La canzone di Piccolino
Guido Gozzano
Leggiamo insieme: La canzone di Piccolino di Guido Gozzano
(dal bretone)
Piccolino, morta mamma,
non ha più di che campare;
resta solo con la fiamma
del deserto focolare;
poi le poche robe aduna,
mette l’abito più bello
per venirsene in città.
Invocando la fortuna
con il misero fardello,
Piccolino se ne va.
E cammina tutto il giorno,
si presenta ad un padrone:
“Buon fornaio al vostro forno
accoglietemi garzone”.
Ma il fornaio con la moglie
ride, ride trasognato:
“Piccolino, in verità
il mio forno non accoglie
un garzone appena nato!
Non sei quello che mi va”.
Giunge al re nel suo palagio,
ripresenta ardito e fiero:
“Sono un piccolo randagio,
Sire, fatemi guerriero”.
Il buon Re sorride: “Omino,
vuoi portare lancia e màlia?
Un guerriero? In verità
tu hai bisogno della balia!
Tu sei troppo piccolino:
Non sei quello che mi va”.
Vien la guerra: dopo un poco,
sono i campi insanguinati;
Piccolino corre al fuoco
tra le schiere dei soldati.
Ma le palle nell’assalto
lo sorvolano dall’alto
quasi n’abbiano pietà.
“È carino quell’omino,
ma per noi troppo piccino:
non è quello che ci va!”.
Finalmente una di loro
lo trafora in mezzo al viso;
esce l’anima dal foro,
vola, vola in Paradiso.
Ma San Pietro: “O Piccolino,
noi s’occorre d’un Arcangelo
ben più grande in verità.
Tu non fai nemmeno un Angelo
e nemmeno un Cherubino…
Non sei quello che ci va”.
Ma dal trono suo divino
Gesù Cristo scende intanto
e sorride a Piccolino
e l’accoglie sotto il manto:
“Perché parli in questo metro,
o portiere d’umor tetro?
Piccolino resti qua.
Egli è piccolo e mendico
senza tetto e senza amico:
egli è quello che mi va…
O San Pietro, te lo dico,
te lo dico in verità”.