L’acciarino

Hans Christian Andersen

acciarino

C’era una volta un valoroso soldato di nome Tore che, con zaino in spalla e spada al cinto, tornava dalla guerra. Passando in mezzo a una foresta incontrò la strega Romilda, una strega vecchia e ripugnante che lo fermò e gli disse: “Bel soldato, ti piacerebbe guadagnare un sacco di monete?” E il soldato Tore rispose: “Monete?! Farei qualunque cosa per un po’ di denaro…” “Bene!” riprese la strega Romilda “Vedrai che non sarà difficile!

Devi calarti nel tronco vuoto di quell’albero finché ti troverai davanti a tre porte. Dietro la prima porta, ci sta un grosso cane con occhi grossi come tazzine da tè a guardia di un grosso forziere pieno di monete di rame. Dietro la seconda porta un tesoro di monete d’argento sarà difeso da un cane con occhi grossi come macine del mulino. Infine, se aprirai la terza porta, troverai un altro cane con gli occhi grossi come la base di un torrione, vicino a un tesoro di monete d’oro. Se però poserai davanti ai cani questo mio grembiule, loro vi si accucceranno sopra senza farti male e tu potrai prendere tutte le monete che vuoi. Cosa ne dici?”.

Tore chiese sospettoso: “Ma tu cosa vuoi in cambio?”. Romilda disse: “Voglio solo che mi riporti un vecchio acciarino che la mia nonna ha dimenticato l’ultima volta che è stata laggiù!”. Tore si legò allora una corda alla vita e, senza abbandonare la spada, si calò nell’apertura. Con sua grande meraviglia trovò le tre porte e i tre cani, proprio come aveva predetto la strega Romilda.

Poco dopo era di ritorno con le tasche piene di monete, ma prima di consegnare l’acciarino chiese alla strega: “A che cosa ti serve?” Romilda urlando gli si avventò addosso: “Dammelo subito! Dammelo, altrimenti….” Tore, nel vedersi assalito dalla megera esclamò: “Ah! E’ così che mi ringrazi? Adesso ti farò vedere io!” E, sguainata la spada, tagliò la testa alla vecchia strega. Poi fischiettando, fischiettando proseguì allegro il cammino finché arrivò in città: “Finalmente potrò mangiare e bere a volontà!” si disse, spalancando la porta di una bella locanda.

A Tore sembrava di essere diventato un principe, per l’improvvisa ricchezza. Si comprò stivali e uniforme nuova e cominciò a spendere il suo denaro con pranzi, balli, passeggiate in carrozza, teatri e soprattutto grandi bevute. Com’era inevitabile, col passare dei giorni il denaro finì e con lui sparirono, il buonumore, l’allegria e Tore finì per dormire in una vecchia soffitta.

Una sera molto, molto, scura, non avendo i soldi per comprarsi una candela, si ricordò di un moccoletto attaccato all’acciarino della strega Romilda. Lo sfregò e allo sprizzo della prima scintilla di colpo gli comparve davanti il cane con gli occhi grandi come tazzine da tè. “Cosa comandi, mio signore!” disse la bestia. Tore, sbalordito, balbettò: “Portami tanti soldi!” E un-due-tre il grosso cane era di ritorno, serrando fra i denti un sacco di monete. Tore buttò all’aria il cappello gridando: “Evviva! Sono ricco!”

Poi continuò a sfregare l’acciarino e ogni volta il cane tornava con altre monete. Quando poi l’acciarino fu sfregato due volte di seguito, arrivò il cane con gli occhi come macine di mulino, carico di monete d’argento, mentre quello che portava monete d’oro comparve strofinando tre volte. Di nuovo ricco, Tore ricominciò a fare una vita da gran signore.

E una sera, tornato in albergo dopo una delle sue tante feste dove aveva sentito parlare tanto bene della principessa Pauline, sfregò l’acciarino formulando un nuovo desiderio: “Vorrei vedere la Principessa Pauline, anche solo per un momento!”. Aveva appena pronunciato queste parole che il cane tornò con la bellissima fanciulla addormentata. Tore non poté fare a meno di baciarla e la mattina dopo la ragazza raccontò ai genitori di aver sognato quanto invece era realmente accaduto.

La madre, insospettita, corse subito ai ripari e chiese a una dama di corte di vegliare notte e giorno sulla giovane. Allora la notte seguente la dama della Regina si procurò un sacchetto di semola con cui riempì l’orlo della gonna della Principessa Pauline e la polvere che cadeva da un buco rivelò dove veniva portata la principessa e all’alba Tore, scoperto, fu subito arrestato e condannato all’impiccagione!

Il giorno fissato arrivò e una gran folla si era radunata intorno al patibolo, ma quando stavano per mettergli la corda intorno al collo Tore chiese di esprimere l’ultimo desiderio: avrebbe voluto poter fumare per l’ultima volta la sua pipa e il Re non potè negarglielo. Tore per accendere la pipa sfregò più volte l’acciarino. I tre cani comparvero per incanto e comandò che non voleva essere impiccato così le tre belve si gettarono sulle guardie, sul Re e la Regina.

Il popolo allora concesse a Tore di diventare Re e di sposare la Principessa Pauline che acconsentì molto volentieri. Ci fu una grande festa che durò 8 giorni e che ebbe come invitati speciali anche i tre cani che banchettarono insieme al Re Tore e alla Regina Pauline. E vissero felici e contenti!

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