L’estate di San Martino
Mimmo Mollica
Era una cupa notte d’inverno,
quarta stagione del Padreterno,
non si sentiva più il merlo cantare
e fuori continuava a nevicare.
Sotto un cielo glaciale e il tempo amaro
un poverello senza alcun riparo
tremava per il freddo e per il vento,
intirizzito ma senza un lamento.
Quando a cavallo passò di là un soldato,
solo di spada e di mantello armato,
era Martino e visto il mendicante
stremato per il freddo, assai tremante,
divise in due il mantello con la spada,
cessò la pioggia che divenne rugiada.
Come d’incanto, non ci son parole,
era di notte ma sorgeva il sole,
la natura si fece assai benigna,
baciò la terra e rischiarò la vigna.
Eran tornate le belle giornate
e il tempo mite e caldo dell’estate,
i prati si coprirono di fiori,
sembrò la scena di un film a colori.
Quella notte a «Martino dal buon cuore»
come in un sogno gli apparve il Signore
con le sembianze di quel poverello
a cui Martino donò mezzo mantello.
Disse il Signore: “Ero infreddolito,
senza indumenti e tu mi hai vestito”.
Cristo parlava agli uomini dicendo:
“Risollevare colui che sta cadendo
su questa Terra vuol dire carità,
benedetto colui che ne farà”.
Martino si svegliò e per mistero
il suo mantello era tornato intero,
sembrava festa in tutta la città,
era la «festa della carità».
Sembrava ferragosto e il contadino
brindava con gli amici col buon vino,
e caldarroste, noci e fichi secchi,
e ancora miele e dolciumi, parecchi,
pasta reale, frolle e confettini,
doni da rallegrare i tuoi bambini,
felici con in mano una lanterna,
fonte di luce e di unità fraterna.
Ma il simbolo più vero oltre al mantello
per san Martino è il «vino novello»,
perché, l’avrai sentito da bambino,
«a San Martino ogni mosto è vino».
E sembra estate, «estate del Signore»
invece è inverno, però un «inverno in fiore».
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