; molto amata nel paese era anche una lombrica ostetrica e metà della popolazione era stata aiutata da lei! Era un po’ all’antica e piuttosto che usare il pullman, si spostava pedalando su una biciclettona, alquanto arrugginita, che la portava sempre a destinazione.
Lombrica Maria era la titolare di una fornitissima cartoleria, in una bacheca teneva la raccolta delle figurine dei “lombricatori” sin dalla prima edizione, ne andava fiera perché le aveva ereditate dal suo trisavolo che era stato un campione a livello mondiale.
In questo bellissimo paesello non poteva mancare il più vecchio lombrico della comunità, una figura simbolo, un esempio di solerzia per le nuove generazioni: Pinetto, questo il suo nome, la pelle scura e un poco ruvida dovuta al duro lavoro, conosceva a menadito tutte le viuzze del labirinto sterrato. Era un artista nello scavare gallerie lunghe anche fino a quattro metri, strisciava e inghiottiva terriccio comprese foglie e semi. Setacciava tutta la terra che gli passava dentro e il beneficio di tanto lavoro era a favore del contadino che si ritrovava il campo più soffice, leggero e fertile, in grado di ricevere più aria e acqua, producendo frutta e verdura con risultati eccezionali.
Alla scuola mancava un insegnante che sapesse tramandare l’arte lavorativa, conoscitore della storia lombrica, con lezioni teorico pratiche e astuzie che salvaguardassero anche da eventuali pericoli.
Egli impersonava perfettamente quel ruolo e i suoi compaesani lo elessero “maestro” dei lombrichini che si apprestavano a divenire adulti.
Pinetto, un tantino emozionato, accettò di buon cuore il suo nuovo impiego e il primo giorno di scuola aspettò premuroso l’arrivo del lombribus capeggiato da un nonno seguito da una scia di lombrichini che, orgogliosi, indossavano davantini gialli che li distinguevano da quelli rosa del lombrasilo; non appena gli scolaretti lo videro si agitarono in saluti e in una “ola” di benvenuto.
Una volta giunti in classe e comodamente seduti per terra, il nostro amico iniziò la lezione:
“Piccoli miei, oggi vi guiderò oltre il nostro confine, sarà una passeggiata piacevole, molto istruttiva anche se non apriremo nemmeno un libro. Prima, però, vi voglio raccontare una storia vera …
Tanti anni fa conobbi il Fisarmonica così chiamato perché suonava alle sagre, era un ottimo carpentiere che spesso incontravo per motivi di lavoro. Diventammo amici e ogni tanto andavo a trovarlo in periferia dove lui abitava, con la sua numerosa e bellissima famiglia, in un’accogliente tunnel.
Ma un giorno, una ruspa di quelle di ferro, gialle e con lunghi lunghi denti appuntiti, si portò via gran parte del suo mondo. Le zolle di terra ricca di azoto, fosfati e potassio, vennero pressate dentro a sacchi plastificati che furono ammucchiati e messi in vendita, sul retro del negozio del Consorzio.
Per fortuna, quello che conteneva lui e tutti i suoi cari, fu subito acquistato da una signora che doveva rinvasare le viole nel giardino di casa.
Fisarmonica non si diede per vinto e ricostruì tutto al di sotto delle profumate radici…però la famigliola era comunque straniera e in quel posto non conosceva davvero nessuno! Col passare del
tempo uscirono dalla loro abitazione, si incontrarono coi nuovi vicini che li accolsero con calore unendoli al gruppo della fattoria “Lombretta.”
Pinetto si allungava e si accorciava su e giù per la classe mentre cercava di esprimere al meglio tutto l’amore che provava per il lavoro nei campi e il grande rispetto per la terra.
“Vorrei quindi portarvi in quel luogo dove il vivere è sicuramente diverso dal nostro. Prenderemo la metropolitana così durante il tragitto vi spiegherò alcune cose.
Forza lombrichini, uscite in fila dalla porta, possibilmente senza schiamazzi.”
Una volta partiti, Pinetto, attorniato dai suoi allievi, cominciò la lezione che comprendeva tutte le materie possibili e inimmaginabili.
“Qualcuno vi ha mai detto che siamo creature fantastiche, speciali? Pensate un po’: non abbiamo gambe ma, contraendo i muscoli, ci allunghiamo e accorciamo spostandoci; non abbiamo occhi ma distinguiamo il buio dalla luce, inoltre possiamo mangiare di tutto anche se siamo sprovvisti di denti! Non è meraviglioso tutto ciò? E vi siete mai chiesti come facciamo a respirare senza avere i polmoni? Assorbiamo l’ossigeno che ci serve per mezzo della pelle e se qualcuno o qualcosa dovesse dividerci per metà, saremmo in grado di rigenerarci.
Il sole e l’aria asciugano la nostra tenera pelle ed è per questo che viviamo in terreni umidi.
Ma la cosa più straordinaria è che Madre Terra ha bisogno di noi perché costruiamo strade dove l’acqua arriva in profondità, cosicché le piante possano affondare le loro radici assetate.
Lo sapevate che i gas della terra cercano e trovano il budello che li porta fuori, in superficie, e in un soffio fuoriescono sotto forma di nuvolette? Il tutto grazie a noi se continueremo ad essere laboriosi!
Vedo che state sbadigliando piccoli discoli! Non appena arriveremo alla fattoria mangeremo delle merende golosissime, offerte da “Lucia pasticceria”.
Alla stazione il Fisarmonica li accolse assieme a tutto il gruppo scolastico di Lombretta, e con entusiasmo li accompagnarono a visitare i luoghi più caratteristici. Il pomeriggio trascorse nel migliore dei modi tra perlustrazioni, giochi e spuntini fino a che un forte temporale investì l’aia sovrastante.
Purtroppo, obbedienti a una sconosciuta legge della natura, uscirono tutti dalle gallerie, trovandosi allo scoperto. In poco tempo una miriade di lombrichi, avvolti dalla fanghiglia e divertiti nel gioco del temporale, strisciavano qua e là senza sospettare che proprio vicino a loro, gli animali da cortile banchettavano sotto la pioggia.
Pinetto inseguì affannato i suoi scolari esortandoli al rientro, avvisandoli del rischio di essere mangiati dalle galline ma anche dagli uccelli che non aspettavano altro nelle giornate piovose! Alla rinfusa tutti quanti cercarono le buche per mettersi in salvo, tutti, tranne Ombrina, la più corta dei lombrichini. Aveva perso lo zainetto e non riuscendo più a trovarlo, involontariamente si era allontanata dal gruppo mettendosi sotto l’occhio lucido ed enorme di Gina, la terribile tacchina.
Non appena il maestro si accorse che all’appello mancava la piccolina della comitiva, si lanciò scivolando a tutta velocità sul fango, librandosi esattamente come una tavola da surf su una gigantesca onda e, proprio mentre i bargigli amaranto stavano solleticando la lombrichina, in un attimo la portò in salvo.
Una volta al riparo tirarono un sospiro di sollievo applaudendo l’ardito maestro e consolando l’ingenua scolaretta.
Nel viaggio di ritorno, Pinetto terminò la lezione suggerendo ai suoi alunni di stare sempre uniti quando sarebbero usciti da qualsiasi tunnel!