La formica giramondo
Annalisa Macchia
Leggiamo insieme: La formica giramondo di Annalisa Macchia
Un giorno una formica che a stento trascinava
un grosso tondo seme al proprio formicaio,
decise che un riposo infine meritava.
Si scaricò del peso, però successe un guaio.
Il seme piano piano cominciò a rotolare
ripercorrendo indietro tutta la strada fatta.
Ansante, la formica si ritrovò a guardare
la corsa di quel chicco, sconvolta e esterrefatta.
Mancava così poco! Ed ora, che disdetta!
Si buttò a capofitto per la lunga discesa,
scivolando sui sassi, scavalcando l’erbetta,
ma presto si accorse che era inutile l’impresa.
Il chicco era lontano, non si vedeva più
e lei, stanca e delusa, allora si fermò.
Voltò indietro lo sguardo, puntando gli occhi in su
e il suo bei formicaio a osservare cominciò.
Le brave formichine, schierate in fila indiana,
portavan pesi enormi, senza nessun sostegno.
Quella per noi sarebbe fatica disumana;
per loro altro non era che il quotidiano impegno.
Tutte con gli occhi bassi. In quale aiuto sperare?
Ma lei, col capo alzato, si ritrovò di fronte
un mondo tutto nuovo, stupendo, da esplorare,
sconosciuto, invitante, fin laggiù all’orizzonte.
Così, su sei zampette, decise lì per lì
che al formicaio nessuno l’avrebbe più veduta.
“Ma chi me lo fa fare di vivere così?”
disse la formichina “La vita va vissuta”.
Senza nessun fardello, pimpante e baldanzosa,
si mise presto in marcia finché un muro trovò.
Già stufa di fatiche lo valutò dubbiosa.
“Magari lo costeggio. Da qualche parte andrò”.
Con gli occhi verso il cielo, quasi avesse le ali,
superò fili d’erba, rametti, sassolini,
inseguendo le nubi dai contorni irreali
e quei monti lontani, stranamente azzurrini.
Camminò, camminò e poi camminò ancora,
ma il cielo affascinante non raggiungeva mai.
Si rinfrancò con rugiada e con succo di mora;
riprese il suo cammino, ma era stanca oramai.
Sempre verdi le foglie, sempre bruno il terreno.
Guardò bene intorno la formica giramondo;
ora ogni cosa sembrava la stessa più o meno.
Vacillò per un po’ l’animo suo vagabondo.
Dopo il roseo tramonto calò giù il buio, in fretta.
Un brivido la colse. Di freddo o di paura?
Ripensava pentita alla sua vecchia casetta.
Ah! Se avesse potuto portine all’avventura!
Si preparò stremata, con le foglie, un cuscino,
quando apparve una squadra di nere formichine.
Non portavano un chicco, ma solo un lumicino.
“Ditemi che non sogno. Son le mie sorelline…”.
“Finalmente! Era l’ora. Ti abbiamo ritrovata!
Abbiamo chiesto aiuto anche alle lucciolette
ed ognuna di loro sopra noi si è posata…
Che hai fatto per scorticar così le tue zampette?”.
“Ho camminato tanto. Sapete, è grande il mondo.
Si stende lungo il muro ed io, con gran pazienza,
l’ho attraversato tutto. È vero. È proprio tondo.
Infatti son di nuovo al punto di partenza.
Viaggiare è assai istruttivo. Si imparan tante cose.
E tutto è cominciato col ruzzolar di un seme…”.
“Non preoccuparti adesso. Ci hai reso così ansiose!
Domani, riposate, lo cercheremo insieme”.
Intanto lassù in cielo si era alzata la luna.
In fila verso casa marciavan le formiche,
però, fra tutte quante, ce ne fu solo una
che, guardando su in alto, seguendo le amiche,
disse: “Come sei bella! Rotonda come il mondo”.
Questa è la storia della formica giramondo.
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