La Genesi

Zia Mariù

Ecco la poesia di Zia Mariù (13 maggio 2012).

Il Signore ci pensava già da un po’
e in sei giorni, tutto il mondo s’inventò.
In principio fu la luce, con tutti i suoi bagliori
e stupendo dal suo sonno,
svegliò il mare coi suoi colori;
e sopra, il cielo ancora grezzo,
senza stelle, arcobaleno, e le nuvole in mezzo.
Ma vide che alla luce le cose eran più belle
e così le separò dalle tenebre,
e il firmamento riempì di stelle.
Le piante e i fiori sotto,
e si fermò, pensante,
e sulla docile terra tirò con un dito
la linea dell’orizzonte, brillante.
E continuò con l’indice deciso,
segnando le linee delle montagne,
come si segue la linea di un viso
e poi dolcemente, fece le colline,
le valli e le campagne.
Ora in alto, poi in basso, delicati segni
e dette odore alla terra, e si fecero tutti veri i regni.
“Ci vuol forza per sopportare la pace”,
e facendo un giro su se stesso, audace:
svegliò i venti che nei prati seminarono i fiori
e nei boschi le radici, si moltiplicaron senza timori.
E il Signore toccando i rami posò gli uccelli,
e sull’erba gli animali, a brucare: le pecore e i vitelli.
Ora le grandi vette ad oriente, con le dieci dita,
e tante ancor in America, una catena infinita.
Il Signore si avvicinò all’argilla
che con un soffio l’animò, come una scintilla:
nacque l’uomo.
E leggi, sforzati e lotta, ad egli disse:
a modo che l’ignoranza non lo sconfisse.
Poi, sotto il mare
disseminò piccoli mondi,
con coralli e pesci da pescare.
E sopra invece, ad ogni parola una rondine,
perché essa portasse la primavera e le stagioni
coi loro frutti e i loro suoni.
E dette voce agli alberi, alla pioggia, alle onde,
ed implorò a quelle acque di esser feconde.
Ma non creò: il fuoco, la ruota, la poesia,
e nemmen la gioia e il dolore;
lasciò a l’uomo questo compito:
come dono d’amore.

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