La storia del gatto ambasciatore

Ecco il racconto di Zia Mariù (20 ottobre 2006)

Nell’antica Roma, tanti secoli fa, viveva un re di nome Romolo.
Questo re, aveva un gatto nero di nome Miagolo.
Perché, vi domanderete, un nome così buffo?
Dovete sapere che a quei tempi, in quella città, c’erano dei topi così grossi, ma così grossi che sembravano… (dite voi che sembravano?).
Il povero micio, ogni volta che ne vedeva uno scappava dalla paura miagolando e, visto che di topi ce n’erano tanti, il povero gatto era sempre rintanato in qualche buco e miagolava e miagolava.
Il felino aveva una mamma, Micia era il suo nome.
Una gattona così elegante, ma così elegante che sembrava… (dite voi che sembrava?), pelo nero e raso, unghie affilate, vibrisse lunghe e lucenti, occhioni blu e una coda serpeggiante.
In quel periodo, a Roma, c’era la guerra e i soldati avevano nascosto tutto il grano per fare il pane dentro dei grandi magazzini ben nascosti.
A guardia di questi magazzini, oltre a dei soldati armati, vi avevano messo anche qualche gattarello proprio per scoraggiare i topi.
Tra questi gatti c’erano anche Miagolo e Micia, mamma e figliolo o gatta e gattino.
Un gruppo di topi, nella notte, con l’aiuto del buio riuscirono ad entrare da un buco nel magazzino.
I topi riuscirono a strappare con gli affilati dentini alcuni sacchi di grano.
I gatti, addormentati, non si accorsero di niente.
Al mattino i soldati, visto l’accaduto, corsero dal re.
Il re, arrabbiato, decise di far abbandonare i gatti che non avevano fatto la guardia doverosamente nella foresta.
Miagolo e Micia e dieci altri gatti vennero lasciati in riva ad un fiume, gnaoooo gnaooo quando toccarono l’acqua!
Un fuggi fuggi nel buio, si vedeva solo il bagliore di tanti occhi.
Gnaooo gnaoooo.
Miagolo non faceva altro che miagolare, un pò dal freddo, un pò dalla fame ma tanto di più dalla paura.
Mamma e figlio vagarono tutta la notte.
Mamma Micia cercava di consolarlo ma lui continuava a miagolare.
La gattona lo leccava e lo leccava, poi si fermarono e l’avvolse con la sua morbida lunga coda e, pian piano lo fece addormentare vicino a sé .
Al mattino però qualcosa di strano lo svegliò.
Squit squit Squit squit sentì fare.
Nel sonno si accorse di riconoscere quel verso e fece un salto a quattro zampe quando si vide faccia a faccia con un topo.
Dalla paura Miagolo alzò la coda nera e gli scappò una puzzetta!
Un topo, un topo grosso un topone grosso così (dite voi grosso come?).
Era un topo piccolissimo di nome Marcaurelio che, dal puzzo, li aiutò ad uscire dalla foresta.
Marcaurelio era un piccolo topo grigio di campagna e la sua famiglia non aveva nulla a che fare con i topacci che giravano per Roma.
Grassi ingordi topi ladri che avevano sempre fame.
Sempre alla ricerca di far man bassa di grano nei magazzini del re.
E proprio per quella notte era prevista un razzia di grano nei magazzini dei soldati del re che dovevano partire per la guerra.
Ma di gatti in giro non ce n’erano più, chi avrebbe difeso il grano dai topi?
Allora, Miagolo e Micia, accortisi del gran via vai di sozzi loschi topacci cominciarono a miagolare, a miagolare così forte che tutti i gatti del vicinato si radunarono, poi svegliarono le guardie che si erano appisolate davanti al granaio, fecero tanto miagolare che i topi malandrini furono catturati tutti.
Imprigionati furono portati in Emilia Romagna ai lavori forzati, dovevano tagliare con i loro denti aguzzi le forme di parmigiano senza mangiarne neanche un pezzettino.
A Micia il re, per ricompensarla, le regalò una bel collare di raso e a Miagolo invece lo fece ambasciatore e, da quanto era emozionato, Miagolo, al momento di prendere la medaglia alzò la lunga coda nera e gli scappò una puzzetta.

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