Son capricciose e sciocche le foglie vanerelle
che, quando vien l’autunno, voglion cambiar la pelle,
e il bel colore verde, per semplice capriccio,
cambiano in giallo, in bruno o in vivace rossiccio.
E son tanto vanesie le foglie pazzerelle
che si fidan di tutti purchè le dican belle;
si fidano del vento, l’adulator birbante,
che con belle promesse le inganna tutte quante.
A lor ripete il ramo: “Non prestate attenzione
al vento, che è un bugiardo, che è il piu’ grande imbroglione!”
Ma quello passa e fischia “Voi siete tanto belle
che meritate d’essere in cielo tra le stelle!
Affidatevi a me, lassu’ vi porterò
ed all’onor degli astri in cielo io vi porrò”.
Invano il ramo scricchiola, quasi un ammonimento,
le foglie or danno retta solo al parlar del vento;
e lo pregano in coro: “Portateci via, lassu’
lontano da quest’albero, che ci trattiene quaggiu'”
Protesta allora l’albero, stormendo piano piano;
le foglie non l’ascoltano, sognan di andar lontano.
E mentre s’allontanano, s’ode un lamento fioco:
è il ramo che le supplica: “restate ancora un poco!”
Le foglie se ne vanno, trasportate dal vento,
che nella danza lieve si diverte contento.
Ma ben presto si stanca di questo lieto tango
e abbandona le foglie che finiscono nel fango.
Inutilmente or piangono sulla loro mesta sorte,
dovran restar nel fango finchè saranno morte.
La moral della favola, con un proverbio breve
di quattro versi soli, riassumere si deve:
“Combatti i tuoi difetti, correggi l’ambizione;
ai vani adulatori non prestare attenzione;
sii contento del poco, limita le tue voglie,
se non vuoi, poi, nel fango finir come le foglie!!!”

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