La piccola bambola

Ecco la fiaba che mamma Paola ha scritto per la sua piccola Sofia, che spesso si sente arrabbiata perchè tutti gli altri bambini del caseggiato sono più grandi di lei e non sa con chi giocare... (5 giugno 2002).

C’era una volta una bambina di nome Cristina, che aveva moltissime bambole. Giocava con loro e poi la sera le rimetteva nella loro cesta e andava a dormire.
Quello che la bambina non sapeva, era che le sue bambole erano vive!
Appena lei si addormentava uscivano dalla cesta e si comportavano esattamente come bambine: le bambole più grandi, Rosella e Marina, facevano una da mamma e l’altra da maestra, e le più piccole giocavano e andavano a scuola.
Tutto finiva all’alba.
Ora, c’era una bambola piccolina e molto bella che si chiamava Zoe. Rosella, la bambola mamma, le voleva molto bene, e così anche le altre: Marina, la bambola maestra, diceva che una bambolina così intelligente non l’aveva mai vista.
Ma Zoe non era contenta.
Purtroppo si trovava in una situazione difficile: tutte le altre bambole erano più grandi di lei, e l’unica più giovane era un bebè che non sapeva quasi parlare.
Così Zoe non sapeva con chi giocare, e dato che era molto orgogliosa preferiva stare da sola a leggere o a disegnare.
Ma come tutti sanno non si può leggere o disegnare tutto il giorno, e così Zoe si annoiava molto e diventava arrabbiata, trattava male le altre bambole e perfino la bambola mamma!
Così naturalmente la bambola mamma, che aveva tantissime cose da fare e da pensare, si arrabbiava a sua volta ed era tutta un’arrabbiatura generale.
Zoe era convinta che nessuno le volesse bene, e decise di andarsene dalla cesta.
Un bel mattino, mentre le altre bambole dormivano, uscì piano piano e si guardò attorno: nessuno in giro. La camera sembrava grandissima, vista così alla luce, il letto era vuoto e disfatto, il pigiamino della bimba arrotolato… La piccola bambola camminò con precauzione fino al centro della stanza: ecco il tappeto, com’era bello visto così al sole, che bei colori!
D’un tratto, dei passi: Zoe si sentì perduta. Se qualcuno l’avesse vista? Cercò disperatamente un posto dove nascondersi, e non le rimase che infilarsi tra le lenzuola del lettino. Col cuore che le batteva forte, rimase ad ascoltare e riuscì a trovare uno spiraglio per guardar fuori.
C’era la mamma di Cristina, che metteva in ordine, brontolando. Raccolse da terra un paio di calzine, le mutandine, poi si avvicinò al letto.
“Queste lenzuola mi sembrano sporche… le metterò in lavatrice” disse, e così fece un fagotto senza accorgersi che insieme con le lenzuola aveva preso anche la bambolina!
Zoe era terrorizzata: “Oh, perché non sono rimasta con le altre bambole! Adesso finirò in lavatrice… affogherò…” disse tra sè. Se avesse provato a gridare aiuto? Ma cosa sarebbe successo se la mamma di Cristina l’avesse sentita?
Nel frattempo Rosella, la bambola mamma, si era svegliata, e guardando attorno a sè vide che Zoe non c’era.
“Zoe!” la chiamò pian piano “Dove sei andata?”.
Nessuna risposta. Rosella non sapeva che fare: uscire a cercarla? Era un rischio… però non si poteva mica abbandonare la povera bambolina! Svegliò Marina la bambola maestra:
“Marina! Svegliati, Zoe è uscita e non so dove sia!”.
“E’ uscita?! Ma è matta?”.
“Non lo so, qui dentro la cesta non c’è più… sai come è fatta, le piace starsene sempre per conto suo, forse ha pensato di andarsene…”.
“E allora? Affari suoi!” rispose Marina, che era buona ma un po’ severa.
“E no, che non sono affari suoi, Zoe è piccolina e non possiamo abbandonarla… su, andiamo a cercarla”.
Brontolando, ma in realtà preoccupata, Marina seguì Rosella e le due coraggiose bambole uscirono dalla cesta.
Ora la stanza di Cristina era ordinata, il letto era stato rifatto con lenzuola pulite, ma purtroppo Zoe non si vedeva da nessuna parte. Si sentiva però la mamma di Cristina che si muoveva in giro per la casa, e le due bambole si nascosero dietro un cappottino che pendeva dall’attaccapanni.
“Bella!” la mamma di Cristina chiamò il cane “Vieni, andiamo a fare la passeggiata!”.
Si sentirono dei passi, poi finalmente la porta di casa si chiuse: mamma e cane erano andati. Le due bambole poterono finalmente uscire dal loro nascondiglio.
“Zoe! Zoe! Dove ti sei nascosta?” cominciarono a chiamare “Non farci dei brutti scherzi… fra poco la mamma ritornerà… Zoe!”.
Niente.
“Che le sia successo qualcosa di male?” chiese Rosella angosciata. Marina rispose:
“Aspetta! Mi pare di sentire una vocina…”.
Le due bambole rimasero in silenzio e veramente sentirono una voce piccola piccola:
“Aiuto! Aiuto!”.
“Zoe! Sei tu? Dove sei?”.
“Sono dentro la lavatrice… la mamma voleva farla andare, ma si è accorta di essere rimasta senza detersivo… tiratemi fuori di qui per favore!” gridò Zoe piangendo.
“Sì Zoe, non piangere… arriviamo!”.
Rosella e Marina corsero in bagno: la lavatrice era piena, con lo sportello chiuso, ma attraverso il vetro riuscirono a vedere il faccino spaventato della bambolina.
Si misero con tutta la forza a tirare la maniglia, ma era troppo dura per loro!
“Mamma mia Rosella, non ce la facciamo!”.
“Tira, tira…”.
Lo sportello era troppo duro per le due povere bambole. D’un tratto Rosella ebbe una idea:
“Senti Marina, qui non ce la faremo mai. Vai subito a chiamare tutte le bambole e i peluches, soprattutto chiama Godzilla che è il più forte di tutti… insieme ce la faremo! Io resto qui a fare compagnia a Zoe.”.
Marina corse via come il vento, intanto Rosella cercava di consolare Zoe che piangeva disperatamente:
“Non lo faccio più! Giuro che non lo faccio più!”.
“Lo so piccina, lo so… mi fido di te… ora ti tiriamo fuori!”.
Un attimo dopo arrivarono tutte le bambole, ancora assonnate: con loro c’erano anche un coniglio di peluche, una tigretta ed il grande Godzilla che a vederlo sembrava cattivo, invece era buono e generoso. Rosella li fece mettere tutti uno dietro l’altro e disse a Godzilla:
“Tu, tira lo sportello, e tutti tiriamo con te… oh, issa! Oh, issa!”.
Bastarono un paio di strattoni e lo sportello della lavatrice finalmente si aprì! Subito Zoe saltò fuori e si aggrappò a Rosella:
“Grazie mamma, mi hai salvato! Tutti mi avete salvato!”.
“Attenti, sento la serratura… la mamma ritorna!”.
I giocattoli corsero velocissimi in camera e si fiondarono nella cesta così alla rinfusa: si sentì la mamma chiudere la porta, posare le borse della spesa, poi il ronzio della lavatrice che partiva.
Zoe, sempre in braccio a Rosella, si mise di nuovo a piangere:
“Se fossi stata lì dentro, sarei morta!”.
“Su, non ci pensare… ma dimmi, perchè te ne sei andata?”.
“Credevo che non mi voleste bene… nessuno voleva giocare con me, mi chiamavano guastafeste…”.
I giocattoli si guardarono tra loro, vergognandosi: era vero, spesse volte la povera Zoe era stata chiamata così.
Rosella li guardò tutti severamente:
“E’ vero?”.
“Sì” ammise Bibi, una delle bambole “sai, noi siamo più grandi, lei vuole giocare a degli altri giochi…”.
“E se Zoe fosse annegata? Come vi sareste sentiti?”.
“Scusa, scusa tanto… ora abbiamo capito che sbagliavamo!”.
“Anche tu, però” Rosella si rivolse a Zoe “non dovevi pensare che noi non ti volessimo bene. Ogni età ha i suoi giochi, però si può trovare un modo per andare tutti d’accordo… un po’ si gioca a quello che piace a te, un po’ a quello che piace a loro… va bene?”.
“Sì!!!!” gridarono tutte le bambole.
“Tutto è bene quello che finisce bene, allora. Adesso dormiamo, che ne abbiamo bisogno!”.
Le bambole si misero a dormire tutte insieme, e da allora andarono sempre d’accordo e furono sempre felici.

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