Il librone degli incantesimi
Ludwig Bechstein
C’era una volta il mago Sapiente che era molto abile nel fare gli incantesimi. Abitava in una capanna in mezzo al bosco ed era molto infelice perché non sapeva a chi lasciare l’arte della sua magia. Un giorno vide due fratellini che giocavano in un prato: Silvia e Stefano. “Ecco i bambini che fanno al caso mio! Li prenderò e insegnerò loro l’arte della stregoneria”, pensò subito il mago. Li catturò e li portò nella sua capanna: i piccoli, spaventati, avrebbero voluto fuggire, ma il mago li sorvegliava molto attentamente e non si allontanava quasi mai da casa; soltanto qualche volta si divertiva ad andare a pescare. Un giorno che Sapiente era andato al fiume a pescare, Silvia scoppiò a piangere: “Il mago se ne è andato a pescare; fuggiamo prima che torni!” Ma Stefano, che era più saggio, le rispose: “Non hai sentito che terribili minacce ci ha fatto l’altro giorno prima di uscire? No! Aspettiamo un po’: per ora non possiamo proprio far nulla!”.
Passò qualche giorno e Sapiente andò di nuovo a pescare e i bambini rimasero soli nella capanna. A un tratto il fratellino guardò in alto e vide sullo scaffale un grosso librone nero. “È certo il Librone degli incantesimi”, disse Stefano. E, appena lo ebbe preso in mano, continuò: “Ci sono scritti tutti gli incantesimi che servono al mago per le sue stregonerie. Ho deciso”, disse a Silvia, “ogni volta che il mago andrà a pescare, io mi metterò in un angolo e cercherò di imparare qualche formula magica. Così, quando ne avrò imparate molte, forse troveremo il modo di scappare”. Stefano per una settimana intera studiò il Librone degli incantesimi e, poiché aveva buona memoria, imparò molti segreti della magia.
Al mattino del settimo giorno, quando il mago se ne andò a pescare, Stefano disse: “È arrivato il momento giusto!” E i due bambini uscirono dalla capanna e scapparono lungo il sentiero del bosco. Arrivò la sera e Sapiente tornò a casa tutto infreddolito; appena entrato nella capanna, si guardò attorno, ma non vide i bambini. Scrutò in tutti gli angoli, cercò sotto la tavola e sotto il letto, ma erano proprio spariti! “Me la pagheranno cara!”, urlò, “venga a me la mazza magica!”. Subito la mazza magica gli saltò fra le mani e gli indicò la direzione che i bambini avevano preso. Quando Stefano si accorse che il mago li seguiva, iniziò a recitare “Libro, Librone, per il sangue del drago, per la barba del mago, trasformami all’istante in un bel lago”. Immediatamente Stefano fu trasformato in un lago azzurro, e Silvia in un pesciolino che guizzava allegramente nell’acqua.
Giunto sulla riva del lago, il mago lo guardò con sospetto. E in tutta fretta ritornò a casa per provvedersi di canne e reti e pescare così il pesciolino. Non appena si fu allontanato, i bambini ripresero le loro sembianze. Cercarono un cespuglio folto, vi si nascosero sotto e dormirono fino all’alba. Al mattino ripresero il viaggio camminando per tutta la giornata. Intanto Sapiente, munito di reti e di lenze, era giunto nel posto dove aveva veduto il lago, ma, con sua grande sorpresa, non lo trovò più. C’era soltanto un prato acquitrinoso dove saltellavano numerosi ranocchi. Tutto infuriato, gettò via reti e canne, poi, interrogata la mazza magica e avuta da lei la direzione, riprese l’inseguimento.
Verso sera i ragazzi udirono il rimbombo dei suoi passi.
“Siamo perduti!”, singhiozzò Silvia terrorizzata voltandosi indietro.
Ma Stefano la rincuorò di nuovo: “Non piangere. Conosco un’altra formula magica e spero che funzioni anche questa volta”. Tracciò un segno nell’aria e disse: “Libro, Librone, per il nido che sta sulla grondaia, mi piacerebbe diventare un’aia tutta piena di grano. E lo stregone, tienilo lontano!”.
Subito divenne una grande aia su cui troneggiava un grosso mucchio di grano e Silvia divenne un piccolo chicco mescolato a tutti gli altri. Quando lo stregone arrivò, urlò di rabbia. Pronunciò alcune parole magiche, e subito si trasformò in un gallo nero, che veniva avanti di gran corsa protendendo il becco in cerca del chicco di frumento. Grazie ai suoi poteri magici l’aveva già avvistato e stava per beccarselo, quando Stefano pronunciò mentalmente l’ultima formula magica di cui si ricordava: “Gallo nero, gallo nero, non avere troppa fretta! Lo sai già quel che ti aspetta, con la volta e il levriero!”.
Subito a un’estremità dell’aia apparve un grosso levriero che, mettendo in mostra due file di denti aguzzi, incominciò a correre verso il gallo. Non appena lo vide, il gallo, tutto spaventato, si diede alla fuga nella direzione opposta, ma dall’altra parte ecco apparire una volpe dal pelo rosso che, con gli occhi infiammati e la bocca aperta, si avventò su di lui, leccandosi poi le labbra con molto gusto.
Stefano e Silvia ripresero il loro aspetto consueto e si incamminarono verso casa, questa volta allegramente, perché non avevano da temere più nulla.
Da quel giorno vissero felici e contenti insieme ai genitori.
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