La pulce e il bue

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Quel giorno la piccola pulce Priscilla sembrava meno vivace del solito. Le sue minuscole alette non avevano voglia di scuotersi e le zampettine che normalmente la portavano a saltellare avanti e indietro erano pressoché immobili. Era una pulce graziosa e nervosetta, anche se quel mattino la noia pareva essersi impossessata di lei. Per vivacizzare le sue ore decise di andare a trovare Gaudenzio, il bue della fattoria. Il grande animale pascolava quieto nelle verdeggianti distese erbose che circondavano le stalle, scuotendo di tanto in tanto la sua lunga coda sotto i caldi raggi del sole.

Con agili piroette l’animaletto andò a posarsi davanti a lui. “Salve”, strillò con un vocino acuto. “Oh, buongiorno”, rispose gentilmente il bue avvicinando il suo grosso muso al minuscolo corpicino dell’insetto. “Sai”, disse la piccolina “avevo voglia di chiacchierare con qualcuno” .

“Bene, e di cosa vogliamo parlare?”, chiese il bue. “Non so…, raccontami un po’ del tuo lavoro”.

“Io lavoro per l’uomo e svolgo duri compiti. Il mio padrone è un contadino e per lui tiro l’aratro, obbedendo a ogni suo ordine”, spiegò il bue. “Che buffo!”, squittì la piccola pulce, “io invece non prendo ordini da nessuno e mi riposo quando ne ho voglia. L’unica cosa a cui devo fare attenzione è di non essere schiacciata dalle manacce di qualcuno. Ma tu cosa ne ricavi da tanta fatica?” Il bue, con un moto di commozione nella voce, mormorò: “Ecco vedi, quelle mani di cui tu hai paura, si trasformano per me in tenere carezze”. Mentre parlava, alcune lacrime di gioia gli scivolarono lungo il muso. “L’uomo apprezza il lavoro che svolgo per lui e mi ripaga con tanto affetto”. La pulce, stupita dal pianto del suo amico, si allontanò piano ripensando a quanto udito. Chissà, forse quell’affetto di cui il bue parlava con tanta commozione era veramente un bel premio.

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