La loro casa nei boschi

C’era una volta un ariete in grassa per essere poi messo
in padella. Gli davano molto da mangiare ed egli,
naturalmente, aveva messo tanto di ciccia. Un giorno,
stavamo per dire un bel giorno! la cuoca di casa gli
disse, mettendogli davanti un secchio pieno di roba:
-Mi raccomando, mangia più che puoi perché domani dobbiamo farti la festa !
L’ariete mangiò più che potè ma… quanto al farsi fare
la festa, eh, eh, ci doveva essere anche lui. Anzi, il meglio
sarebbe stato che… non ci fosse stato! Basta, quando ebbe
finito, e dopo di essersi dato una leccatina ai baffi, l’ariete
prese la sua decisione. Abbassò la testa e, date due o tre
cornate all’uscio, lo sfondò.
Uscito all’aperto, senza che alcuno si fosse accorto di
nulla, si avviò verso la vicina fattoria e picchiò al porcile,
dove c’era un porco che aveva conosciuto, fuori, al pascolo
e col quale era poi diventato amico e si era sempre trovato
d’accordo.
-Buon giorno – gli disse – e grazie per la tua gentilezza l’ultima volta che ci siamo visti!
-Buon giorno e grazie a te ! – rispose il porco.
-Sai perché ti tengono con tanta cura e ti danno tante da mangiare? – chiese l’ariete.
-No, perché? – fece il porco.
-Saprai almeno che ci sono molte bocche che mangiano in questa fattoria. Ebbene, ti posso dire che presto ti
uccideranno per mangiarti!
-Davvero? Buon prò faccia loro!
-Già, ma se tu sei del mio parere, dovresti venire
con me nei boschi. Là ci faremmo una casa nostra e vivremmo sicuri e in pace : non c’è di meglio in questo mondo
che avere una casa propria.
Sì, il porco era del suo parere. – Fa piacere essere in
buona compagnia – egli disse.
E così se ne andarono insieme.
Dopo aver fatto un po’ di strada si incontrarono in
un’oca.
-Buon giorno, brava gente, e grazie per la vostra
gentilezza l’ultima volta che ci siamo visti! – disse l’oca.
-Dove si va di bello?
-Buon giorno e grazie a te – disse l’ariete. – Noi
stavamo troppo bene dove eravamo e per questo abbiamo
deciso di ritirarci nei boschi e di vivere da noi. In casa propria si è padroni di fare quello che si vuole, no?
-Sto anch’io troppo bene dove sono… ma perché non
dovrei unirmi a voi? La buona compagnia fa il giorno più
breve ! – essa disse.
-Sta bene tutto, ma non si può mica costruire una
casa gracchiando come fai tu – disse il porco. – Che altro
sapresti fare, sentiamo?
-Io? ! Caro mio, io posso andare a beccare del buon
muschio col quale chiudere tutte le fessure e mantenere
calda la casa!
Così? Allora l’oca poteva unirsi alla compagnia, pensò
il porco, perché a lui piaceva la casa calda.
Dopo aver fatto un altro po’ di strada – perché l’oca
non poteva andare tanto in fretta – incontrarono una lepre
che venne fuori saltando dal folto.
-Buon giorno, brava gente, e grazie per la vostra
gentilezza l’ultima volta che ci siamo visti ! – disse la lepre.
-Dove siete diretti oggi?
-Buon giorno e grazie a te – fece l’ariete. – Noi
stavamo troppo bene dove eravamo, perciò abbiamo pensato di andare nei boschi e costruirci una casa ove vivere
fra di noi. Quando si è girato mezzo mondo ci si persuade
che non c’è nulla di meglio di una casa propria.
-Per me ho una casa mia in ogni cespuglio – disse
la lepre – ma tutte le volte che viene l’inverno ho sempre
pensato come sarebbe bello se avessi anch’io una casa vera
e propria. Mi lasciate venire con voi? Come vedete abbiamo
la stessa idea!
-Per venire puoi venire – disse il porco – ma non
vedo come ci potresti essere utile nel costruirci una casa.
-Come no? Coi miei denti io posso rodere il legno
e poi ficcarlo nelle pareti: mi pare che farei il lavoro di
un buon falegname – osservò la lepre.
Così? Allora la lepre poteva unirsi alla compagnia ed
essere d’aiuto nel costruire la casa.
Quando ebbero fatto un altro tratto di strada si incontrarono in un gallo.
-Buon giorno, brava gente, e grazie per la vostra
gentilezza l’ultima volta che ci siamo visti – disse il gallo.
-Dove siete diretti, se si può sapere?
-Buon giorno e grazie a te – rispose l’ariete.
Noi stavamo troppo bene dove eravamo, perciò abbiamo
pensato di andare nei boschi e costruirci una casa ove vivere fra di noi. Perché, come dice il proverbio, se non si
cuoce il pane in casa, si perde il combustibile e la farina!
-Ecco, io sto bene dove sono – disse il gallo. -Ma è meglio avere un palo proprio, anziché stare
appollaiati sul palo di un padrone e il gallo più felice è certo
quello che canta in casa propria. Se potessi unirmi a così
bella compagnia, verrei anch’io nei boschi per fabbricarvi
una casa!
-Sbattere le ali e cantare sono tutte belle cose – osservò
servò il porco – ma che altro sai fare tu per csserci d’aiuto
nel fabbricare la casa?
-Non è bello vivere in una casa dove non c’è ne un
cane ne un gallo – disse il gallo. – Io sono il primo ad
alzarmi e il primo a cantare! ^’
-Giusto! « Chi si leva di buon mattino diventa saggio e ricco »,
dice il proverbio: vieni, vieni con noi – sentenziò il porco,
il quale era un dormiglione e aveva sempre
bisogno di qualcuno che lo svegliasse. – Il sonno è un
brutto ladro che ci porta via metà della nostra vita!
osservò poi filosoficamente.
Si portarono, dunque, nei boschi e tutti insieme si costruirono una
casa. Il porco schiantò gli alberi e l’ariete li
portò sul posto; la lepre fece la parte del falegname; l’oca
beccò il muschio e con quello chiuse le fessure fra le travi;
il gallo cantò e li fece levare tutti quanti di buon mattino
e quando la casa fu finita e il tetto ben protetto con cortecce
di larice tutti poterono vivere fra di loro felici e
contenti.
Ma non molto distante abitavano due lupi e quando
essi videro sorgere la nuova casa vollero sapere chi fossero i
loro vicini. Perché essi pensavano : « un buon vicino è meglio
di un fratello che viva in una terra lontana ed è meglio
vivere modestamente fra buoni vicini che essere noti in lungo
e in largo ».
Uno di essi, dunque, entrò nella nuova casa e chiese
un po’ di fuoco per accendere la pipa. Ma aveva appena
messo dentro il piede che l’ariete con una cornata lo scaraventò
sul focolare; il porco lo azzannò e lo morse; il gallo
saltò sopra un palo e cominciò a cantare; la lepre spaventata, saltò di qua e di là come una pazza.
Alla fine il lupo riuscì a liberarsi da quegli indemoniati e a prendere la porta.
Fuori lo attendeva l’altro lupo che gli disse : – Il fare
la conoscenza dei propri vicini significa sempre aggiungere
qualche cosa alla propria esperienza. Suppongo che avrai
avuto un grande ricevimento, giacché ti sei fermato così a lungo.
Ma ti hanno dato il fuoco? Non vedo nè la pipa nè il fumo.
-Mi hanno dato tutto quello che volevo. Brava gente! brava gente!- disse il lupo che era stato nella casa.
-Non ho mai avuto un trattamento simile, ma «bisogna coricarsi sul letto che ci si fa» e,
come dice il proverbio, «un visitatore inatteso deve accontentarsi di quel che riceve».
Ero appena entrato che il calzolaiò mi scaglio contro la forma di legno di una scarpa ed io caddi
rovescio nel mezzo della fucina; c’erano là due fabbri che mi attanagliarono la carne;
il cacciatore corse qua e là per a stanza a cercare il fucile, ma per mia fortuna non l’ha trovato;
e in alto, non so dove, sedeva uno che sbatteva le braccia gridando:
-Uncinatelo, uncinatelo e buttatelo su qui… -Certo se mi avessero preso non sarei più uscito vivo!
La storiella era allegra e l’altro lupo la evve. Ma la magiore allegria fu degli abitanto della nuova casa
che non ebbero più visite di vicini sospetti e vissero d’allora in poi, come avevano sperato, «felicemnete fra di loro».

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