La Puzzola e il Gatto

Susanna ci manda un suo racconto (13 febbraio 2002).

C’era una volta un gatto molto spelacchiato, magro e sporco, insomma un vero gatto randagio. Del gatto randagio però non aveva ne la cattiveria, ne l’aggressività, anzi era un gatto molto schivo, triste; non si divertiva a svegliare gli abitanti del quartiere la notte, ne lo si vedeva mai passeggiare sulle staccionate nelle sere di luna piena. Gli altri gatti della zona non sapevano neanche quale fosse il suo nome e così cominciarono a chiamarlo lo Scontroso.
Il gatto randagio soffriva quando gli altri lo chiamavano così, perché lui non era scontroso, semmai era triste, questo si; e non era vero che non aveva un nome, lui si chiamava Pisolo, e questo nome glielo aveva dato la sua padroncina bionda. Era stato felice con lei per un anno, poi però era arrivata l’estate, e così… ma non erano stati i suoi padroni ad abbandonarlo, anzi loro avevano pagato il portiere perché badasse a lui. Ma appena loro se ne erano andati il portiere lo aveva infilato in un sacco, l’aveva portato lontano e lo aveva abbandonato, per intascare tutti i soldi.
“Sicuramente” pensò Pisolo”avrà raccontato che sono scappato e non mi ha potuto trovare”.
Ed era passato tanto tempo, ormai.
Lui aveva cercato la sua casa, ma si era dovuto rassegnare: si era perso. Aveva patito il freddo e la fame, aveva imparato tante cose, ma non voleva più vivere senza la sua padroncina. Girovagava di quartiere in quartiere, come un gatto in pena, sempre solo. Un giorno però, passando davanti un negozio di animali, vide un musetto allungato per terra, e due occhietti tristi, proprio come i suoi. Stupito, piegò di lato la testa, diede un zampatina sul vetro e vide il musetto della gattina più strana che lui avesse mai visto. La gattina ricambiò con la zampa il saluto e Pisolo sentì dentro di se una sensazione di caldo, che partiva dal cuoricino. Da quel momento Pisolo restò vicino al negozio. Di giorno si metteva sul marciapiede di fronte, perché diverse volte il proprietario del negozio lo aveva cacciato a colpi di scopa, mentre di notte si appiccicava alla vetrina e, grazie ai buchi fatti sul vetro per fare respirare gli animali, parlava con la gattina.
Rosetta, questo era il nome della gattina, aveva un carattere molto dolce e gli aveva raccontato la storia della sua vita la seconda volta che si erano parlati. Lei non aveva mai vissuto in una casa, anzi non sapeva cosa fosse una casa, però aveva abitato fin dalla nascita in un bosco. Pisolo, al contrario non sapeva cosa fosse un bosco, e così passavano ore intere a parlare. Un vecchio pappagallo, il saggio del negozio, si era accorto dell’amicizia che era nata tra Pisolo e Rosetta, ed un giorno fece segnale a Pisolo di avvicinarsi ai buchi della sua gabbia:
“Pisolo, amico mio, se vuoi bene a Rosetta devi portarla via con te. Ho sentito dire al padrone che Rosetta è stata venduta e che la porteranno via tra due giorni”.
“Oh Pappagallo, ma come faccio a portarla via? La gabbia è chiusa con il ferretto”.
“Non preoccuparti, la gabbia non è un problema, la aprirò io. Sono anni che ho imparato come si fa, ma ho sempre sperato che qualcuno mi comprasse e mi portasse con se. Ora sono vecchio, non mi vuole più nessuno e fuori di qui forse morirei. E poi, posso aiutare gli animali in difficoltà, ed almeno mi sento utile”.
“Grazie Pappagallo di tutto ciò che farai per noi”.
“Non ci pensare, preoccupati piuttosto di aiutare Rosetta a scendere dalla grondaia, perché l’abbaino è l’unico punto per uscire dal negozio. Fatti trovare sul tetto domani sera a quest’ora”.
E così i due animali si separarono. Pisolo passò la giornata impaziente di vedere il sole tramontare. Alle nove di sera era già sul tetto e, quando due ore dopo il pappagallo aprì lo sportello dell’abbaino e lui vide Rosetta vicino a se per la prima volta, quasi cadeva dal tetto per l’emozione. Com’era bella, con quelle orecchiette appuntite e quella striscia bianca sul dorso! Strusciò il muso contro il suo collo e la portò via con se.
Pisolo e Rosetta andarono a vivere nella cuccia che lui aveva preparato: un bidone della spazzatura capovolto,dove, quando pioveva il ticchettio delle gocce creava bellissime musichette. Ma c’era qualcosa che non andava e Pisolo non sapeva cosa fare. Quando era felice Rosetta….faceva cattivo odore e questa era una cosa molto sgradevole. Quando lui, molto delicatamente, glielo aveva fatto notare, lei aveva alzato i suoi grandi occhioni blu, gli si era strusciata contro e gli aveva detto:
“E’ perchè ti voglio bene, mio dolce Pisolo”.
Una sera, poi, l’aveva trovata in lacrime perché dopo tanto tempo lui ancora non aveva fatto cattivo odore per lei e quindi “non le voleva bene”. E questa era una cosa che Pisolo non capiva: lui le voleva bene e trovava sconveniente farla soffrire per il suo cattivo odore. E poi, per quanto si sforzasse, non riusciva a fare levare dal suo corpo quella puzzetta quasi consistente che invece aleggiava intorno a Rosetta. Un paio di volte, addirittura, per lo sforzo si era quasi sentito male. Ad aggravare la situazione si erano messe anche quelle pettegole delle gatte vicine di casa: erano state così curiose di conoscere la gatta che aveva restituito il sorriso a Pisolo, e così dopo le prime volte, Rosetta aveva dimostrato tutto il suo affetto per loro. Le poverine erano scappate subito, e adesso la evitavano, mentre la più maligna aveva soprannominato Rosetta “la puzzona”.
Rosetta soffriva tantissimo e, per quanto le ormai rare volte che faceva cattivo odore Pisolo si sforzasse di fare finta di niente, lei andava dimagrendo sempre di più. Il giorno in cui Pisolo si accorse che Rosetta aveva due brutte occhiaie, decise di chiedere consiglio all’unico saggio che conosceva, l’amico pappagallo.
Andò di sera davanti la vetrina del negozio di animali, bussò alla gabbia del pappagallo e si confidò con lui:
“Come” disse il pappagallo “non sai che Rosetta è una puzzola?”
“E cosa è una puzzola?”
“La puzzola è un animale dei boschi, simile ad un gatto, ma con la caratteristica dell’odore che emana quando è felice. Per la puzzola è un sacrificio terribile vivere in città, perché contrariamente a quanto si crede, è un animale pulito ed ha bisogno di immergersi nel fiume almeno una volta al giorno”.
Pisolo ricordò allora le volte in cui Rosetta gli aveva chiesto dove poteva trovare dell’acqua, e lui, credendo che avesse sete, le aveva portato una ciotolina e lei con un sospiro, immergendo le zampette si era pulito il muso.
E le mortificazioni subite quando le vicine in coro la chiamavano Puzzona, Eppure lei non gli aveva chiesto nulla, era rimasta nel bidone, forse a rimpiangere il suo bosco. Pisolo ringraziò l’amico e corse a casa. Per metterci meno tempo prese una scorciatoia, ma mentre correva a zampe levate ebbe la sensazione di conoscere quella grande strada nella quale era sbucato il vicoletto che aveva imboccato. Ma certo, in quella strada abitava la sua padroncina! Si fermò davanti al portone, quando, il rumore del cancelletto che si apriva lo fece nascondere sotto una macchina. E vide la sua bimba bionda uscire per strada, dando la manina al suo papà. Com’era diventata alta, e com’era carina! in mano aveva un guinzaglio al quale era legato un piccolo cane.
“Sai papi” disse a un tratto la bimba “spesso penso a Pisolo, ed ogni tanto piango, perché anche se Birillo è un compagno grazioso, non è la stessa cosa …”
“Vedi, piccola mia” rispose il papà “Pisolo era un gatto indipendente, è cresciuto e forse ha avuto bisogno di cose che noi non potevamo dargli più …”
E così dicendo il papà abbracciò la bambina: Pisolo si nascose meglio e pensò che lui stesso non avrebbe spiegarlo meglio di così alla sua bimba bionda. Sarebbe potuto tornare, adesso, ma c’era Rosetta…
Intanto il cagnolino si avvicinò alla macchina sotto la quale Pisolo si era nascosto, e Pisolo ne approfittò per chiamarlo:
“Birillo, ehi Birillo…”
“Chi mi chiama? Oh, un gatto”.
“Birillo, non ti preoccupare, sono Pisolo, avrai sentito parlare di me a casa..”
“Si, la piccola parla spesso di te”.
“Ecco, io volevo chiederti di volerle molto bene, di non farle sentire la mia mancanza e …di stare attento al portiere”.
“Sapevo che non potevi essertene andato di tua spontanea volontà. Stai tranquillo per la bimba e, per quanto riguarda il portiere, quando sarò cresciuto gli darò un morso da parte tua. Ciao”.
“Ciao Birillo, e grazie”.
Pisolo scappò da sotto la macchina e corse verso Rosetta. Aveva deciso: Rosetta era stato il suo conforto quando era solo, aveva rinunciato a tanto per lui. Se la città non li voleva, sarebbero andati nel bosco. E poi. a pensarci bene, per fare cattivo odore gli sarebbe bastato rotolarsi tra le ghiande marce…

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