La volpe Timorina
Manuela Monari
Leggiamo insieme: La volpe Timorina di Manuela Monari
Tra gli immensi castagni del bosco Rovoscuro viveva una bellissima volpacchiotta. Il suo pelo era rosso e lucente come quello di tutte le volpi, la sua coda era soffice e folta, e gli occhi accesi come due tizzoni ardenti.
A prima vista sembrava una volpe uguale a tutte le altre, ma in realtà non era così.
“Sei lenta come una tartaruga!” le gridavano gli altri volpacchiotti ridacchiando.
“Ahimè!”- balbettava mamma volpe -“non sei una vera volpe: non sembri furba, non vuoi imparare a cacciare le galline ed hai anche paura del buio!”
Per questo tutti nel bosco la chiamavano Timorina.
“Timorina, dai, tuffati nel ruscello, se hai il coraggio!” la canzonavano i suoi fratelli, sapendo bene che non l’avrebbe mai fatto!
“Non mi va! Non vedo perché devo raffreddarmi, quando sto così bene qui fuori, sotto questo sole tiepido!” rispondeva la volpacchiotta con tutta calma.
“Timorina, vieni a caccia di galline, stanotte?” la provocavano i compagni.
“No, grazie! Oggi ho mangiato molto: larve, insetti, lumache, che sono sempre qui a disposizione. Non ho voglia di aggredire quelle povere galline ossute, starnazzanti e vanitose!”
Nessuna provocazione sembrava disturbarla.
“Timorina, vieni a spiare zio Gufo questa sera? Ha organizzato un volo acrobatico con civette, pipistrelli e barbagianni!”
“La notte è fredda, buia e silenziosa! Non mi piace la notte! Io, col buio, amo dormire e sognare il MIO SOGNO preferito!”
“Qual è il tuo sogno preferito?” le chiedevano tutti gli animali del vicinato, curiosi più che mai.
“Non ve lo dirò mai! Altrimenti non sarebbe più il MIO sogno preferito!” E Timorina rideva serena e non si curava affatto di ciò che dicevano di lei tutti gli altri.
Le piaceva anche il suo nome: aveva un suono così dolce!
Trascorreva le sue giornate a zonzo per il bosco. Si accovacciava nel muschio morbido e catturava i tiepidi raggi del sole, trotterellava dietro a qualche insetto dispettoso, rincorreva le farfalle e soprattutto amava avvicinarsi alla grande casa del fattore. Certe volte usciva da quelle finestre un suono strano che le piaceva tanto e le sembrava di conoscere. Quel giorno Timorina raggiunse il recinto di legno, lo oltrepassò e sentendo in lontananza quel magico suono non poté resistere: arrivò sino alla porta di casa… All’improvviso una voce severa gridò: “Susy, metti via quel violino e vieni a cena!”
Timorina si spaventò. Sentì le sue zampe diventare molli come due budini e senza pensarci s’infilò nel pollaio.
Le galline erano accovacciate sui loro trespoli e dormivano tranquille. La volpe timida e intimorita le guardò, senza più muoversi. “Forse stanno sognando il loro sogno preferito!” pensò sorridendo, con un sorriso da volpe. Avrebbe dovuto aggredirle, spaventarle, rincorrerle, catturarle. Non lo fece. Sgattaiolò fuori e cercò un altro nascondiglio.Non aveva voglia di tornare alla sua tana, chissà, forse quella Susy avrebbe potuto suonare ancora quel coso… quel volpino… quel violino! “Chissà che cos’è un violino?” si domandava Timorina, mentre si infilava nella porta della cantina: “Forse è un oggetto magico che serve per incantare le volpi!”
Nella cantina c’era molto buio, ma in un angolo Timorina vide qualcosa che luccicava. “Uauh! Ma qui c’è dell’oro!” disse, e subito si avvicinò a quello strano oggetto. Era un vecchio trombone d’ottone. E buttati accanto a lui c’era un tamburo, un violino, un flauto ed anche una piccola arpa. “Ma io queste cose le ho già viste! Erano tutte dentro al mio sogno! Forse il mio sogno arriva da questa cantina!” esclamò Timorina al colmo della gioia. “Prenderò questo. So che nel mio sogno ci soffiavo dentro e usciva un vento buono con suoni che attiravano tutti gli animali del bosco. Voglio imparare ad usarlo.”
Non disse niente a nessuno e tornò a casa. La mattina dopo tutti si suoi fratelli tentarono di prenderla in giro, ma Timorina sembrava più contenta del solito, non rispose e si inoltrò misteriosamente nel fitto del bosco.
Da quel giorno si esercitò per ore e ore con il suo piccolo flauto. Dall’alba al tramonto suonava, suonava, suonava e di notte continuava ad esercitarsi nel sonno, dentro al suo sogno, fintanto che divenne davvero bravissima.
Un bel giorno, mentre suonava tutta sola nella sua radura segreta, un bellissimo uccello le si avvicinò e le disse: “Mi piacerebbe restare e cantare per te, ma ho tanta paura che la tua bella musica sia un trucco. Io le conosco bene le volpi: voi sapete pensarle tutte per guadagnarvi un buon boccone!”
“Il mio non è un trucco, è un SOGNO! Tu sai cosa sono i sogni?” rispose Timorina.
“Credo di sì ” -rispose dolcemente quel maestoso uccello bianco- “io sogno spesso di tuffarmi dentro a un arcobaleno e uscirne tutto pieno di colori.”
“Sì, i sogni sono fatti così… sembrano sempre cose impossibili e invece… bene! Possiamo essere amici! Prova a cantare seguendo le mie note.”
E la volpe e l’uccello cominciarono il loro concerto.
Poco dopo sbucò un tasso: Vorrei suonare con voi! Ho portato con me questo tronco, potrebbe diventare un buon tamburo!” E si unì a loro.
Arrivarono poi dallo stagno tre vivaci ranocchie che con la loro vocina argentina chiesero: “Vorremmo tanto fare il coro! E’ sempre stato il nostro sogno!”
“Allora siete dei nostri” rise Timorina “le porte sono sempre aperte per i sognatori!”
Arrivarono il cervo, la puzzola, l’usignolo, la marmotta, due lepri e persino Zio Gufo che voleva controllare quella strana compagnia. Si era sparsa la voce della Volpe Musicista e della sua orchestra e molti animali volevano partecipare alla grande novità.
Accorsero anche dieci galline dalla grande casa, tutte vaporose e orgogliose di diventare musiciste e perdipiù insieme ad una giovane volpe.
Quando furono al completo, gli animali, guidati da Timorina si avviarono verso la grande fattoria… …C’era qualcosa da recuperare e molto lavoro da fare nel fitto del bosco.
Costruire strumenti musicali non era difficile e il bosco e la vecchia cantina offrivano tutto ciò di cui avevano bisogno.
Passarono molti giorni ancora e i fratelli di Timorina volevano sapere a tutti i costi quale fosse il suo sogno e dove scomparisse la sorella per così tanto tempo.
Loro sapevano sognare soltanto distese infinite di galline! “Chissà cosa ci sarà rinchiuso nella testa di quella sciocca?” si domandavano a vicenda. ” Puah! Un sogno! I sogni hanno tutti due zampe, un becco e piume bianche e morbide che mi vanno sempre di traverso!” bofonchiò il più vecchio.
Un giorno, allora, decisero di seguirla.
Il sentiero era lungo, pieno di felci e di rovi e portava dritto dritto dentro al
Sogno di Timorina!
Una grande orchestra era schierata nel bosco.
“Oh, ma quella che dirige l’orchestra è Timorina!” esclamò una delle volpi.
Nella Radura della Musica c’era grande festa. La giovane volpe, lenta come una tartaruga, che aveva paura del buio, che non amava le cene a base di galline, aveva avuto il coraggio di realizzare il suo progetto. Quello che aveva sognato e che aveva ritrovato nel buio magico di una cantina.
L’orchestra era perfetta, non sbagliava una nota. Le galline erano elegantissime e beccavano delicatamente le corde dell’arpa!
I volpacchiotti però, vedevano davanti a loro soltanto un buon pranzo e stavano per piombare su quella tavola imbandita. “Sei stata più furba di tutti noi, Timorina. Grazie per questo buon banchetto che ci hai preparato! Nessuno di noi ha mai pensato a un trucco del genere!”
E mentre i fratelli stavano per piombare nel bel mezzo dell’orchestra, Timorina si parò di fronte a loro, con la sua bacchetta da direttore ben alzata a mo’ di sciabola affilata: “Questo, cari fratelli, non è un trucco, è un SOGNO! E ai sogni occorre avvicinarsi in punta di piedi, con molta pazienza. Sedetevi e ascoltate!
Nella nostra Radura della Musica non ci sono né trucchi, né nemici. La musica è magica, ci avvolge tutti e ci fa stare bene. Qui, dentro al mio sogno, questo è l’unico vero trucco!”
I fratelli stupiti e umiliati, abbassarono le orecchie e mesti mesti, si accovacciarono sull’erba. Rispettarono i patti e da quel giorno in poi, il bosco non fu davvero mai più lo stesso.