La culla

Gino Gori

Tratta da Il Grande Amore, Bemporad, 1926

Leggiamo insieme La culla di Gino Gori

Fatta di nuvole bianche,
foderata d’azzurro e di tepore,
galleggia ancorata
alla riva del fiume della vita,
la culla della nostra infanzia;
e la dondola il vento
dell’alba,
e vi cantano intorno
le Stagioni invisibili del tempo:
Ninna nanna dei giardini,
quanti gigli e gelsomini!
ninna nanna dei ruscelli,
tutti i giorni sono belli,
e il mistero non ci affanna,
ninna nanna, ninna nanna.

Non importa accendere una lampada,
la culla è luminosa;
non importa colmarla di fiori,
la culla è fiorita;
non importa vegliarla,
tutta la materna bontà del cielo
è curva sulla culla,
e le stelle hanno occhi dolcissimi,
che non si chiudono mai.

Vi riposammo un giorno.
Basta.
Ci risvegliammo supini
e non vedemmo che il cielo.
Basta.
Tendemmo le mani per ricevere
i doni dorati del sole.
Basta.
Questo soltanto è bastato
per battezzarci uomini.
Ché se più tardi parlammo,
ché se più tardi pensammo,
ché se più tardi soffrimmo,
questo fu nulla
dinanzi al guardare in alto
dal fondo della nostra culla.

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